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2022-03-28
I piccoli (ma grandi) carrozzieri italiani
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Fiat 1100/103 cabriolet carrozzeria Allemano del 1954
Quella dei carrozzieri rientra a pieno titolo nella grande storia dell’eccellenza artigianale italiana, capace di innovazioni e raffinatezze stilistiche senza pari. Lo dimostrano i grandi nomi dell’eccellenza nel design automobilistico conosciuti a livello mondiale: stiamo parlando, si capisce, di Pininfarina, Bertone, Giugiaro, Ghia. Portano la loro firma le auto più eleganti e prestigiose della storia delle quattro ruote, successo che ha portato queste grandi firme a transitare da una dimensione artigianale a una industriale. Accanto a questi «big» dello stile, l’eccellenza italiana ha brillato in molteplici realtà più piccole, ma non per questo meno creative e professionali delle sorelle maggiori.
La parabola della loro attività abbraccia un arco temporale che va dagli esordi dell’automobile nei primissimi anni del Ventesimo secolo all’inizio degli anni Settanta. La maggior parte delle carrozzerie speciali fiorì con l’inizio della produzione in serie degli anni Trenta, anche se la diffusione di massa dell’automobile in Italia era ancora molto lontana. Tuttavia tra le due guerre l’élite degli automobilisti italiani aveva assorbito una moda che era andata diffondendosi in quegli anni, quella delle «fuoriserie», vale a dire esemplari unici o in produzione limitata costruiti sulla base di vetture in produzione delle diverse case. Sono caratteristici gli esempi di cabriolet, barchette, limousine o «landaulet» prodotti dalle carrozzerie speciali di quegli anni. Un’ulteriore sfida accolta dai designer fu l’introduzione dell’aerodinamica (mutuata della crescita del settore aeronautico) applicata alle vetture anche di serie. Uno degli esempi più evidenti di questo stile (e meglio riuscito) degli anni Trenta fu la Fiat «1500» del 1935, una berlina dal disegno unico, che anticipava i tempi. Era stata la prima auto italiana ad essere sviluppata in galleria del vento, opera del talento di Mario Revelli di Beaumont che nel dopoguerra sarà protagonista del panorama poliedrico dei carrozzieri italiani. Il secondo conflitto mondiale congelò l’attività degli artigiani dell’automobile a causa della militarizzazione della produzione e per le devastazioni dei bombardamenti. Una nuova alba comparve negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, quando la prospettiva di crescita economica dell’Italia anticipò la futura motorizzazione di massa e fece da volano alla ripresa dei progetti da parte delle carrozzerie italiane, già esistenti oppure da parte di quelle fondate dopo la guerra.
I nomi che risuoneranno dagli anni ’40 agli anni ’60 sono molti, alcuni di questi ebbero vita effimera mentre altri si affermeranno vedendo crescere le proprie dimensioni. Ecco alcuni tra gli esempi più importanti della sapienza italiana nell’arte della carrozzeria che operarono negli stessi anni dei colossi del design automobilistico mondiale.
Allemano
Fondata a Torino nel 1928 da Serafino Allemano, si dedicò alle carrozzerie speciali dopo un difficile esordio nell’assistenza meccanica messo a dura prova dalla grande depressione. Fu nel dopoguerra che l’atelier torinese colse i più grandi successi, partendo con una prestigiosa commissione da parte di Enzo Ferrari per la carrozzeria della barchetta 166 disegnata in collaborazione con il grande Giovanni Michelotti. Specializzato in carrozzerie cabriolet, realizzò nel 1954 una splendida fuoriserie su base Fiat 1100/103 convertibile. Il successo fu concentrato tra gli anni Cinquanta e l’inizio del decennio successivo, quando la carrozzeria torinese realizzò capolavori di prestigio come la Maserati 3500 GT e la versione aperta della Fiat 1500. Chiuse i battenti nei primi anni Sessanta con la prima crisi che seguì il «boom» economico.
Boneschi
Siamo a Cambiago, alle porte di Milano quando il carrozziere Giovanni Boneschi apre la sua officina alla fine della Grande Guerra. In contatto con un distributore locale del prestigiosissimo marchio Lancia, il carrozziere milanese si cimenta in allestimenti speciali per la berlina di punta Lambda. Rimasto a lungo fedele al marchio di Chivasso, a cui si aggiunse la milanesissima Alfa Romeo per la quale realizzò una speciale edizione della sportiva 6C 2500. Le bombe della guerra caddero sui capannoni dell’officina di Cambiago causando l’interruzione di ogni attività. Nel dopoguerra ancora una volta il marchio Lancia diede fiducia a Boneschi, che rispose con una versione speciale della Aurelia. Anche il biscione, con la nuova Giulietta, fu celebrato dal carrozziere con un’interessante interpretazione del sogno americano i chiave meneghina. Il risultato fu la Giulietta Giardiniera con inserti in legno, che richiamava le familiari americane note oltreoceano con il nome di “woodies”. Anche Boneschi fu colto dalla prima crisi post-boom ma fu in grado di operare una riconversione che salverà il marchio, quella della carrozzeria di mezzi commerciali: camion e autobus. In seguito assorbita dal concorrente torinese Savio, l’azienda di Cambiago si è specializzata in allestimento di mezzi per l’emergenza sanitaria e allestimento di veicoli militari fino alla metà degli anni Duemila.
