2018-06-09
Centrodestra unito pronto a demolire le ultime roccaforti del Pd allo sbando
La coalizione, divisa sul governo, si salda per le amministrative. Rischiano i feticci rossi Siena e Pisa. Dem in bilico pure a Brescia.A Fiumicino il candidato leghista si scontrerà con l'ex ministro dc Mario Baccini per battere il marito della «mamma» delle unioni civili. E i grillini saranno decisivi al ballottaggio.Claudio Scajola va da solo nella propria città. Sfida aperta al governatore ligure Giovanni Toti, il quale ha imposto un nome unico a destra. Pure il nipote lo ha mollato.Lo speciale contiene tre articoli.Al voto, al voto! Neanche il tempo di digerire i 90 giorni di crisi politica che hanno portato alla nascita del governo guidato da Giuseppe Conte, ed ecco che quasi 7 milioni di italiani (per la precisione 6.749.654, il 13,9% dell'elettorato nazionale) sono chiamati alle urne per eleggere sindaci e consiglieri di 761 Comuni. Si vota domani, domenica 10 giugno, dalle 7 alle 23; l'eventuale turno di ballottaggio, per i Comuni con più di 15.000 abitanti, 109 in totale, è in programma domenica 24 giugno. L'unico capoluogo di regione chiamato al voto è Ancona. Gli altri 19 capoluoghi di provincia sono Brescia, Sondrio, Treviso, Vicenza, Imperia, Massa, Pisa, Siena, Teramo, Terni, Viterbo, Avellino, Barletta, Brindisi, Catania, Messina, Ragusa, Siracusa, Trapani.Le amministrative di domani sono un test di estrema rilevanza, in particolare alla luce dalla nascita dell'alleanza di governo Lega-M5s. I due partiti, infatti, tornano a fronteggiarsi in moltissimi Comuni, anche se non mancano casi di «desistenza» tra grillini e leghisti, con il M5s che rinuncia a presentare il simbolo in alcune città, favorendo la vittoria della Lega, e con il Carroccio che ricambia il favore in altri Comuni, presentandosi da solo e penalizzando al primo turno i suoi alleati di centrodestra, Forza Italia e Fratelli d'Italia.Altro elemento di grande interesse è il destino del Pd. Ben 15 dei 20 capoluoghi di provincia chiamati alle urne sono attualmente amministrati dal centrosinistra (Terni è commissariata, ma la precedente amministrazione era a guida Pd). Le eccezioni sono Messina (il sindaco uscente, Renato Accorinti, è espressione di una lista civica) e Ragusa (il sindaco uscente è Federico Piccitto, del M5s, che non si ricandida). Vengono da un periodo di commissariamento, dopo essere stati amministrati dal centrodestra, Trapani e Teramo e Brindisi. Per i Dem sono ore di vero e proprio panico: il numero dei Comuni persi sarà il segnale di quanto il declino del Pd sia da considerarsi irreversibile. Tremano anche Forza Italia e Fdi: è prevedibile un ulteriore boom della Lega, con la conseguente contrazione dei due altri partiti del centrodestra. Il caso più eclatante di patto di non belligeranza tra M5s e Lega è Vicenza, che non a caso fa rima con desistenza. Qui, il sindaco uscente, Achille Variati del Pd, dopo aver guidato l'amministrazione comunale per due mandati consecutivi non può ricandidarsi e cede il testimone del centrosinistra a Otello Dalla Rosa. Lo sfidante più accreditato è Francesco Rucco, candidato del centrodestra, ex An, ora vicino a Fratelli d'Italia e alla Lega. I vicentini sulla scheda elettorale non troveranno il M5s: Luigi Di Maio non ha concesso il simbolo al candidato grillino in pectore, Francesco Di Bartolo, e così il candidato sovranista Rucco potrà contare anche sui voti dei pentastellati. Restando in Veneto, la situazione cambia a Treviso. Qui il sindaco uscente è Giovanni Manildo, del Pd, renziano della prima ora, che spera in un vero e proprio miracolo. La sua riconferma è infatti assai improbabile, pur essendosi Manildo «spogliato» del simbolo del Pd assumendo una connotazione civica. Il candidato del centrodestra, Mario Conte, pupillo del governatore Luca Zaia e di Giancarlo Gentilini, ha il vento in poppa. A Treviso il M5s candida a sindaco Domenico Losappio: gli elettori pentastellati sono comunque pronti a sostenere Conte nel caso di un ballottaggio. Vicenza