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La Ue sul clima è un «gattopardino»: cambia (poco) per non cambiar nulla

La Ue sul clima è un «gattopardino»: cambia (poco) per non cambiar nulla
Ursula von der Leyen (Ansa)
Sì al taglio del 90% della CO2 entro il 2040. Sola concessione: tra due anni se ne riparla.

L’Europa somiglia molto al gattopardo. Anzi, a un gattopardino: cambiare poco perché non cambi nulla. Invece di prendere atto, una volta per tutte, che le industrie europee non riescono a reggere l’impatto del Green deal e, quindi, cambiare direzione, fanno mille acrobazie che non cambiano la sostanza. Per carità: nessuno mette in dubbio la necessità di interventi nell’ambiente ma, fatti in questo modo, ci porteranno a sbattere contro un muro come abbiamo già ampiamente fatto in questi anni.

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Mai dire Blackout | 2035, le illusioni perdute

Trump blocca il petrolio del Venezuela. Domanda elettrica, una questione di sicurezza nazionale. Le strategie della Cina per l’Artico. Auto 2035, l’Ue annacqua ma ormai il danno è fatto.

In Francia e Germania crolla il consenso per gli aiuti. Il 75% dei tedeschi boccia Merz, fautore della «rapina» a Mosca, scongiurata ad alto prezzo. Solo la stampa loda Bruxelles. Che forse smetterà di sabotare il dialogo.

I 90 miliardi di prestito, anzi, di regalo all’Ucraina, poiché sono soldi che non rivedremo mai, rappresentano il prezzo da pagare per aver schivato la masochistica confisca degli asset russi congelati. La cupio dissolvi dell’Europa è una patologia talmente avanzata, da richiedere cure costosissime: 220 euro a testa, compresi i 3 miliardi di euro l’anno di interessi sulle obbligazioni emesse per finanziare Kiev, che inizieranno a gravare sul bilancio dell’Unione dal 2028. Il tutto, infrangendo un tabù - quello del debito comune - che era rimasto intangibile persino di fronte alle esigenze di finanziamento della sanità, delle pensioni e del welfare nel Vecchio continente. Il tutto, al solo scopo di tenere in piedi una nazione che ha perso la guerra e che, comunque, non ha risolto il problema del suo fabbisogno di cassa: nel 2026 le serviranno 71 miliardi, noi gliene garantiamo 45, ossia la metà della somma biennale stanziata dal Consiglio nella notte tra giovedì e venerdì. Volodymyr Zelensky, ieri, è stato chiaro: il denaro sarà restituito «solo se la Russia pagherà le riparazioni necessarie». A Roma direbbero: ciao, core

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Zelensky ci costa 220 euro a testa
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Quando serviva spendere per sostenere la nostra economia, Bruxelles era per il «no». Adesso, tra nuovo debito e interessi, la Ue sborserà circa 100 miliardi in favore dell’Ucraina: una somma che dovremo versare noi per prestiti che non verranno mai restituiti.

Pare che l’accordo raggiunto dai vertici europei per finanziare l’Ucraina, e consentirle così di continuare la guerra contro i russi, abbia fatto contenti tutti. Festeggia sia chi non voleva abbandonare a sé stesso il Paese aggredito da Putin, sia chi temeva che l’uso delle riserve di Mosca congelate da quattro anni nelle banche occidentali si trasformasse in un boomerang. L’intesa raggiunta dai premier dei 27 Stati che compongono l’Unione consentirà a Kiev di ottenere 90 miliardi in due anni, una cifra che permetterà agli ucraini di sopravvivere, armarsi e resistere. Ma si tratta davvero della soluzione che ha consentito a chiunque di raggiungere il proprio scopo? Non direi. Perché è vero che non toccando gli asset di Mosca si è evitata la ritorsione sulle proprietà che le imprese occidentali ancora detengono in Russia. Ed è altrettanto certo che lasciando i miliardi di Putin nei caveau della società belga che li custodisce si è evitato un contenzioso giudiziario che, oltre ad andare avanti per anni, avrebbe minato alla radice la fiducia nei risparmiatori, in quanto avrebbe sancito il diritto a sequestrare e usare i fondi a prescindere dalle intenzioni dei legittimi proprietari. Chi si fiderà a lasciare in custodia il proprio oro e i propri depositi se il custode potrebbe non restituirli? E, soprattutto, qual è l’organismo terzo che può autorizzare a metter mano ai soldi lasciati in deposito?

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Sprint Usa per la pace entro l’anno: «Colloqui con i russi e gli europei»
Kirill Budanov (Ansa)
Allerta degli 007 americani sull’attacco alla Nato. Budanov: «Avverrà nel 2027».

La delegazione ucraina e quella russa potrebbero sedersi presto allo stesso tavolo dei negoziati in Florida. Ad aver presentato questa possibilità al leader di Kiev, Volodymyr Zelensky, sono stati direttamente gli Stati Uniti.

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