2025-09-10
L’Eliseo persevera: Lecornu premier. Scelto un fedelissimo del presidente
Sébastien Lecornu (Getty)
Ieri le dimissioni di François Bayrou sfiduciato dall’Aula, il successore arriva a stretto giro: si tratta del ministro uscente delle Forze armate ed esponente del partito macronista, ala gollista. Nessun cambio di passo in vista, dunque.Meno di ventiquattro ore dopo la crisi del governo di François Bayrou, il presidente francese Emmanuel Macron ha nominato come nuovo primo ministro Sébastien Lecornu che, fino a ieri, occupava il posto di ministro della Difesa. Il neo premier ha 39 anni ed è un enfant prodige della politica venuto dalla destra moderata de Les Républicains (Lr) e, soprattutto, un fedelissimo della prima ora di Macron. In effetti Lecornu ha fatto parte di tutti e sette i governi che si sono succeduti alla guida della Francia nei due mandati di Macron. Nel 2017, ha ricoperto l’incarico di sottosegretario al ministero della Transizione ecologica. In seguito ha ricoperto vari ruoli ministeriali fino ad arrivare alla Difesa appunto.La nomina del nuovo premier è stata annunciata dall’Eliseo con un comunicato poco dopo le 20. L’annuncio ha fornito anche un’indicazione sulla missione del neo premier: «Consultare» le «forze politiche rappresentate in parlamento [...] in previsione dell’adozione del bilancio per la nazione e costruire gli accordi indispensabili alle decisioni dei prossimi mesi». Numerose le reazioni dal mondo politico. La prima a commentare, su X, la nomina è stata Marine Le Pen, leader del Rassemblement national (Rn). Secondo lei «il presidente ha sparato l’ultima cartuccia del macronismo» mentre è «bunkerizzato con la sua piccola cerchia di fedeli». Le Pen ha concluso dicendo che «dopo le ineluttabili future elezioni legislative, il primo ministro si chiamerà Jordan Bardella». Sullo stesso social anche Jean-Luc Mélenchon, capo del partito di estrema sinistra de La France Insoumise (Lfi) ha scritto che «solo la partenza di Macron» dall’Eliseo «può concludere questa triste commedia in sprezzo del parlamento, degli elettori e della decenza politica». Bruno Retailleau, presidente Lr e ministro dell’Interno uscente, ha apprezzato il fatto che Lecornu «non è socialista» e l’ha invitato a «raggiungere degli accordi».Prima che si conoscesse il nome del successore di Bayrou, la giornata era trascorsa come se la classe politica fosse rimasta suonata da questa nuova crisi di governo. Inoltre Macron è apparso ancora più indebolito, in quanto riconosciuto da un numero crescente di francesi come l’unico responsabile della situazione. Questo perché tutto è iniziato con lo scioglimento dell’assemblea nazionale la sera del 9 giugno 2024, poche ore dopo la sconfitta del partito macronista alle elezioni europee. Durante tutta la giornata di ieri, i media si sono occupati del totonomi per il futuro premier. Tra questi c’erano quelli del presidente della regione Hauts-de-France, Xavier Bertrand, dell’attuale presidente dell’Assemblea nazionale, Yaël Braun-Pivet. Quest’ultima si era detta pronta a guidare un governo ma, aveva precisato, alla radio Rtl «non sono assolutamente candidata». In lizza erano finiti anche il ministro della Salute, Catherine Vautrin, e il titolare della Giustizia, Gérald Darmanin. Nel frattempo, dai partiti, arrivavano colpi d’avvertimento. Bruno Retailleau, ha detto che la Francia «ha bisogno di un premier molto rapidamente», soprattutto in vista della giornata di proteste che si svolgerà oggi nella quale si temono «rivolte». Retailleau ha anche ripetuto anche di considerare «inconcepibile che il presidente della Repubblica nomini un primo ministro socialista». Intanto, all’Assemblea nazionale c’era chi teneva la calcolatrice in mano. Se ci fosse stato governo a guida socialista, gli sarebbero bastati i voti dei deputati Lfi, quelli dei 17 deputati comunisti,i 38 ecologisti, i 91 macronisti e ovviamente i 66 socialisti. A questi avrebbero dovuto unirsi 4 o 5 onorevoli con simpatie a sinistra, magari pescando nel Modem, il partito di Bayrou, o tra il misto-autonomie Liot. Un tale governo avrebbe potuto contare anche sull’appoggio del capogruppo Lr, Laurent Wauquiez e di alcuni suoi compagni di partito. Questo scenario è completamente stato ribaltato con l’annuncio del nome di Lecornu, tuttavia, c’è chi dice che egli potrebbe anche perdere qualche voto a sinistra ma raggranellarne qualcuno in più a destra.In ogni caso, dopo la nomina del nuovo premier, bisognerà vedere se riuscirà effettivamente formare un governo e attendere la reazione dei mercati che, magari, potrebbero anche fare ipotesi sulla tenuta di Macron. A questo proposito, ieri 86 deputati di Lfi e comunisti hanno presentato ufficialmente una mozione per destituire il presidente della Repubblica. I firmatari accusano il capo dello Stato di «violare più titoli della Costituzione» francese, di «agire come un autocrate» e di «minacciare la Repubblica». La destituzione resta comunque un’ipotesi quasi astratta, visti i numerosi paletti previsti dalla Costituzione di Parigi. In ogni caso, destituzione o no, l’opinione pubblica nazionale ed estera è sempre più critica nei confronti di Macron. Già alla vigilia della bocciatura della fiducia a Bayrou, secondo un sondaggio Toluna Harris Interactive pour Challenges, il 49% dei francesi era a favore delle dimissioni del presidente. Inoltre, in caso di elezioni anticipate, al primo turno, l’Rn otterrebbe il 33% delle preferenze; Lfi, il 19% (se corresse da sola) o il 26% in caso di alleanza con socialisti, verdi e comunisti. I macronisti non andrebbero oltre il 15-16%. Ieri un nuovo sondaggio Elabe per Bfm Tv ha rivelato che il 64% dei francesi vorrebbe le dimissioni di Macron. Persino Le Monde, di certo non una testata antimacronista, ha parlato di un presidente francese «indebolito sulla scena internazionale dopo la caduta del governo Bayrou» e «vulnerabile dopo uno scioglimento e due governi falliti».