2025-11-06
La Ue sul clima è un «gattopardino»: cambia (poco) per non cambiar nulla
Ursula von der Leyen (Ansa)
Sì al taglio del 90% della CO2 entro il 2040. Sola concessione: tra due anni se ne riparla.L’Europa somiglia molto al gattopardo. Anzi, a un gattopardino: cambiare poco perché non cambi nulla. Invece di prendere atto, una volta per tutte, che le industrie europee non riescono a reggere l’impatto del Green deal e, quindi, cambiare direzione, fanno mille acrobazie che non cambiano la sostanza. Per carità: nessuno mette in dubbio la necessità di interventi nell’ambiente ma, fatti in questo modo, ci porteranno a sbattere contro un muro come abbiamo già ampiamente fatto in questi anni.È incredibile la forza di resistenza dell’ideologia nei confronti di quel che realmente accade. Muro o non muro, tre passi in avanti. Questo devono avere in testa i commissari e i burotauri europei. L’ultima è che i ministri dell’Ambiente della Ue hanno raggiunto un accordo a maggioranza qualificata (hanno votato contro Slovacchia, Ungheria e Polonia, mentre il Belgio e la Bulgaria si sarebbero astenute) per un taglio delle emissioni di CO2 del 90% entro il 2040. Ci sono volute ventiquattro ore di negoziati per raggiungere questa intesa. Nonostante questo, la presidenza danese di turno si è limitata a spiegare che l’intesa è stata votata da 21 Paesi membri comprendenti l’81,9% della popolazione europea. Contenti loro contenti tutti.L’intesa comprende una clausola per la quale ci si può rivedere ogni due anni a seguito di una valutazione della Commissione della Legge sul clima. Ci chiediamo: ma invece di rivederla ogni due anni, immagino valutando gli effetti di questa legge sull’industria, non si poteva pensare di valutare non dopo ma prima di fare la legge quali saranno gli effetti sull’industria europea, considerato anche il fatto che ormai, da qualche anno, ne abbiamo fatto esperienza risultata completamente negativa? In altri termini: con quella marea di gente che lavora presso l’Unione europea, non si poteva fare uno studio sull’impatto economico di questa nuova normativa? Sono anni che c’è una parte dell’economia che studia questo fenomeno, anzi, decenni che si studia il rapporto fra legge ed economia, fra legge e conseguenze economiche sul mercato delle leggi medesime. No, si continua imperterriti sulla stessa strada che ha portato allo sfascio un bel po’ di imprese europee (vedi quella tedesca dell’auto che è un fenomeno di rilevanza mondiale) e non si capisce che bisogna studiare prima le conseguenze e poi scrivere le leggi. E invece si fa sempre il contrario, ancora, in modo che gli psichiatri definirebbero ossessivo-compulsivo, si reiterano continuamente gli errori piuttosto di studiare situazioni diverse, contesti legislativi alternativi, sostenibilità economica delle leggi. Perché se per la sostenibilità ambientale – sacrosanta – si deve mandare a rotoli la sostenibilità economica delle imprese europee, una qualche riflessione andrebbe fatta. E invece nulla, non se ne parla, si pasticcia per ventiquattro ore per trovare un accordo e poi, alla fine, dal cappello esce sempre lo stesso coniglio, ormai spelacchiato e con le orecchie basse. A questi signori che guidano l’Europa non dice nulla che la Germania si sta apprestando a mettere in campo un piano da 1.500 miliardi da spendere in infrastrutture e industria bellica, e che resta in attesa di vedere quello che succede per decidere cosa fare dell’industria automobilistica tedesca? Certo, la Germania deve piangere delle lacrime molto amare perché si deve molto alla spinta dei tedeschi questo andare verso il Green deal e, in particolare, verso l’auto elettrica. Uno che è morto, purtroppo, e che era uno dei pochi che ci capivano davvero, Sergio Marchionne, disse subito che non avrebbe funzionato l’auto elettrica, perché Marchionne, al contrario di questi sciagurati, faceva prima i piani considerando costi e ricavi, aveva capacità intuitiva, creativa e organizzativa che gli consentivano di vedere prima di fare e, quindi, di portare avanti delle iniziative ragionevoli e profittevoli. Fece il miracolo di riuscirci con quel che rimaneva della famiglia Agnelli, cioè gli Elkann, e credo che qualcuno pensi che questo sia una sorta di miracolo per il quale si potrebbe aprire un processo di beatificazione dello stesso. Il grande imprenditore, o comunque il manager, prevede e poi fa. L’Europa non prevede, fa, sbaglia e continua a ripetere lo sbaglio. Così ha fatto in questi giorni.
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