Castagna
Altra prestigiosa casa milanese, è uno dei marchi più antichi nella storia della carrozzeria italiana. Proprio con le carrozze a cavalli vide il suo esordio che proseguì con la prima automobile Benz carrozzata in Italia. Il prestigio del carrozziere milanese sarà confermato negli anni interbellici con vere e proprie opere d’arte su base Isotta Fraschini (la Rolls Royce italiana), Lancia, Alfa Romeo e Mercedes. Chiusa nel 1954, il marchio verrà ripreso alla metà degli anni Novanta da due imprenditori, Gioacchino Acampora e Umberto Petra. La tradizione di lusso e originalità è continuata con la reinterpretazione della supercar Alfa Romeo SZ per poi passare alla customizzazione di modelli di serie come la Mini e la best seller italiana Fiat 500.
Colli
Altro carrozziere milanese nato nel 1931, fu impegnato in guerra nella lavorazione dell’alluminio nel settore aeronautico per poi riprendere l’avventura delle quattro ruote nel dopoguerra, dopo aver interrotto le attività sulle automobili prebelliche, di cui rimanevano le rielaborazioni della Fiat 500 A «Topolino» del 1936. Data la vicinanza estrema con l’Alfa Romeo del portello, nel dopoguerra elaborò le ultime 2500 6C per poi passare ad una versione speciale della «Disco volante» del biscione proseguendo con le versioni soprattutto familiari della Giulia. Nel 1955 la carrozzeria milanese si cimentò anche con la realizzazione di una vettura da Formula 1 su base Maserati. Fu attiva fino al 1973.
Eurostyle
Nata nel 1968 con specializzazione nella lavorazione del plexiglas, fu una delle meteore più interessanti e futuribili del panorama italiano. Attiva solo per due anni, fu fondata dall’italo-argentino Michele Liprandi, in contatto con il costruttore Alejandro DeTomaso. Nonostante l’inconsistenza commerciale, le elaborazioni Eurostyle su meccanica Fiat 125 e Porsche 914 anticiparono le tendenze del decennio seguente.
Fissore
Nel 1920 fu fondata a Savigliano, Cuneo, l’officina Fissore che si specializzò inizialmente nella realizzazione di mezzi commerciali leggeri e furgoni pubblicitari. Nel dopoguerra emerse come allestitore di una molteplicità di marchi che incluse la Monteverdi, un marchio svizzero di supercar e gran turismo attiva dal 1967 al 1984. Tra le realizzazioni speciali della carrozzeria piemontese la Fiat 130 papamobile convertibile e una Mercedes 170 che anticipava le sportive familiari odierne. dagli anni Settanta la Fissero trovò un discreto successo commerciale con le creazioni in stile «spiaggina» (sullo stile della Citroen Mehari) di auto popolari come le Fiat 126, 127 e Panda. Negli ultimi anni di attività, in joint venture con la Rayton si dedicò alla progettazione e alla produzione della suv «Magnum», un fuoristrada dalle generose dimensioni su base Iveco e rifinito internamente di legno di radica e pelle pregiata che faceva della Magnum la Range Rover italiana. Fu il primo suv italiano e fu importato negli Usa con il marchio LaForza. Molti ricordano il suo utilizzo da parte della Polizia di Stato.
Fontana
Carrozzeria padovana di piccole dimensioni, fu attiva in particolare nei primi anni ’50 quando elaborò una serie di prototipi su base Ferrari davvero originali, come la 166 «uovo», un esemplare unico di coupé dalle forme futuribili che partecipò ad una Mille Miglia nella quale fu danneggiata gravemente. Ricostruita, è stata recentemente battuta all’asta per 7 milioni di dollari. Visionaria fu anche un’altra sportiva nata a Maranello e rivista da Fontana, sorprendente in quanto anticipa di oltre mezzo secolo le «shooting-brake», le prestigiose sportive dotate come le station wagon di portellone posteriore. Un esempio recente del cavallino è la GTC4 Lusso del 2016.
