2025-11-06
«Il corpo è diventato merce digitale. Ma la vera libertà abita nel pudore»
La giornalista Monica Marangoni affronta il tema della nudità in un saggio che tocca anche il caso delle piattaforme sessiste. «È il tempo del relativismo estetico che asseconda solo l’io e le sue voglie, persino con immagini artefatte».Giornalista e conduttrice televisiva, laureata in Filosofia all’università Cattolica del Sacro cuore a Milano, Monica Marangoni ha condotto diversi programmi non solo in Rai. Nudo tra sacro e profano - Dall’età dell’innocenza all’epoca di Onlyfans (Cantagalli), con postfazione dello stesso editore David Cantagalli, è il suo primo saggio. Una riflessione particolarmente attuale dopo la scoperta, e la chiusura, di alcuni siti che, con l’Intelligenza artificiale, abbinano corpi nudi femminili a volti noti del mondo dell’informazione, dello sport e della politica.Giornalista e conduttrice televisiva, laureata in Filosofia all’università Cattolica del Sacro cuore a Milano, Monica Marangoni ha condotto diversi programmi non solo in Rai. Nudo tra sacro e profano - Dall’età dell’innocenza all’epoca di Onlyfans (Cantagalli), con postfazione dello stesso editore David Cantagalli, è il suo primo saggio. Una riflessione particolarmente attuale dopo la scoperta, e la chiusura, di alcuni siti che, con l’Intelligenza artificiale, abbinano corpi nudi femminili a volti noti del mondo dell’informazione, dello sport e della politica.Monica Marangoni, perché oggi un saggio sul nudo?«Perché il nudo non è un semplice tema estetico: è un linguaggio che attraversa i secoli e che oggi, paradossalmente, torna a interrogarci più che mai. Ogni epoca ha raccontato sé stessa attraverso il modo in cui mostra o nasconde il corpo. Nel libro ho cercato di comprendere che cosa la nostra epoca dica di sé, di noi, di questa umanità smarrita fra l’esaltazione e l’umiliazione del corpo. Fra l’idolatria dell’immagine e la sua mercificazione. Oggi il corpo è esposto ovunque ma quasi mai compreso: ha perso la sua dimensione trascendente, la sacralità originaria. Ho sentito il bisogno di interrogare la storia - dell’arte, della filosofia, della fede - per capire quando abbiamo smarrito la percezione del mistero che abita in noi e come il corpo sia stato lentamente trasformato in profitto, consumo, spettacolo».L’esibizione della nudità e l’uso del corpo sono oggetto di visioni del vivere diverse.«Un corpo nudo non è mai solo carne: è un’idea di uomo, di bene, di verità. L’esposizione del corpo s’intreccia con i nuclei centrali del pensiero, con la nostra visione del mondo. La domanda che attraversa le pagine del mio libro è proprio questa: “Innocenza o giustificazione del nudo?”. In altre parole, mi sono chiesta: possiamo ancora oggi guardare e ammirare un corpo nudo in maniera innocente, come Adamo ed Eva prima della caduta? Oppure ogni nostro sguardo è inesorabilmente filtrato da giudizi etici e morali che appartengono alla nostra storia culturale? Da quel “prima” e “dopo” del racconto biblico si è generata un’interminabile ricerca di giustificazioni per un nudo che non può più definirsi semplicemente “buono”. ll nudo è uno specchio della nostra coscienza: rivela il modo in cui l’uomo percepisce sé stesso in rapporto al divino e alla propria libertà».Oggi non prevale in modo incontrastato un’idea codificata del corpo, la sua mercificazione?«Sì, purtroppo. In alcune epoche la nudità aveva un senso spirituale: il corpo era misura dell’armonia, un’eco della perfezione del cosmo. Oggi, invece, la nudità si è fatta frammento, superficie, esca. Abbiamo perso la memoria del corpo come rivelazione e lo abbiamo ridotto a esibizione da commercializzare nelle vetrine scintillanti del mondo digitale. Invece di cercare il significato del corpo, cerchiamo lo sguardo che ci conferma. Posto, ergo sum».In che modo l’idea del corpo nudo come esaltazione dell’armonia e della bellezza, persino di una razionalità che avvicinava agli dèi come nell’antica Grecia, è recuperabile?«Lo è soltanto se la bellezza tornerà a essere un linguaggio dell’anima. I greci celebravano il corpo perché vi scorgevano un ordine superiore, un riflesso del bene e della bellezza; nel libro lo sintetizzo con kalokagathia. Recuperare quel senso del nudo significa ritrovare un’idea di armonia che unisce visibile e invisibile. È un ritorno alla bellezza come verità rivelata, non come provocazione».Il sottotitolo del suo libro che dice «tra sacro e profano, dall’età dell’innocenza all’epoca di Onlyfans» vuole indicare i due estremi opposti?«Sì, ho voluto attraversare due poli antitetici della nostra storia: la Grecia classica e la contemporaneità. Nel mondo ellenico il nudo trovava la sua giustificazione in un orizzonte etico e metafisico. Oggi, invece, dopo il trauma surrealista, il corpo si è frantumato: non è più specchio dell’armonia ma teatro del conflitto, della pulsione, dell’inconscio. André Breton affermò che “la bellezza sarà convulsa o non sarà”, e così è stato. Il nudo, tra sacro e profano, racconta i segni di questa frattura tra idealizzazione e scomposizione, fino ai nostri giorni in cui OnlyFans è divenuto il simbolo di un’epoca che ha trasformato la nudità in contenuto e il contenuto in merce».Forse c’è qualcosa che supera l’estremo di Onlyfans? Che cosa pensa dell’Intelligenza artificiale e della creazione in siti come Miamoglie, Phica.net e Socialmediagirls di soggetti inesistenti che abbinano a volti noti di attrici, sportive, giornaliste e donne politiche corpi nudi creati al computer?