2019-11-19
Cdp salverà Taranto ma non l’Ilva. E Mittal adesso apre uno spiraglio
La partecipata non è disponibile a un coinvolgimento diretto, però potrebbe favorire il rilancio del porto, magari con la cinese Cccc. L'ad di Arcelor accetta l'incontro con Giuseppe Conte venerdì. Sergio Mattarella vede i sindacati.L'azienda si adegua alla richiesta di aspettare l'udienza del 27 novembre: l'altoforno 2 resta acceso. A Milano indagine per reati fallimentari e false comunicazioni.Lo speciale contiene due articoli. I 170 anni di Cassa depositi e prestiti non potevano cadere in un giorno migliore. Cdp ieri è stata tirata per la giacchetta come non mai. In occasione delle celebrazioni, il premier Giuseppe Conte e il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri si sono chiusi in una stanza con l'ad di Cdp Fabrizio Palermo e il neo presidente Giovanni Gorno Tempini. Tema della discussione è stato il salvataggio dell'ex Ilva. Dal governo il pressing per entrare nella partita, dai vertici di Cdp una presa di distanza. «Il ruolo che Cdp può avere, al di là del coinvolgimento diretto in una situazione che è oggetto di altre conversazioni, è ovviamente di grande attenzione a quel che avviene sul territorio, a livello di enti locali, a livello di tutte le nostre società partecipate. Questo è sicuramente un ambito nel quale noi possiamo pensare di svolgere un ruolo», ha detto Gorno Tempini sintetizzando in linguaggio politichese ciò che è il mandato dei suoi azionisti. Cioè le fondazioni bancarie. Il messaggio è chiaro: non si mettono a repentaglio gli investimenti dei pensionati italiani. D'altronde in una delle sue ultime uscite pubbliche, il patron dell'Acri, Giuseppe Guzzetti aveva detto «no» a un potenziale coinvolgimento di Cdp in Alitalia. Mentre si era detto favorevole alla maxi operazione ha rilanciato Astaldi e tre quarti del settore delle costruzioni italiane. Preso il medesimo ragionamento, la risposta di Gorno Tempini al governo non deve essere stata molto dissimile. Se un ministro come Francesco Boccia lancia in una intervista spudoratamente l'idea di avviare un prestito ponte di uno o due anni per poi rivenderla, è chiaro che Cdp dovrà necessariamente mettere i paletti invocando il proprio statuto. Uno statuto che le fondazioni non cambieranno. Immaginare che lo Stato stanzi più di un miliardo e Cdp si inserisca a gestire le perdite è praticamente impossibile. Diverso immaginare che la Cassa coordini le diverse partecipate per il rilancio del porto di Taranto e aiuti l'arrivo di risorse. Non dimentichiamo che i cinesi di Cccc sarebbero pronti anche a mettere 400 milioni sul sistema portuale del Sud e a quel punto ad avviare una partnership con altre realtà dedicate all'acciaieria. Ma al momento l'ipotesi si potrebbe verificare solo se i franco indiani di Arcelor Mittal tornassero a sedersi al tavolo delle trattative. Eventualità non più così remota. Ieri la morsa giudiziaria è salita di grado. I commissari che hanno trascinato Arcelor in giudizio hanno definito la scelta unilaterale di avviare il fermo degli altoforni un atto minatorio, mentre i pm hanno invitato espressamente l'azienda a sospendere l'iter di spegnimento fino a che non ci sarà stata la prima udienza, cioè fino al 27 novembre. I magistrati hanno tenuto a specificare che si tratta di un semplice invito e non di una imposizione, ma ieri sera i vertici di Arcelor Italia hanno fatto sapere con una nota ufficiale (non parlavano apertamente da oltre una settimana) di voler accogliere l'invito. In contemporanea è stata diffusa anche la notizia che venerdì a Palazzo Chigi Lucia Morselli per conto della famiglia Mittal incontrerà il premier. E si comincerà una tornata di trattative. Sappiamo che l'azienda vorrebbe mettere in cassa integrazione ben 5.000 dei 10.700 dipendenti diretti. Il contratto non lo consentirebbe. Il governo non può però permettersi di andare in causa e affidarsi totalmente alla magistratura, sebbene politicamente abbia già abdicato al proprio ruolo di decision maker, lasciando ai pm il compito di dare la linea. Al tempo stesso sa che se non c'è un asso nella manica (e non esiste nessun nuovo investitore) dovrà trovare un via di uscita che gli consenta di non perdere la faccia e permetta ai franco indiani di tornare a Taranto senza a loro volta perdere la faccia. E qui si inserirebbe il piano di rilancio della città. In pratica Arcelor si riprende lo stabilimento e l'acciaieria, parte degli esuberi viene riassorbita in una newco che si occuperà del porto e della città sotto l'ombrello di un progetto coordinato da Cdp e dalle altre partecipate. Almeno questi sarebbero i desiderata della politica. A noi sembra una grande scommessa o qualcosa di simile a un all in, dove o ti va benissimo o perdi tutto. Un gioco delle parti con una posta altissima che ha spinto pure Sergio Mattarella a infilarsi nella questione. Ieri sera ha incontrato le sigle sindacali esercitando la classica moral suasion del Colle. Vedremo che effetto farà.