2018-04-03
Caruana studia il matto al re degli scacchi
Fabiano Caruana, italiano nato a Miami 25 anni fa, ha acquisito il diritto di sfidare a novembre a Londra il campione del mondo Magnus Carlsen. Ha iniziato a giocare a sei anni, si rilassa con videogiochi e hard rock. Ha creato nuove mosse allenandosi 50 ore a settimana.Lord of Rings vince un torneo di scacchi online il lunedì. Evermore domina un torneo di scacchi online il giovedì. Bombe Granite straccia tutti in un torneo di scacchi online il sabato. Quei tre nomignoli hanno qualcosa in comune, l'attacco con i cavalli, l'assedio alle torri con gli alfieri, le uscite dalle trappole con qualche colpo di genio che ricorda Bobby Fischer. Nessun mistero, perché dietro il Signore degli Anelli, la famosa canzone dei Led Zeppelin e la pianta micidiale del videogioco «Plants v. Zombies» c'è sempre lui che si allena. È Fabiano Caruana, 25 anni, sorriso gentile e occhiali da nerd, mamma di Francavilla sul Sinni (Potenza), papà con antenati per quattro generazioni di Raffadali (Agrigento), trasferitisi a Brooklyn con la valigia di cartone e fermata obbligatoria a Ellis Island. Goodfellas loro, un genio lui, che ha acquisito il diritto di sfidare in novembre a Londra il campione del mondo Magnus Carlsen. Scacco al re.C'è un italiano seduto sui segreti del gioco più complesso e affascinante del mondo, ma non gareggia per l'Italia. Essendo nato a Miami ha il doppio passaporto. E quando il finanziare miliardario del Missouri, Rex Sinquefield, ha deciso di allestire una nazionale degli scacchi in grado di conquistare il globo, di vincere questa nuova Guerra fredda e di rinverdire gli allori di Fischer seguendo il motto trumpiano «America first», il primo ad essere contattato è stato lui, Fabiano o Evermore, comunque un Lord of Rings della scacchiera. Duecentomila dollari di ingaggio, prendere o lasciare. Papà Luigi, agente immobiliare, e mamma Santina, manager, hanno deciso di non passare la mano, di offrire a questo figlio il trampolino giusto per competere ai massimi livelli. I genitori sapevano che lui era speciale fin da quando aveva sei anni ed era stato capace di tenere testa agli inferociti dilettanti che giocavano in un parco di Brooklyn (il Park Slope dove Paul Auster cercava storie da raccontare) a dieci dollari la partita. Da certe predisposizioni non si esce indenni, anche se non si sa da quali tempeste cromosomiche siano venute e non si può ipotizzare fin dove ci spingeranno. Come disse un giorno Anatolj Karpov: «Il genio è un dono di Dio, ma quando ti fa giocare a scacchi meglio di tutti diventa un inferno». Una sera, a casa Caruana, suona il campanello: è Bruce Pandolfini a premere il pulsante, il talent scout per eccellenza, l'uomo che aveva allenato Fischer, che passeggiando per quelle partitelle open air è rimasto folgorato. «Ho visto in Fabiano il più straordinario talento degli ultimi 25 anni», frase semplice e definitiva. La consacrazione mediatica arriva tre anni dopo, quando un Fabiano alto come un bastone da passeggio viene fotografato dal New Yorker mentre muove le pedine, in piedi su una panchina di Washington square, sotto lo sguardo estasiato del suo scopritore.Da quei giorni Fabiano Caruana, che si rilassa con i videogiochi e trova nei giri di chitarra hard rock sparati negli auricolari un buon ansiolitico prima delle gare, gioca a scacchi 50 ore a settimana, scala le classifiche, vince prima da inconsapevole e poi da predestinato, diventa Gran Maestro a 14 anni. E come il poliziotto perfido di Blade Runner, lascia sulla scacchiera al suo passaggio un origami (altro hobby non propriamente consueto). Il ragazzo è fuori dagli schemi, attacca con l'istinto, non sa cosa sia la paura ed esplode nel 2012 al torneo di Saint Louis, la capitale americana degli scacchi. Si affrontano i migliori nove del mondo, lui sconfigge i primi tre: Carlsen, l'armeno Levon Aronian e il nippoamericano Hikaru Nakamura. La partita con Aronian è una specie di Italia-Germania 4-3 della scacchiera. Lo sconfitto ammette: «Il piano d'attacco di Fabiano è stato da extraterrestre, queste mosse reinventano il nostro gioco».Americano nella disciplina e nella tecnica, italiano nella capacità di togliersi dai guai con sequenze mai viste prima (ma non si osi dire improvvisate, il concetto semplicemente non esiste), Fabiano Caruana si descrive così: «Gioco da quando avevo sei anni, posso dire di avere un certo feeling con gli scacchi. Quando hai l'avversario di fronte sei solo con il suo respiro e le tue incertezze, devi saper gestire tutto con freddezza. In questi casi devi vincere, non creare arte. Se vinci, nessuno guarda al come, se perdi nessuno ti considera un artista». Si chiama senso pratico, è quello che vorrebbe applicare anche in novembre contro Carlsen. Lo ha già battuto, ma sa che il norvegese è più forte. «Ho una possibilità su otto di vincere», spiega con una buona dose di pretattica. Il campione di rimando: «Non è ancora il migliore, ma se c'è uno al mondo che mi può battere è lui».Il ragazzo con i nonni di Raffadali è diventato sfidante ufficiale a sorpresa; in pochi lo davano vincente nella sfida contro Andrey Karyakin, l'ucraino naturalizzato russo per intercessione di Vladimir Putin. Anch'egli predestinato, anch'egli chiamato a svolgere una missione per conto di qualcun altro. Sconfitto da Karyakin, Caruana ha comunque trionfato nel torneo di Berlino che determinava lo sfidante al titolo grazie a una concentrazione di ferro e a qualche incrocio favorevole. Negli ultimi anni è diventato un giramondo e andando per tornei si è stabilito a Budapest, a Madrid, a Lugano, poi ancora a Madrid. Detesta il freddo e la calca. Vorrebbe intrufolarsi ai concerti dei suoi gruppi rock preferiti, ma proprio non ce la fa. Al momento di comprare il biglietto gli subentra un blocco psicologico. «Amo stare solo, devo stare solo. La folla mi fa paura». Se noi comuni mortali siamo circondati da piccole ossessioni quotidiane, possiamo immaginare quelle che volteggiano attorno a gente di genio, con le tredici prossime mosse determinate da un algoritmo che sale al cervello partendo dall'anima. Tutto in funzione di una sfida davanti al mondo, gli occhi negli occhi, due soli colori nell'arcobaleno: il bianco e il nero. E poi silenzio, nel ronzio delle luci al neon. Fino a quando uno dei due non pronuncerà la formula millenaria degli inventori persiani di questo gioco che ha innalzato e distrutto uomini speciali: «Shah mat», il re è morto.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.