2025-11-06
Vittime per mestiere Da Fazio a Scurati, un manuale semiserio del «chiagnifottista»
L’antica arte partenopea del piagnisteo strategico ha in Italia interpreti di alto livello: frignano, inteneriscono e incassano.Venghino, siori, venghino, qui si narrano le gesta di una sempiterna compagnia di ventura.L’inossidabile categoria dei cultori del piagnisteo.Che fa del vittimismo una posa.Per una buona causa: la loro.Trattasi dei «chiagnifottisti», esponenti di quella corrente culturale mainstream chiamata «chiagnifottismo» (hashtag da social: #Cf), declinazione parte-nopea parte-volgare, ma che dà l’idea. I suoi esponenti allignano in ogni corporazione, dal parlamento allo spettacolo, maxime in tv.Prendete Fabio Fazio: «Dopo Rai 1 siamo stati puniti e messi su Rai 2, quindi puniti e messi ancora su Rai 3. Poi per fortuna accolti sul Nove», ha pigolato il 24 ottobre, al festival dello Spettacolo di Tv Sorrisi e Canzoni.È in video quasi ininterrottamente da più di 30 anni, visto che Quelli che il calcio, il suo primo programma di peso, debuttò nel 1993.Ciò nonostante, ciclicamente si lascia andare al pianto greco sul destino cinico e baro che l’ha colpito, lacrime che si sono sempre rapidamente asciugate sulla carta assorbente dell’ennesimo contratto (beato lui).«Fazio ha detto di essere stato 40 anni in Rai, ma non è vero: andò a lavorare a La7, all’epoca di proprietà della Telecom. Non fece manco una puntata, quella esperienza si concluse e andò via con una paccata di miliardi, devastato, ma molto più ricco di prima», lo infilzò Michele Santoro su La7.Da che pulpito...Ma ve li siete dimenticati i tormenti del Paese tutto quando ogni due per tre Sant’Oro doveva decidere se rimanere a viale Mazzini, dove secondo lui tutti lo odiavano, oppure traslocare a Mediaset (cosa che in effetti farà, nel triennio 1996-1999 per 12 miliardi, per poi tornare tra le braccia di mamma Rai)? Più si lagnava, e più era sotto i riflettori, finendo fuori mercato solo quando Silvio Berlusconi andò incontro all’autunno del patriarca.Dimostrando vieppiù che il Cavaliere aveva un doppio delitto sulla coscienza: aver creato i berlusconiani e gli antiberlusconiani, entrambi a lui devoti per una buona causa (sempre la loro).Ricordate Antonio Gramsci? «Odio le persone cosiddette serie, che abusando del loro carattere di commedia, truffano la nostra buona fede».Come? Stracciandosi le vesti coram populo, per poi passare all’incasso.Anche in politica.Ha chiosato Umberto Eco: «Una dose di vittimismo è indispensabile per non galvanizzare gli avversari. Beppe Grillo ha fatto una campagna da vincente, ma è riuscito a dare l’impressione che lo escludessero dalla tv e dovesse rifugiarsi nelle piazze - e così ha riempito i teleschermi prendendo le parti delle vittime del sistema».Solo lui, un #Cf? Ma no: sapevano piangere Palmiro Togliatti, che presentava i lavoratori come tenuti fuori dalla stanza dei bottoni dalla reazione in agguato. Marco Pannella che, lamentandosi sempre che i media ignorassero i radicali, riusciva a monopolizzare l’attenzione costante di giornali e televisioni. E naturalmente Berlusconi, che si è sempre presentato come perseguitato dai giornali, dai poteri forti e dalla magistratura, e quando era al potere si lamentava che non lo lasciassero lavorare e gli remassero contro. È il fondamentale principio del «chiagne e fotti».Sul Cav si esercitò anche Indro Montanelli, dopo il suo trionfo nelle urne: «A Berlusconi nulla riesce tanto bene quanto la parte di vittima e perseguitato. “Chiagne e fotte”, dicono a Napoli dei tipi come lui. E si prepara a farlo per cinque anni di seguito».Lo stesso Montanelli si beccò però lo stesso capo d’imputazione quando gli rinfacciarono il voltafaccia nei confronti del Signore di Arcore che aveva ripianato per anni le perdite del Giornale.Il fondatore di Fininvest (poi Mediaset) e di Forza Italia è stato il maestro ispiratore delle generazioni successive, a destra e a sinistra.Il 30 aprile 2001 finì sulla prima pagina del Manifesto, in piedi, senza nessuno intorno, la mano destra sulla bocca a tenersi la testa china, e sotto la scritta: «Nessuno mi ama».Una postura quasi identica a quella di Carlo De Benedetti, esemplare speculare di #Cf, sulla copertina dell’Espresso dopo il fallito tentativo di conquistare la cassaforte belga Sgb, didascalia feroce: Lo smacco (da cui si riprese benissimo, of course).Chiagnifottisti a frotte nello showbiz.Mara Venier è cintura nera della specialità.