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cdp-salvera-taranto-ma-non-lilva-e-mittal-adesso-apre-uno-spiraglio-2641384586.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-giudici-fermano-lo-spegnimento" data-post-id="2641384586" data-published-at="1758062777" data-use-pagination="False"> I giudici fermano lo spegnimento Arcelor Mittal ha sospeso il piano di chiusura degli impianti e di spegnimento degli altiforni, La decisione, comunicata dall'ad Lucia Morselli, è arrivata dopo la richiesta del tribunale di Milano di non «porre in essere ulteriori iniziative e condotte in ipotesi pregiudizievoli per la piena operatività e funzionalità degli impianti» dell'ex Ilva di Taranto prima della decisione sul ricorso cautelare d'urgenza presentato dai commissari della società contro l'atto di citazione con il quale il colosso siderurgico ha chiesto il recesso del contratto d'affitto. A chiederlo ieri era stato il giudice Claudio Marangoni, presidente della sezione del tribunale specializzata in diritto d'impresa, che ha spiegato come la richiesta è stata formulata «tenuto conto della non adozione di provvedimento inaudita altera parte, in un quadro di leale collaborazione con l'autorità giudiziaria e per il tempo ritenuto necessario allo sviluppo del contraddittorio tra le parti». Detto in parole povere, i giudici avevano invitato l'azienda a non spegnere gli altiforni prima del 27 novembre, giorno in cui si terrà l'udienza sul ricorso d'urgenza del colosso dell'acciaio. Come ha spiegato ieri uno dei presidenti del Tribunale di Milano, Roberto Bichi, l'udienza di terrà davanti a Marangoni, che «ha fissato termini intermedi per consentire il deposito di memorie e il contraddittorio delle difese». Quello che è certo è che il processo non sarà facile e nemmeno di breve durata. Nell'indagine milanese, che al momento è ancora a livello ricognitivo e che è stata affidata al nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, riguardo al profilo dei possibili reati sul piano tributario si dovrebbero effettuare accertamenti - e questo è solo uno dei casi su cui sta lavorando la Gdf- su una società olandese dello stesso gruppo angloindiano da cui Arcelor Mittal si servirebbe per l'approvvigionamento di materiali. Si tratta di una società che, oltre a vendere all'ex Ilva a prezzi che però parrebbero più alti rispetto a quelli di mercato, godrebbe di un regime fiscale più vantaggioso. Poi, ci potrebbero essere verifiche - altro esempio - su presunte false comunicazioni societarie legate al magazzino, nel caso in cui ci fosse una situazione diversa da quella comunicata (era stato consegnato con 500 milioni di materie e ora pare si sia assottigliato di parecchio), e in più anche altre condotte potrebbero aver avuto riflessi sul patrimonio dell'ex Ilva. Infine, andranno fatte verifiche anche sul motivo per cui, secondo quanto denunciato, siano stati sospesi i pagamenti dei creditori dell'indotto. In questo caso potrebbero profilarsi reati di bancarotta o pre fallimentari. Proprio sul presunto depauperamento dell'azienda, non è escluso che la Procura di Milano si «spogli» di questo capitolo in quanto quella di Taranto sta già indagando e ha già iscritto il fascicolo ipotizzando il reato di «distruzione di materie prime» e «mezzi di produzione» industriale. In più, ieri il procuratore Francesco Greco ha incontrato uno dei commissari dell'ex Ilva Francesco Danovi e, sempre ieri, in Procura ci sono state riunioni tra pm e investigatori. Come si può leggere nel ricorso dei commissari presentato venerdì, il cui contenuto è stato diffuso ieri, si parla di inadempimento «plateale e conclamato». Secondo al documento, il gruppo sarebbe infatti obbligato a «salvaguardare con diligenza la integrità e il valore dei rami d'azienda». Tutto ciò si aggiunge ai profili sulle comunicazioni al mercato date dal colosso dell'acciaio a partire dallo scorso 4 novembre con l'azione di recesso dal contratto. Inoltre, i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici hanno ascoltato come persona informata dei fatti anche un dirigente dell'amministrazione straordinaria di Ilva. Un passaggio, quello dell'audizione dei primi testimoni, propedeutico per iniziare a ipotizzare dei reati nel fascicolo aperto nei giorni scorsi.