2025-09-10
Roberto Vavassori: «Ultima chiamata all’Ue sull’auto. Siamo pronti a scendere in piazza»
Roberto Vavassori (Imagoeconomica)
Il presidente dell’Anfia (fornitori): «Dal vertice di venerdì ci aspettiamo risposte sui tempi del Green deal da allungare e difesa del made in Europe. Byd è un pericolo? Abbiamo incontrato 170 volte i funzionari asiatici».«Il vertice di venerdì prossimo a Bruxelles sarà un’ultima chiamata per la Commissione Ue. Le case automobilistiche e i fornitori metteranno la presidente Ursula von der Leyen di fronte a un bivio: prendere o lasciare. Il settore non si accontenterà più di generiche dichiarazioni come è stato all’incontro di marzo scorso. Siamo pronti a scendere in piazza a Bruxelles, con una manifestazione che coinvolgerà tutti gli attori dell’automotive». Il presidente dell’Anfia (filiera dell’auto), Roberto Vavassori, va dritto al punto. Senza tanti giri di parole sciorina le richieste che la filiera automotive metterà sul tavolo all’incontro con la Commissione: flessibilità nelle scadenze della transizione ecologica 2030-2035, neutralità tecnologica e fondi per incentivare gli acquisti di veicoli Made in Europe.Sarà un ultimatum?«Da Ursula von der Leyen, il comparto vuole la concretezza di rivedere le norme sulla decarbonizzazione nel segno delle flessibilità rispetto agli obiettivi che ci siamo dati al 2035, con contenuti e date. Non siamo contro l’elettrico, non disconosciamo l’obiettivo di decarbonizzare il settore, ma servono tempi diversi. E soprattutto chiediamo di contrastare la concorrenza, a cominciare da quella cinese ad armi pari. Questo significa incentivi all’acquisto di veicoli elettrici e ibridi che siano Made in Europe. I prodotti locali vanno premiati. È il momento di far riguadagnare centralità e competitività all’automotive europeo. I nostri prodotti vanno premiati. Come negli Stati Uniti dove se un veicolo non ha almeno il 75% di contenuto del Nord America è soggetto a tariffe».Volete quindi arrivare a colpire con tariffe sul modello americano, l’auto extra Ue?«Non è questo ciò che chiediamo ma vogliamo che il local content venga premiato rispetto alle importazioni. Un veicolo assemblato in Europa con componenti soprattutto europei deve avere una valorizzazione. Questo deve tener conto dell’accordo raggiunto di recente con gli Stati Uniti che dà il via libera ai veicoli assemblati negli States e quindi non si può usare nei rapporti Ue-Usa».Quindi non volete rinunciare alla decarbonizzazione?«No ma invece di guardare al 2035 consideriamo che il parco circolante ha un’età media di oltre 12 anni. Abbiamo un stock di circa 800 milioni di tonnellate di CO2 l’anno che potremmo aggredire con un piano europeo di aiuto allo svecchiamento dei veicoli tramite sussidi. In questo modo si potrebbero recuperare quei 3 milioni di veicoli che mancano di produzione e vendite rispetto al pre Covid. Un piano che premia solo i veicoli europei. Le case automobilistiche avrebbero così i fondi necessari per continuare a fare ricerca e darsi l’obiettivo del 2035 di studiare prodotti e tecnologie alternative rispetto a quelle cinesi».Lei è convinto che con gli incentivi si riuscirà ad abbattere la concorrenza cinese?«Ne sono convinto. Noi vogliamo continuare ad essere in competizione ma con una perequazione con i sussidi che le case cinesi hanno avuto dallo Stato. Se una casa cinese vuole conquistare l’Europa, venga qui a produrre, così come hanno fatto i giapponesi a suo tempo. Il più grande stabilimento francese di auto è Toyota. Questo per dire che ci sono altri sistemi più efficaci per mantenere la competizione».La Byd dice che l’Italia è nella short list per la seconda fabbrica europea.«L’Anfia ha realizzato mesi fa 170 confronti tra funzionari cinesi e i nostri fornitori. Ora stiamo lavorando per trasformare quei contatti in contratti. È fondamentale però avere costi di energia competitivi e aprire a sistemi di ibridizzazione magari alimentati con carburanti di natura non fossile. L’incontro di venerdì a Bruxelles, in cui verranno elencati questi punti, è un prendere o lasciare. Non abbiamo tempo per dichiarazioni vuote come lo scorso marzo».E se venerdì dovesse ripresentarsi il copione di sempre?«Se non ci saranno risultati concreti andremo oltre. Così rischiamo di perdere 13 milioni di lavoratori».Che significa andremo oltre?«Significa, come sento dai colleghi, spagnoli, francesi, tedeschi e italiani, organizzare una serie di manifestazioni a Bruxelles con decine di migliaia di lavoratori, imprenditori e manager, per reclamare l’attenzione su un settore che vale il 7% del Pil europeo e 400 miliardi di entrate l’anno, come fatto per l’agricoltura». Che ne è stata della gigafactory di Termoli?«Di quante batterie abbiamo bisogno oggi? Poche. Installare oggi una gigafactory a Termoli sarebbe come mettere una serie di caricatori ad alto voltaggio nel deserto. Stellantis per ora si è dotata attraverso di una gigafactory in Spagna ritenuta al momento sufficiente per il fabbisogno. Sono tranquillo che nel momento in cui il mercato lo richiede la gigafactory nel nostro Paese si farà». Quale è stato il risultato dell’incontro con il ministro del Made in Italy Adolfo Urso e l’ad di Stellantis, Antonio Filosa?«Ci siamo proposti di continuare a verificare che le tappe del piano Stellantis vengano conseguite e di fare un tagliando di dove siamo. La nostra catena di fornitura è sotto pressione per mancanza di volumi, perché si stanno rifacendo i modelli, situazione molto critica che va monitorata. Volumi produttivi bassissimi».
Il ministro della Giustizia carlo Nordio (Imagoeconomica)