e Treviso, città di banche in crisi, così come Siena, altro Comune sul quale sono puntati i riflettori della politica nazionale. La città del Monte dei Paschi è un fortino di sinistra pronto a essere espugnato. Il sindaco uscente, Bruno Valentini del Pd, si ricandida. Lo sfidante più agguerrito è il candidato civico di centrodestra Luigi De Mossi. A Siena, il M5s non c'è: anche in questo caso Luigi Di Maio ha lasciato a bocca asciutta gli attivisti, non concedendo l'utilizzo del simbolo, e facendo sospettare al Pd una desistenza pentaleghista. Valentini, che teme che i voti grillini si riversino su De Mossi, ha proposto ai militanti cittadini del M5s un «contratto di governo» per tentare di raggranellare qualche consenso. Se il Pd dovesse perdere la guida dell'amministrazione comunale di Siena, le conseguenze sul partito, anche a livello nazionale, sarebbero pesantissime. Idem dicasi per Pisa, altro fortino che se espugnato segnerebbe la fine del blocco delle Regioni rosse. Tra i 103 Comuni della Lombardia chiamati alle urne, grande interesse suscita la partita di Brescia, puntino rosso circondato dalla marea leghista. Qui il sindaco uscente, Emilio Del Bono, del Pd, tenta la riconferma alla Loggia, ma deve guardarsi dall'assalto del centrodestra unito che candida una esponente di Forza Italia, Paola Vilardi, mentre il M5s candida Guido Ghidini. Del Bono ha messo in piedi una coalizione allargata anche a Leu, mentre la Vilardi ha condotto una campagna elettorale all'insegna delle parole d'ordine di Matteo Salvini: sicurezza e lotta agli immigrati clandestini, molti dei quali attivi nello spaccio di droga.La città più popolosa chiamata alle urne domani è Catania, dove il sindaco uscente, Enzo Bianco, del centrosinistra, tenta la riconferma senza il simbolo del Pd. All'ombra dell'Etna il centrodestra corre unito, candidando a sindaco l'europarlamentare Salvo Pogliese, di Forza Italia. Il M5s schiera Giovanni Grasso. In Sicilia il centrodestra si presenta diviso in alcune città, a causa delle immancabili polemiche interne alle coalizioni che caratterizzano le elezioni comunali. È il caso ad esempio di Siracusa, dove la Lega corre da sola candidando a sindaco Francesco Midolo, che sfida l'ex parlamentare di An Fabio Granata, sostenuto dal movimento del governatore Nello Musumeci, e l'ex assessore regionale Ezechia Paolo Reale che conta sull'appoggio di Forza Italia e altre liste. Anche il centrosinistra si divide in tre: si candidano, tutti sostenuti da liste civiche, Fabio Moschella, Giovanni Randazzo e Francesco Italia. Silvia Russoniello è candidata per il M5s.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/centrodestra-unito-pronto-a-demolire-le-ultime-roccaforti-del-pd-allo-sbando-2576358190.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ma-a-casa-del-signor-cirinna-lega-fdi-e-fi-sono-divorziati" data-post-id="2576358190" data-published-at="1757649057" data-use-pagination="False"> Ma a casa del signor Cirinnà Lega, Fdi e Fi sono divorziati Fiumicino è diventata una città laboratorio per la politica nazionale. Alla foce del Tevere il centrodestra marcia diviso che più diviso non si può e non certo per colpire unito. Per dirla con le parole di uno dei candidati, il quarantasettenne sovranista Walter De Vecchis, neosenatore della Lega, «qui la vecchia politica sfida il vento del cambiamento». «Nella destra ci sono faide pluriennali», riassume la candidata dei 5 stelle Fabiola Velli e, sebbene neghi di cercare un'alleanza con De Vecchis, non esclude future convergenze: «Come a livello nazionale parliamo di programmi e laddove troveremo punti in comune ne discuteremo al momento opportuno. In fondo il loro programma è più vicino al nostro che a quello di Forza Italia». Anche De Vecchis lascia la porta aperta: «Accordi con i 5 stelle? Vediamo che cosa succederà dopo il primo turno». Il Comune del litorale romano, sino al 1993 periferia della capitale, ha più di 80.000 abitanti e un territorio esteso come quello di Genova (215 km quadrati circa), diviso