«Gli episodi recenti sono la nuova frontiera dell’abuso: non c’è più neppure un corpo reale da sfruttare, ma una copia dell’anima violata. È la negazione stessa della persona. Queste manipolazioni mostrano come la tecnologia, quando si sgancia da una bussola etica, diventi strumento di violenza e di degradazione. Non è solo un problema di privacy: è una questione di sguardo, di dignità, di verità sul corpo. L’Intelligenza artificiale produce corpi “perfetti” ma disincarnati: non sperano, non soffrono, non amano. Sono simulacri, fantasmi estetici generati da algoritmi. È il trionfo della finzione sul vissuto. In questo senso, l’Intelligenza artificiale ci costringe a chiederci se siamo ancora capaci di riconoscere il mistero dell’incarnazione o se lo abbiamo definitivamente barattato con l’illusione del download».Di quale cultura e mentalità sono figlie queste azioni?«Di una cultura che ha separato l’immagine dalla verità. È il frutto di un relativismo estetico e morale che, come affermò Benedetto XVI, asseconda soltanto “l’io e le sue voglie”. L’Intelligenza artificiale che spoglia non è altro che lo specchio di una società che non sa più riconoscere la verità dietro l’apparenza. Il problema non è la tecnologia, ma l’uomo che la usa senza radici spirituali: quando si perde la percezione del sacro, anche l’immagine diventa profanazione».Perché, a differenza di ciò che avveniva nell’antica Grecia dove l’esposizione del nudo riguardava il corpo maschile, l’atleta e il guerriero, oggi ha come oggetto prevalentemente il corpo femminile?«Perché nella cultura classica il nudo maschile celebrava la forza, l’eroismo, la ragione. Il nostro tempo, invece, cerca l’emozione. Il corpo femminile ha preso il posto dell’eroe: è diventato il nuovo campo su cui si esercita il desiderio, lo sguardo, il consumo, dimenticando che la donna è epifania e grazia, sorgente di vita, simbolo vivente del mistero della creazione». Che cos’è l’imperialismo del look?«È la tirannia dell’apparire. Viviamo immersi in una società in cui l’identità si misura in pixel, coincide con la visibilità e la visibilità con il consenso. È un nuovo totalitarismo estetico che sostituisce la sostanza con l’immagine. L’unico modo per salvarsi è tornare al pudore, non come censura, ma come atto di libertà: la scelta consapevole di come mostrarsi o di custodirsi».Quanto influiscono sul primato dell’immagine formule e codici della comunicazione pubblicitaria?«Enormemente. La pubblicità è la nuova teologia del desidero. Ha trasformato il vedere in desiderare e il desiderare in consumare. Compriamo non ciò che ci serve, ma ciò che vorremmo essere».Quanto la comunicazione virtuale, l’avvento dei social e le piattaforme di incontri hanno aggravato la mercificazione del nudo?«Moltissimo. Oggi ci si incontra postando foto e facendo scrolling. Il corpo è diventato un profilo, il nudo una valuta. Tutto si consuma alla velocità del pollice: eros senza attesa, desiderio senza profondità».Pensa che si debba intervenire a livello legislativo ponendo delle regole per arginare questo fenomeno, per esempio in rapporto alle generazioni più giovani?«Le leggi servono, ben vengano le leggi sulle manipolazioni dell’Intelligenza artificiale e i limiti ai minori per l’accesso ai social. Ma le regole non bastano: puoi vietare un clic, non colmare un vuoto che è educativo e prima ancora esistenziale».E l’espansione di una certa comunicazione enfaticamente improntata alla fluidità, vedi il recente esempio della rivista Glamour che ha assegnato il premio donne dell’anno a nove persone trans, quanto complica il recupero di un rapporto libero e sereno con la corporeità e la nudità?«In una società liquida, in cui tutto si fa fluido, anche il corpo perde il suo ancoraggio simbolico. E se non esiste più un limite, esso smette di rivelare e comincia a confondere. Il rischio è che si disperda quella tensione tra maschile e femminile che è la grammatica stessa del creato».In che modo il cristianesimo ridefinisce il rapporto con il corpo, l’affettività e l’eros?«ll cristianesimo riconcilia la carne e lo spirito: non veste il corpo per nasconderlo, ma lo riveste di senso. È qui che nasce quella che nel libro chiamo la “nudità redenta”: memoria viva della nostra origine divina, corpo che si offre per amare e non per sedurre, in cui l’eros si purifica e si trasfigura nell’agape». Dopo anni di predicazione moralista che le viene spesso rinfacciata, oggi la Chiesa è in grado di proporre un rapporto equilibrato e risolto con il corpo?«Il cristianesimo è l’unica religione che ha redento il corpo. Da limite, il corpo diventa “tempio dello Spirito”, luogo in cui l’invisibile si rende visibile. È una visione rivoluzionaria: restituisce alla carne una dignità che nessun’altra cultura aveva immaginato. Essa diventa linguaggio di Dio, segno della sua presenza e persino promessa di resurrezione dei nostri corpi glorificati».
Donna, ingegnere aerospaziale dell'Esa e disabile. La tedesca Michaela Benthaus, 33 anni, prenderà parte ad una missione suborbitale sul razzo New Shepard di Blue Origin. Paraplegica dal 2018 in seguito ad un incidente in mountain bike, non ha rinunciato ai suoi obiettivi, nonostante le difficoltà della sua nuova condizione. Intervistata a Bruxelles, ha raccontato la sua esperienza con un discorso motivazionale: «Non abbandonate mai i vostri sogni, ma prendetevi il giusto tempo per realizzarli».
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