2025-09-10
Ursula al bivio: smentirsi o cadere Il 60% degli europei la sfiducia già
Ursula von der Leyen (Ansa)
Oggi il presidente della Commissione presenta al Parlamento il programma del prossimo anno. Il Ppe le chiede passi indietro sul Green deal, ma se lo fa rischia di perdere il sostegno dei socialisti.È fissato per le 9 del mattino di oggi l’atteso discorso sullo Stato dell’Unione di Ursula von der Leyen. Dovrebbe essere pura routine normalmente, non lo è per la baronessa, non questa volta. Tutto il Parlamento l’aspetta al varco, in questo secondo mandato la sua linea è apparsa fin troppo vaga. Si è mostrata incerta su troppi temi, contraddicendosi più volte. I malumori all’interno della maggioranza sono molti e persino messi nero su bianco. Pronte due lettere formali di richiesta di chiarimenti che arrivano dai socialisti e dai liberali, mentre sarebbero già scritte anche due mozioni di sfiducia, una della sinistra radicale e una dei patrioti. Entrambi i gruppi vogliono un segnale di discontinuità, ma, naturalmente in direzioni opposte. Infine, i verdi pretendono che si attivi il meccanismo di difesa commerciale contro gli Stati Uniti. Insomma non è chiaro quale sia la linea di Von der Leyen. Gli unici a supportarla sarebbero i suoi, ovvero i parlamentari del Ppe, eppure anche lì ci sono dei mal di pancia in corso. Non è passato inosservato il commento del cancelliere tedesco Friedrich Merz, membro del suo stesso partito, che ha ribadito, dopo che lo aveva già fatto l’altro collega Cdu Manfred Weber, come ci voglia più flessibilità per il settore delle auto. Merz ha anche mal gradito l’intervista rilasciata da Von der Leyen al Financial Times. Il cancelliere ha smentito l’ipotesi dell’invio di truppe in Ucraina annunciata dal presidente della Commissione chiarendo: «L’Unione europea non ha le competenze». Sulle guerre Bruxelles ha dimostrato di non influire in alcun modo sui negoziati di pace, lasciando di conseguenza campo libero a iniziative che hanno portato più tensione che altro, come quella dei volenterosi voluta dal presidente francese Emmanuel Macron che probabilmente mira a prendergli la poltrona nel 2027. Su Gaza la linea imposta è quella della prudenza, ma poi ci sono le dichiarazioni di Teresa Ribera che parlano di «genocidio». Parole poi smentite dalla Commissione che ha chiarito: «Spetta ai tribunali internazionali definire esattamente ciò che sta accadendo nell’enclave palestinese». Sul tema domani per la prima volta si esprimerà il Parlamento Ue, chiamato a votare una mozione sulla situazione umanitaria in cui versa Gaza.Il discorso sullo Stato dell’Unione dovrebbe chiarire qual è la sua linea e soprattutto chiarire se esista. In molti hanno criticato questa Europa considerata a rischio irrilevanza da molti. Mario Draghi (ex Bce) lo ha fatto qualche giorno fa, così come lo ha fatto Jean Claude Trichet, anche lui ex presidente della banca centrale e infine lo ha detto persino Romano Prodi che ha ricoperto il suo stesso incarico, e contribuendo a formare l’Europa che oggi abbiamo davanti. Per Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, «quest’anno non si tratterà solo di fare il punto della situazione, non sarà una lunga lista di Natale, ma si tratterà di comprendere che il mondo è diventato un luogo più difficile. I nostri cittadini vogliono regole più semplici, vogliono un tetto sopra la testa, vogliono sicurezza e vogliono onestà. Questo è ciò che chiedono. Ed è questo quello che ci aspettiamo da domani: che si parli dell’accordo tariffario e commerciale con gli Stati Uniti, del Mercosur, di come procedere finalmente su iniziative legislative bloccate da oltre un decennio, come quella sui rimpatri; o ancora di lavorare su proposte che abbiamo chiesto e che sono finalmente presenti in quest’aula, come la lista dei Paesi di origine sicuri. Che si parli di come procedere sul pacchetto di semplificazione, sulla Csrd e sulla Cssd. E inoltre, e credo che non lo diciamo abbastanza, dando l’impressione di voler rinunciare, che si avanzi sulle nostre ambizioni climatiche. E ovviamente l’Ucraina e il Medio Oriente: ci aspettiamo che siano una parte importante del discorso di domani, e c’è grande attesa per ciò che verrà detto». Metsola tocca tutti i punti più nevralgici, ma le vere spine nel fianco per Von der Leyen saranno l’immigrazione ma soprattutto le politiche green. La semplificazione chiesta dalle imprese e annunciata all’inizio del suo secondo mandato si è tradotta nella revisione di alcune leggi che erano state emanate dalla vecchia Commissione, quindi da lei stessa, a tutela dell’ambiente e del clima. In sostanza ha rinnegato sé stessa senza neanche discuterne con la sua maggioranza. I verdi e i socialisti spagnoli è su questo che chiedono discontinuità. Anche all’interno del Pd c’è chi potrebbe andargli dietro. Come Camilla Laureti che ha detto: «Von der Leyen non è più punto di equilibro tra Parlamento e Consiglio, lei si adegua alle decisioni del Consiglio». È un dato di fatto il Consiglio sul tema del Green deal le va contro. D’altro canto, Ecr che formalmente non la sostiene ma lo ha fatto in alcune occasioni, ora chiede a Von der Leyen di «togliere i dazi autoinflitti, come il Green deal, che provoca grandi danni alla nostra competitività. Bisogna tagliare gli eccessi e rinviare quello che non funziona. È il momento giusto per farlo». Così Nicola Procaccini, copresidente del gruppo dei conservatori al Parlamento europeo.La pressione è molta e potrebbe pesare anche l’opinione pubblica del continente, sempre più critica. Secondo un sondaggio condotto dalla rivista francese Le Grand Continent con l’istituto demoscopico Cluster 17, il 60% dei cittadini della Ue è favorevole alle dimissioni della Von der Leyen. In Germania si arriva al 54%, in Italia al 60%, in Francia addirittura al 70%.
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