«Questa è davvero la mia ultima Domenica In, anche se lo ripeto da sei anni», giurò nel settembre 2024, alla vigilia della ripartenza per la sua sedicesima conduzione del programma, la settima consecutiva (dal 2018; la prima in assoluto fu nel 1993).Quindi la tv ora la guarda da casa? Macché. La Madonna di Campo de’ Fiori sta sempe mmiez’, altra locuzione napoletana, avendo solo concesso che la conduzione del contenitore diventasse «corale» (uno specchietto per le allodole, ovviamente il timone è saldamente in mano sua) con la presenza dei Fratelli Bandiera, i Sirenetti del dì di festa, Tommaso Cerno, Teo Mammucari e Enzo Miccio.Iscritto d’ufficio al club è anche l’attore Luca Marinelli, che confessò tutto il suo disagio nell’interpretare Benito Mussolini nella serie tv M, tratta dalla saga a firma di Antonio Scurati.A sua volta così o-scurato, per un non possumus di ottusi funzionari Rai, da stazionare per settimane in tv a spiegare quanto gli venisse impedito di parlare.Marinelli raccontò di aver dato un dispiacere a sua nonna: «È la prima persona a cui ho parlato della serie. Non potrò mai scordare la sua faccia. Mi ha chiesto: “Perché?”».«Ovviamente il patè d’animo t’è passato quando è arrivato il primo bonifico», l’hanno sfregiato i rosiconi del web.Anche nello sport militerebbero i #Cf.Ad esempio, l’allenatore del Napoli Antonio Conte (Sandro Piccinini, 21 aprile 2025: «Chiagne e fotte, il suo non è un miracolo e il Napoli non è una società derelitta. Se vince è merito suo, se perde la colpa è di qualcun altro, ormai lo conosciamo»).Ma pure l’ex ct della Nazionale Roberto Mancini, per aver fatto ammenda: «È stato un errore lasciare gli Azzurri», al suo rientro dopo un breve soggiorno professionale in Arabia Saudita, da cui è ritornato onusto di milioni di petroldollari.Se fate l’errore di aprire i social, allora i chiagnifottisti diventano legioni.Nessuno è risparmiato.Enzo Iacchetti, accusato di approfittare della popolarità conquistato come paladino della causa palestinese per promuovere il suo libro (lui ha replicato: «Venite a dirmelo in faccia, conigli»).Bruno Vespa per aver sostenuto - dopo che nel 2024 ai festeggiamenti per i 100 anni della radio e i 70 della tv sono stati ricordati diversi programmi giornalistici ma non Porta a Porta, che «cambiano le stagioni, ma l’anima profonda della Rai resta sempre dalla stessa parte». Che detto da lui, onestamente, lascia vagamente basiti, essendo lui entrato in Rai nel 1962, avendo iniziato il talk dai bianchi divani nel 1995, avendo aggiunto, con il governo di Giorgia Meloni, financo la striscia di Cinque minuti.Perfino Enrico Mentana, quando in giugno ha scritto su Instagram: «Il 2 luglio saranno 15 anni da quando presi la guida del TgLa7. Devi capire tu quando è il momento di staccare, senza che siano gli altri, o il pubblico, a dirtelo», quasi a preannunciare l’addio, è stato lambito dal sospetto di #Cf.Urbano Cairo sembrò non capire le sue intenzioni, replicando ai microfoni di Super Guida Tv: «Come diceva quella pubblicità? Con quella bocca può dire ciò che vuole», e infatti i due hanno rinnovato gli sponsali per la soddisfazione di tutti, anche di coloro che erano già pronti a gridare allo scandalo.Come il sito di Libero: «Se l’addio di Mentana dovesse concretizzarsi, non si tratterebbe di una prima volta. Tra i fondatori del Tg5, infatti, il giornalista milanese ha guidato il telegiornale della rete ammiraglia Mediaset per 12 anni, prima di essere “cacciato” (e sostituito da Clemente Mimun) a causa di presunte tensioni con Berlusconi nel 2004».Raccontò Umberto Brunetti, direttore di Prima Comunicazione, a Stefano Lorenzetto in un’intervista per Panorama, 2004: «Repubblica il 12 novembre spara in prima pagina: “Mentana licenziato dal Tg5”. Come licenziato? Non è vero! Ma se erano sei mesi che trattava. E poi ti pare che stava 13 anni insieme con Berlusconi senza andarci d’ accordo? Tre miliardi lordi prende questo ragazzo. S’è mai visto uno che resta nella stessa azienda, con lo stesso stipendio, con la poltrona di direttore editoriale, con tre prime serate a disposizione in tv e con una liquidazione della Madonna già garantita nel caso si dovesse stufare? E ha il coraggio di andare in giro a dire: “Mi hanno sollevato dall’incarico”!».Alla fine, se c’è uno che ha pianto davvero - davanti alle telecamere del Tg1 - è stato Gennaro Sangiuliano per la nota vicenda.Già direttore del Tg2, quindi ministro, quindi a Parigi corrispondente della tv di Stato, quindi di nuovo in politica per le regionali in Campania.Sono le «porte girevoli Rai», di cui hanno usufruito in passato anche a sinistra, con Piero Badaloni e Piero Marrazzo.E che restano il miglior simbolo plastico del #Cf nazionale.
Donna, ingegnere aerospaziale dell'Esa e disabile. La tedesca Michaela Benthaus, 33 anni, prenderà parte ad una missione suborbitale sul razzo New Shepard di Blue Origin. Paraplegica dal 2018 in seguito ad un incidente in mountain bike, non ha rinunciato ai suoi obiettivi, nonostante le difficoltà della sua nuova condizione. Intervistata a Bruxelles, ha raccontato la sua esperienza con un discorso motivazionale: «Non abbandonate mai i vostri sogni, ma prendetevi il giusto tempo per realizzarli».
Ecco #DimmiLaVerità del 6 novembre 2025. L'ex ministro Vincenzo Spadafora ci parla del suo movimento Primavera e della situazione nel centrosinistra.