Francis Lombardi
Nata a Vercelli nel 1947 la carrozzeria prese il nome dal fondatore Carlo «Francis» Lombardi, già asso dell’aviazione nella Grande Guerra e pioniere dei raid aerei degli anni Venti. dagli anni Cinquanta si dedicò alle vetture parallelamente all’attività nel campo dell’aviazione leggera. Le realizzazioni della carrozzeria vercellese furono accomunate da una caratteristica distintiva: quella di aggiungere le portiere posteriori a vetture di serie dotate di soli due sportelli. La denominazione della trasformazione Lombardi fu per tutte queste nuove quattroporte quella di «Lucciola», quasi sempre costruite su base Fiat come la 600, la 850 e più tardi la 127. La Francis Lombardi è ricordata anche per le poetiche «woodies» su base Fiat 1400 degli anni Cinquanta e per la prima vera papamobile appositamente realizzata per Papa Paolo VI alla sua elezione nel 1963, una limousine su base Fiat 2300 con il tetto trasparente.
Moretti
Nata nel 1925 come officina per la costruzione di motociclette, fu tra i pionieri assoluti delle moderne microcar che il carrozziere equipaggiava con i motori motociclistici ma anche delle vetture e dei mezzi commerciali leggeri a trazione elettrica con decenni di anticipo. Nel dopoguerra la produzione di massa della Fiat fornì le basi alla fantasia creativa del carrozziere che partì con la microcar «Cita» per approdare poi alle 600 e 500. Negli anni finali Moretti, come il concorrente Fissore, concentrò la produzione su derivate per il tempo libero, chiamate «Midimaxi» su base 126 e 127. Altre realizzazioni furono le coupé su base Fiat 124, reinterpretata in stile «muscle car» all’italiana.
Savio
Nata sotto la Mole nel lontano 1919, la carrozzeria fu una delle più prolifiche già negli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale. Spostata a Moncalieri nel 1959, la Savio di fatto anticipò il concetto di Suv. Se si guarda ad esempio ad una delle realizzazioni di quello stesso anno, il 1100/103 Camionetta, dal disegno molto simile alla Land Rover con linee e idee sviluppate dai grandi costruttori trent'anni dopo o più. La Savio è ricordata anche per la realizzazione di «spiaggine» apprezzate negli anni Sessanta dal pubblico degli anni ruggenti, come la Fiat 600 totalmente apribile ribattezzata «Jungla».
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Fin dai suoi esordi, l'automobile fu resa dalla creatività degli «artigiani della lamiera» italiani una vera opera d'arte. Soprattutto nell'epoca d'oro tra anni Cinquanta e Sessanta quando accanto ai grandi designer fiorirono anche i più piccoli, con risultati spesso sorprendenti.Quella dei carrozzieri rientra a pieno titolo nella grande storia dell’eccellenza artigianale italiana, capace di innovazioni e raffinatezze stilistiche senza pari. Lo dimostrano i grandi nomi dell’eccellenza nel design automobilistico conosciuti a livello mondiale: stiamo parlando, si capisce, di Pininfarina, Bertone, Giugiaro, Ghia. Portano la loro firma le auto più eleganti e prestigiose della storia delle quattro ruote, successo che ha portato queste grandi firme a transitare da una dimensione artigianale a una industriale. Accanto a questi «big» dello stile, l’eccellenza italiana ha brillato in molteplici realtà più piccole, ma non per questo meno creative e professionali delle sorelle maggiori. La parabola della loro attività abbraccia un arco temporale che va dagli esordi dell’automobile nei primissimi anni del Ventesimo secolo all’inizio degli anni Settanta. La maggior parte delle carrozzerie speciali fiorì con l’inizio della produzione in serie degli anni Trenta, anche se la diffusione di massa dell’automobile in Italia era ancora molto lontana. Tuttavia tra le due guerre l’élite degli automobilisti italiani aveva assorbito una moda che era andata diffondendosi in quegli anni, quella delle «fuoriserie», vale a dire esemplari unici o in produzione limitata costruiti sulla base di vetture in produzione delle diverse case. Sono caratteristici gli esempi di cabriolet, barchette, limousine o «landaulet» prodotti dalle carrozzerie speciali di quegli anni. Un’ulteriore sfida accolta dai designer fu l’introduzione dell’aerodinamica (mutuata della crescita del settore aeronautico) applicata alle vetture anche di serie. Uno degli esempi più evidenti di questo stile (e meglio riuscito) degli anni Trenta fu la Fiat «1500» del 1935, una berlina dal disegno unico, che anticipava i tempi. Era stata la prima auto italiana ad essere sviluppata in galleria del vento, opera del talento di Mario Revelli di Beaumont che nel dopoguerra sarà protagonista del panorama poliedrico dei carrozzieri italiani. Il secondo conflitto mondiale congelò l’attività degli artigiani dell’automobile a causa della