in circa 15 frazioni. Una di queste è la spiaggia dei romani, Fregene, dove il viale principale è tappezzato con i faccioni dei candidati e i cartonati dei politici si mescolano con i turisti in pareo e bermuda. A Fiumicino quasi ogni famiglia vanta un candidato al Consiglio comunale, visto che se ne contano più di 500 al seguito di cinque aspiranti sindaci (c'è anche Gaia Desiati di Casapound). Tutti in corsa per 24 poltrone. La città è un concentrato di interessi: ci sono l'aeroporto internazionale, il nuovo porto, la società agricola Maccarese spa, il centro residenziale e commerciale di Parco Leonardo. Vi fanno affari milionari le più importanti famiglie imprenditoriali italiane, dai Benetton ai Caltagirone. Sarà per questo che in vista delle elezioni sono passati da qui i big della politica nazionale: dal segretario leghista Matteo Salvini alla leader di Fdi Giorgia Meloni, dal capo politico grillino Luigi Di Maio al più barricadero compagno di Movimento Alessandro Di Battista. Solo Forza Italia non ha schierato il leader Silvio Berlusconi e ha preferito inviare il presidente del Consiglio europeo Antonio Tajani, che per la verità non sembra la figura più adatta a placare i sentimenti anti Ue che serpeggiano nel Paese. La città negli ultimi cinque anni è stata governata dal sindaco Pd Esterino Montino, leggermente favorito in base ai sondaggi, ma quasi sicuramente costretto a un ballottaggio dall'esito imprevedibile. Montino, 70 anni, è un politico di lungo corso ed è stato anche senatore Ds e governatore pro tempore della Regione Lazio, ma durante il mandato da primo cittadino è stato oscurato dalla moglie, la senatrice dem Monica Cirinnà, la firmataria della legge sulle unioni civili. Per questo in paese qualcuno lo chiama Signor Cirinnà, ma lui non se la prende e taglia nastri a tutto spiano. In questi giorni ha inaugurato un asilo, una pista ciclabile sul Tevere e il cosiddetto geotubo, un salsiccione di tessuto riempito di sabbia da posizionare davanti alla spiaggia di Fregene per contrastarne l'erosione. «Se ha un'aiuola in giardino e la vuole inaugurare in questi giorni, Montino presenzierà volentieri», continua la Velli, 57 anni, laurea in Scienze politiche e una carriera alle spalle da manager della moda. Di Montino dice che è «l'incarnazione della mala politica degli anni passati» e aggiunge: «Adora le grandi opere che restano sempre incompiute». La grillina si augura che il nuovo ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, come lei esponente dei 5 stelle, faccia «smuovere» il processo romano sulle cosiddette «spese pazze» della Regione in cui è imputato Montino. Ma i veri parenti serpenti, come detto, sono i due candidati del centrodestra. Il sessantenne ex ministro Mario Baccini, già eletto con Dc, Udc e Pdl, è uno dei pesi massimi scesi in campo a Fiumicino. La sua autocandidatura ha spaccato il fronte moderato: «Lega e Fratelli d'Italia volevano imporre un loro uomo, ma nel Lazio il primo partito è Forza Italia e il mio progetto ha preso il via due anni fa. Noi, come dimostrano le molte liste civiche che mi sostengono, siamo per il civismo politico e non per la demagogia. Berlusconi non è venuto a sostenermi? Per scegliere il sindaco non c'è bisogno di prendere ordini dalle segreterie di partito, ma di lavorare con associazioni e gruppi del territorio». Baccini si vanta di aver spaccato le coalizioni alla sua destra, ma anche alla sua sinistra: «Diversi esponenti di Fratelli d'Italia hanno creato una lista ad hoc per appoggiarmi e una civica pro Montino ha deciso di schierarsi con me». Il leghista De Vecchis, politico di formazione missina, gli risponde per le rime: «Noi avevamo provato a cercare una candidatura unitaria, ma Baccini ha imposto la sua. Purtroppo il suo nome, considerato il cambiamento che chiede la gente in questo momento, non andava bene, perché rappresenta la vecchia politica. Un'alleanza tra me e Baccini in vista del ballottaggio? La vedo molto difficile, noi siamo i veri antagonisti e il centro destra è