2019-10-18
Chiusa e sedata in comunità a 17 anni
Giorgia è minorenne, sua madre ha chiesto un aiuto ai servizi sociali per migliorare il loro rapporto difficile. Ma l'hanno ricoverata in un centro terapeutico: «Le hanno dato psicofarmaci anche se non ne ha bisogno».La famiglia riesce a riunire i leader del centrodestra. Prove generali di coalizione all'evento promosso in Umbria dalle associazioni pro vita. Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi sostengono l'impegno della candidata Donatella Tesei.Lo speciale contiene due articoli. Quando vengono a prenderla, in un giorno di maggio, Giorgia ha 17 anni. A casa si presentano in quattordici, tra assistenti sociali, medici e personale delle forze dell'ordine. Le mostrano anche una siringa - dice sua madre - per farle capire l'andazzo: se fai problemi, ti sediamo e ti portiamo via. Da allora Giorgia è chiusa in una comunità terapeutica per minori in provincia di Asti. Non può uscire, non va a scuola, dorme per la gran parte del tempo. Può parlare con la madre solo una volta alla settimana: dieci minuti di telefonata sotto la supervisione di un operatore che ha facoltà di interrompere la comunicazione se la conversazione diventa troppo problematica. È come se questa ragazza fosse stata risucchiata via dalla vita. Se parliamo di lei, oggi, è perché la madre non si è data per vinta, ha bussato alle porte di politici e giornalisti, e ieri - opportunamente protetta dall'anonimato - è intervenuta a Unomattina, il programma di Rai 1 condotto da Roberto Poletti e Valentina Bisti. La storia che questa donna racconta è agghiacciante, e ricalca quelle - numerose - che abbiamo sentito in questi mesi. Tutte dicono la stessa cosa: entrare in una comunità terapeutica è come svanire. A ricostruire la vicenda di Giorgia con La Verità è l'avvocato Bruna Puglisi, che segue la ragazza e la madre. I problemi sono cominciati tre anni fa, quando il rapporto tra mamma e figlia è diventato molto conflittuale. La donna, impegnata in una nuova relazione, era rimasta incinta di due gemelli, e Giorgia proprio non lo digeriva. Così la madre ha deciso di fare ciò che fanno tante famiglie in difficoltà: si è rivolta ai servizi sociali per avere un aiuto. Ha avuto fiducia nelle istituzioni, il cui compito dovrebbe essere quello di proteggere e sostenere le famiglie più fragili. Non è finita bene. La donna sperava che la figlia potesse vedere un esperto che la aiutasse a superare il momento difficile, uno psicologo magari. E in effetti ha visto dei professionisti. «Quando è stata presa in carico dai servizi», spiega l'avvocato Puglisi, «ha visto 2 o 3 volte la psicologa e una volta la psichiatra. Tanto è bastato perché le diagnosticassero un funzionamento psichico a tratti paranoide. I servizi sociali, nelle loro relazioni, hanno scritto che Giorgia era chiusa, isolata. Ma non è affatto vero. Andava a scuola regolarmente, frequentava un corso di nuoto parecchio impegnativo e stava per prendere l'abilitazione come istruttrice. Aveva delle amiche, usciva». Giorgia e la madre hanno cominciato a seguire degli incontri, alla ragazza è stato detto di frequentare un centro diurno, ma lei lì non si trovava bene. Si spaventava quando vedeva gli altri ragazzini presenti, quasi tutti con problemi piuttosto gravi. «Veniva anche una educatrice una volta ogni dieci giorni», racconta l'avvocato. «Ma le faceva fare per lo più attività ludiche, uscivano a passeggiare...». Con il passare del tempo, il conflitto con la madre è andato sciogliendosi. La donna ha perso i due figli che portava in grembo, e la tragedia l'ha riavvicinata alla figlia. Così la loro presenza agli incontri si è diradata, al centro diurno Giorgia non è voluta andare più. E questo cambio d'atteggiamento ha spinto i servizi sociali a intervenire. Hanno chiesto e ottenuto dal Tribunale dei minori il trasferimento in una comunità terapeutica. Trasferimento coattivo, se ce ne fosse stato bisogno. Infine è arrivato quel giorno di maggio: tante persone alla porta, Giorgia che viene circondata e poi portata lontano da casa, in provincia di Asti, nella comunità terapeutica per minori. «Da maggio a