2025-11-06
La sinistra italiana in estasi per l’islamocomunista Usa
Il pro Pal Mamdani vuole alzare le tasse per congelare sfratti e affitti, rendere gratuiti i mezzi pubblici, gestire i prezzi degli alimentari. Per i nostri capetti progressisti a caccia di un vero leader è un modello.La sinistra ha un nuovo leader. Si chiama Zohran Mamdani e, anche se non parla una sola parola d’italiano, i compagni lo considerano il nuovo faro del progressismo nazionale. Prima di lui a dire il vero ci sono stati Bill Clinton, Tony Blair, José Luis Rodriguez Zapatero, Luis Inàcio Lula da Silva, Barack Obama e perfino Emmanuel Macron, ovvero la crème della sinistra globale, tutti presi a modello per risollevare le sorti del Pd e dei suoi alleati con prime, seconde e anche terze vie. Adesso, passati di moda i predecessori dell’internazionale socialista, è il turno del trentaquattrenne Mamdani.Eletto martedì 111° sindaco di New York, contro Andrew Cuomo, ovvero un esponente della storica dinastia dem, il neosindaco è figlio di immigrati e lui stesso immigrato dall’Uganda. Di lui fino a poche settimane fa non si sapeva quasi nulla. Poi Mamdani si è candidato alla guida della Grande mela e, pur disponendo di un curriculum assai smilzo, ha potuto offrire in pasto agli elettori il fatto di essere musulmano e socialista. Due qualità che di questi tempi, con Donald Trump alla Casa Bianca, vanno alla grande. Grazie a ciò il giovanotto ha potuto godere di una forte visibilità e anche di un formidabile appoggio dei progressisti newyorchesi, i quali hanno visto nell’elezione di Mamdani la possibilità di fare la guerra al presidente degli Stati Uniti per interposta persona. Infatti, per opporsi a Trump che cosa c’è di meglio di un ex praticante legale impegnato contro gli sfratti? Essendo momentaneamente impegnata Ilaria Salis, nota soprattutto per l’occupazione abusiva degli alloggi, in America la sinistra ha puntato su di lui. Che, oltre a difendere gli inquilini che non pagano l’affitto, è musulmano e dunque ha un eccellente profilo come sostenitore della causa palestinese. In più, la moglie che ha appena impalmato, una ventottenne figlia di immigrati siriani, è un’illustratrice e in un disegno ha rappresentato una ragazza di Gaza con in mano una pentola vuota e la scritta «Non è una crisi alimentare». Sì, essere pro Pal e socialista ha reso Mamdani il candidato perfetto per l’élite newyorchese. Giovani e meno giovani pare abbiano votato in massa a favore dello sconosciuto praticante, il quale prima ha ottenuto la nomination alle primarie dei democratici e poi ha sconfitto Cuomo, che pur essendo dem ha comunque deciso di candidarsi nella speranza di intercettare i voti moderati. Finanziato da qualche miliardario e da molte donazioni singole, spesso erogate da persone che non risiedono a New York, Mamdani ha vinto con un programma che promette di congelare gli affitti, di istituire il salario minimo e di rendere gratuiti i mezzi pubblici, oltre che di gestire direttamente negozi di alimentari in cui i prodotti siano messi in vendita a prezzi popolari. Tutto ciò, ovviamente, finanziato da nuove tasse a carico dei «ricchi».Un tipo del genere, musulmano e pro Pal, figlio di immigrati e sposato con la figlia di altri immigrati, paladino antisfratti e con in testa l’idea di trasformare New York in un avamposto americano del socialismo reale, poteva sfuggire ai radar dei compagni italiani a caccia di un nuovo leader? Ovvio che no. Messa in stand by Elly Schlein dopo le recenti sconfitte, considerata troppo poco di sinistra la sindaca di Genova (la quale poi deve fare i conti con lo stigma di essere stata battezzata da Matteo Renzi), con un appeal da esattore e un eloquio da impiegato del Catasto Ernesto Maria Ruffini, alla sinistra Mamdani è apparso l’uomo della provvidenza. Da Ilaria Salis a Nicola Fratoianni, da Laura Boldrini a Nicola Zingaretti, da Piero Fassino ad Angelo Bonelli, per arrivare poi fino a Roberto Fico e all’Anpi, tutti in brodo di giuggiole per la vittoria oltreoceano, tutti a decantare le virtù di Mamdani, nuovo punto di riferimento della sinistra globale. Del resto, per intercettare l’elettorato che è sfilato in piazza al grido di «Palestina libera» e «dal fiume al mare» che cosa c’è di meglio di un islamocomunista? Il problema è trovarne uno anche a casa nostra. Dunque, Schlein, Conte, Landini e Gentiloni meglio che ripongano le aspirazioni. Per guidare la sinistra ora a sinistra va di moda l’immigrato, meglio se radicale e islamico. L’importante è che non sia Soumahoro: quando a qualcuno è venuta l’idea, non è finita troppo bene.
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