spaccato». Tutti i candidati sono contro il raddoppio dell'aeroporto e a favore di un mare più pulito, ma quando Baccini sente parlare delle acque cristalline promesse da Montino ride: «Che cosa vuole usare, il Viakal? Basterebbe far funzionare i depuratori». Ma l'ex ministro ne ha anche per la Velli: «Era la presidente della commissione per la trasparenza del Comune, ma non mi sembra che sia “trasparito" nulla. E noi stiamo raccogliendo le carte da presentare alla Corte dei conti sulle ultime spese elettoralistiche di Montino che hanno eroso le riserve di bilancio». E sulle altre promesse del candidato del Pd alza le spalle: «Esterino è un bravo cantautore, se le canta e se le suona». Giacomo Amadori <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/centrodestra-unito-pronto-a-demolire-le-ultime-roccaforti-del-pd-allo-sbando-2576358190.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="a-imperia-e-scajola-contro-tutti" data-post-id="2576358190" data-published-at="1757649057" data-use-pagination="False"> A Imperia è Scajola contro tutti La storia, anche quella politica, è fatta di corsi e ricorsi. E di protagonisti che si riaffacciano sulla scena, magari in una veste completamente nuova. Come quella dell'ex più volte ministro Claudio Scajola il quale, per guadagnare per la terza volta la poltrona da sindaco della sua Imperia, ha deciso di sfidare il governatore della Liguria, Giovanni Toti, e quindi il suo ex partito, Forza Italia. Fedelissimo di Silvio Berlusconi, Scajola ha fatto parte della famiglia azzurra dal 1995 al 2015. Nelle file di Forza Italia è stato ministro dello Sviluppo economico, delle Attività produttive, dell'Attuazione del programma di governo e dell'Interno. Ma quando ha annunciato l'intenzione di correre per le amministrative con il centrodestra, si è trovato di fronte il muro di Toti e la sua decisione irrevocabile: la candidatura della coalizione, formata da Forza Italia, Fratelli d'Italia e Lega, è andata a un uomo gradito all'attuale presidente, l'architetto Luca Lantieri. È cominciata così la piccola «guerra civile» all'interno del centrodestra locale, dalla quale Scajola è uscito con la creazione della lista Imperia insieme, appoggiata da Popolo della Famiglia, Obiettivo Imperia, Area Aperta. Decisione che ha definitivamente rotto i rapporti con il governatore e creato non poche tensioni e malumori. Ma l'ex ministro, già sindaco della città ligure fra il 1982 e il 1983 e poi ancora fra il 1990 e il 1995, non si è tirato indietro. Sua intenzione è dimostrare di essere ancora un uomo forte del centrodestra: «Credo sia giusto che mi rituffi in questa comunità per far partire la rinascita della città, ma quando avrò 75 anni, dirò ai miei familiari che mi occuperò dei miei hobby». Nella città ligure il centrosinistra non ha ricandidato il sindaco uscente Carlo Capacci, puntando sull'attuale vicesindaco Guido Abbo. Mentre i 5 stelle puntano sull'artista Maria Nella Ponte. Come finirà? Gli occhi sono soprattutto puntati sulla battaglia interna al centrodestra, anche perché tradizionalmente Imperia ha quasi sempre preferito quella sponda politica: alle elezioni del 4 marzo ha preso il 38,4% contro il quasi 30 dei grillini e il 20,66 dei democratici. In attesa di conoscere il responso delle urne, la guerriglia a distanza tra Scajola e Toti prosegue. Il governatore ha più volte ribadito la necessità di esprimere un solo candidato per il centrodestra. L'ex ministro ha ribattuto parola su parola, ricordando che non spetta al presidente della Regione decidere le candidature. La sfida politica è poi diventata anche familiare, visto che fra i sostenitori della scelta di Toti c'è anche Marco Scajola, assessore regionale che non appoggia lo zio Claudio. «Se si fosse candidato mio nipote mi sarei ritirato. Non c'è stato lo stesso atteggiamento dall'altra parte. Non avrei mai pensato che Marco potesse chiedere i voti per un altro», il commento amaro dell'ex ministro di Berlusconi.Alfredo Arduino
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».