luglio», dice l'avvocato Puglisi, «alla ragazza sono stati somministrati psicofarmaci, di quelli utilizzati per curare le schizofrenie. Visto che la ragazza stava male, la madre non ha dato il consenso. Ma hanno continuato a darglieli lo stesso». Benché limitata, la madre di Giorgia è ancora titolare della potestà. E, almeno in teoria, se i genitori non sono d'accordo ai minorenni non dovrebbero essere somministrati farmaci se non in casi di estrema necessità. A Giorgia li hanno dati, e anche per bel po' di tempo. «Ci siamo rivolti alla Corte d'appello», continua l'avvocato, «per chiedere che fosse dimessa. Persino il pm, che in questi casi viene sentito per un parere, ha chiesto una ispezione in comunità. Da quel momento, i responsabili hanno deciso che avrebbero dato farmaci a Giorgia soltanto “al bisogno". La Corte d'appello ha chiesto relazioni ai servizi sociali, e abbiamo dovuto aspettare fino a settembre perché arrivassero». In tutto questo tempo, Giorgia è rimasta rinchiusa. Poi, dopo aver letto le relazioni e aver sentito la madre della ragazza, la Corte ha rigettato il ricorso dell'avvocato. Tutto finito, dunque? Affatto. La comunità terapeutica voleva continuare a somministrare psicofarmaci a Giorgia, così si è rivolta al giudice tutelare di Asti per chiedere l'autorizzazione. Piccolo problema: il giudice ha chiesto una consulenza tecnica. Sono arrivate due perizie: una di parte e una dall'esperto chiamato dal giudice, ed entrambe hanno raccontato sulla ragazza una verità diversa. Il perito scelto dal giudice, ovviamente più moderato, ha spiegato che Giorgia «non manifesta sintomi psicotici, ma ha manifestato gravi disturbi del comportamento reattivi a eventi particolarmente stressanti, che possono essere stati interpretati come sintomi psicotici». Motivo per cui può prendere farmaci solo in caso «di intensi stati di ansia o di gravi disturbi comportamentali». Ma «non appare necessario un impiego continuativo della terapia farmacologica», spiega l'esperto del giudice. Dunque a Giorgia non devono essere somministrati psicofarmaci con continuità, eppure glieli hanno dati per mesi senza il consenso della madre. Non solo. Il perito specifica che «appare necessaria una presa in carico della minore per consentirle di conseguire maggiori competenze cognitive e migliori abilità sociali». Insomma, per stare meglio Giorgia dovrebbe essere attiva, magari andare a scuola, magari uscire. Di certo non restare in un letto per ore e ore ogni giorno. La sua storia è talmente allucinante che Chiara Caucino, assessore regionale del Piemonte alle politiche sociali, ha deciso di verificare personalmente la situazione. Qualche settimana fa si è presentata ai cancelli della comunità terapeutica. «Non mi hanno fatto entrare», spiega. «Non mi hanno neppure aperto il cancelletto. Siamo rimasti fuori per due ore sotto la pioggia». La sua non era una ispezione, ma una visita istituzionale. Va tenuto presente, infatti, che è la Regione a stabilire quali strutture possano essere accreditate come comunità terapeutiche e quali no. Soprattutto, è la Regione che paga le rette. E in questo caso si parla di una marea di soldi. Per Giorgia il Piemonte versa alla comunità 260 euro al giorno. Assieme a lei ci sono altre nove ragazze. In una comunità di quel tipo si dovrebbe restare per 4 mesi, massimo 8 se il tribunale proroga. Ma, a quanto pare, lì ci sono minorenni da 12, 14 mesi e oltre. Ragazzine risucchiate, messe a letto alle 9 di sera dopo che hanno dormito pure il pomeriggio. Non possono uscire. Giorgia ha visto la madre due volte, da maggio a oggi: un'ora ad agosto e una a settembre. Le hanno dato psicofarmaci anche se, secondo i periti, non ne aveva bisogno. Tutto perché sua madre, in un momento difficile, ha chiesto aiuto. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/chiusa-e-sedata-in-comunita-a-17-anni-2641012399.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-famiglia-riesce-a-riunire-i-leader-del-centrodestra" data-post-id="2641012399" data-published-at="1757808173" data-use-pagination="False"> La famiglia riesce a riunire i leader del centrodestra Prove di centrodestra unito. Almeno in Umbria, e almeno su vita, famiglia e libertà educativa. Non bazzecole, comunque. Il primo evento unitario nella campagna elettorale per la Regione Umbria è la firma del manifesto valoriale messo a punto dalle associazioni pro-family. Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi si sono ritrovati sul palco del Centro Congressi Capitini di Perugia per l'evento (seguitissimo) «L'Umbria mette al centro la famiglia», in occasione del quale candidata della coalizione a Presidente della Regione, Donatella Tesei, ha sottoscritto le proposte per la famiglia, facendosi garante dell'esistenza di un accordo chiaro e condiviso, che dovrà essere integrato nel programma di governo. Tutti e tre i leader hanno tenuto una conferenza stampa assieme alla candidata Tesei, e poi sono intervenuti al convegno promosso da Family Day, Associazione Nazionale Famiglie Numerose, Movimento Per la Vita sedi di Terni - Città di Castello - Spoleto, ProVita & Famiglia, Steadfast onlus, CitizenGo e Alleanza Cattolica. Sigle che intendono in questo modo continuare anche sul piano regionale il lavoro di collaborazione con le amministrazioni locali umbre. In particolare, il manifesto rilancia il ruolo della famiglia come motore dello sviluppo economico, umano e sociale del territorio umbro. «Posso dire senza ombra di dubbio che insieme a Giorgia e Silvio condividiamo tutti i principi che state riaffermando oggi. In particolar modo la libertà educativa», ha detto Salvini, aggiungendo: «L'utero in affitto dovrebbe far rivoltare lo stomaco delle donne. In questa terra di santi ribadiamo che il crocefisso non si tocca». Sulle droghe, poi, ha continuato, «ci sono disegni di legge leggi in parlamento vogliono creare lo Stato spacciatore. Dovranno passare sul mio corpo». Salvini ha irriso infine chi ha definito come «divisivo» il Family day: «dovrebbero vedere le facce che ci sono qui questa sera». Il riconoscimento del ruolo delle associazioni pro family e pro life arriva anche da Giorgia Meloni: «Nelle ultime campagne elettorali ci costringete a parlare di famiglia, della sacralità della vita e della nostra identità, è su questi temi la vera cifra dello scontro in atto». Il presidente di Fratelli d'Italia ha ricordato le invettive del pensiero unico contro il Congresso delle famiglie di Verona, perché «per parlare di papà e mamma si viene tacciati di ogni nefandezza», e se non si ha coscienza delle proprie radici non si può chiedere rispetto «per questo anche uno Stato laico deve difendere il crocefisso». «Io sono una donna, una madre e un'italiana», ha detto: «Nessuno potrà mai cancellare la nostra identità». Corde simili sono state toccate con accenti diversi da Berlusconi, che ha parlato di famiglia «come istituzione più importante per una società che possa vivere nel massimo della civiltà». Il leader di Forza Italia ha quindi rimarcato quella che ritiene una differenza inconciliabile con la sinistra: «Noi crediamo che dal diritto alla vita e alla libertà discendano tutti gli altri diritti e che questi sono indipendenti da ogni forma di Stato». Soddisfazione è stata espressa anche da Jacopo Coghe (Pro Vita & Famiglia): «È stato promesso. Con la firma del manifesto per la vita e la famiglia, i nostri valori saranno al centro dell'azione del centrodestra in Umbria. Come co-organizzatori con Salvini, Meloni e Berlusconi abbiamo ottenuto la promessa che il candidato presidente agirà per proteggere quello che è il nucleo fondamentale della società: mamme, papà e figli. Insieme al leader del Family Day, Massimo Gandolfini, ci coordineremo per un'azione efficace delineando priorità, azioni concrete e misure adeguate per realizzare una Regione a misura di famiglie. Abbiamo strappato una promessa: la Regione sosterrà la vita, dal concepimento fino alla morte naturale sia su un piano politico che culturale». Intervenendo sulle polemiche in vista della manifestazione unitaria del centrodestra a Roma, prevista domani, Berlusconi ha confermato la sua presenza a prescindere dalla partecipazione di Casapound: «È a rischio la libertà», ha detto il Cavaliere, «vado ovunque». Di diverso avviso Mara Carfagna.