militarizzazione della produzione e per le devastazioni dei bombardamenti. Una nuova alba comparve negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, quando la prospettiva di crescita economica dell’Italia anticipò la futura motorizzazione di massa e fece da volano alla ripresa dei progetti da parte delle carrozzerie italiane, già esistenti oppure da parte di quelle fondate dopo la guerra. I nomi che risuoneranno dagli anni ’40 agli anni ’60 sono molti, alcuni di questi ebbero vita effimera mentre altri si affermeranno vedendo crescere le proprie dimensioni. Ecco alcuni tra gli esempi più importanti della sapienza italiana nell’arte della carrozzeria che operarono negli stessi anni dei colossi del design automobilistico mondiale.AllemanoFondata a Torino nel 1928 da Serafino Allemano, si dedicò alle carrozzerie speciali dopo un difficile esordio nell’assistenza meccanica messo a dura prova dalla grande depressione. Fu nel dopoguerra che l’atelier torinese colse i più grandi successi, partendo con una prestigiosa commissione da parte di Enzo Ferrari per la carrozzeria della barchetta 166 disegnata in collaborazione con il grande Giovanni Michelotti. Specializzato in carrozzerie cabriolet, realizzò nel 1954 una splendida fuoriserie su base Fiat 1100/103 convertibile. Il successo fu concentrato tra gli anni Cinquanta e l’inizio del decennio successivo, quando la carrozzeria torinese realizzò capolavori di prestigio come la Maserati 3500 GT e la versione aperta della Fiat 1500. Chiuse i battenti nei primi anni Sessanta con la prima crisi che seguì il «boom» economico.BoneschiSiamo a Cambiago, alle porte di Milano quando il carrozziere Giovanni Boneschi apre la sua officina alla fine della Grande Guerra. In contatto con un distributore locale del prestigiosissimo marchio Lancia, il carrozziere milanese si cimenta in allestimenti speciali per la berlina di punta Lambda. Rimasto a lungo fedele al marchio di Chivasso, a cui si aggiunse la milanesissima Alfa Romeo per la quale realizzò una speciale edizione della sportiva 6C 2500. Le bombe della guerra caddero sui capannoni dell’officina di Cambiago causando l’interruzione di ogni attività. Nel dopoguerra ancora una volta il marchio Lancia diede fiducia a Boneschi, che rispose con una versione speciale della Aurelia. Anche il biscione, con la nuova Giulietta, fu celebrato dal carrozziere con un’interessante interpretazione del sogno americano i chiave meneghina. Il risultato fu la Giulietta Giardiniera con inserti in legno, che richiamava le familiari americane note oltreoceano con il nome di “woodies”. Anche Boneschi fu colto dalla prima crisi post-boom ma fu in grado di operare una riconversione che salverà il marchio, quella della carrozzeria di mezzi commerciali: camion e autobus. In seguito assorbita dal concorrente torinese Savio, l’azienda di Cambiago si è specializzata in allestimento di mezzi per l’emergenza sanitaria e allestimento di veicoli militari fino alla metà degli anni Duemila.CastagnaAltra prestigiosa casa milanese, è uno dei marchi più antichi nella storia della carrozzeria italiana. Proprio con le carrozze a cavalli vide il suo esordio che proseguì con la prima automobile Benz carrozzata in Italia. Il prestigio del carrozziere milanese sarà confermato negli anni interbellici con vere e proprie opere d’arte su base Isotta Fraschini (la Rolls Royce italiana), Lancia, Alfa Romeo e Mercedes. Chiusa nel 1954, il marchio verrà ripreso alla metà degli anni Novanta da due imprenditori, Gioacchino Acampora e Umberto Petra. La tradizione di lusso e originalità è continuata con la reinterpretazione della supercar Alfa Romeo SZ per poi passare alla customizzazione di modelli di serie come la Mini e la best seller italiana Fiat 500.ColliAltro carrozziere milanese nato nel 1931, fu impegnato in guerra nella lavorazione dell’alluminio nel settore aeronautico per poi riprendere l’avventura delle quattro ruote nel dopoguerra, dopo aver interrotto le attività sulle automobili prebelliche, di cui rimanevano le rielaborazioni della Fiat 500 A «Topolino» del 1936. Data la vicinanza estrema con l’Alfa Romeo del portello, nel dopoguerra elaborò le ultime 2500 6C per poi passare ad una versione speciale della «Disco volante» del biscione proseguendo con le versioni soprattutto familiari della Giulia. Nel 1955 la carrozzeria milanese si cimentò anche con la realizzazione di una vettura da Formula 1 su base Maserati. Fu attiva fino al 1973.EurostyleNata nel 1968 con specializzazione nella lavorazione del plexiglas, fu una delle meteore più interessanti e futuribili del panorama italiano. Attiva solo per due anni, fu fondata dall’italo-argentino Michele Liprandi, in contatto con il costruttore Alejandro DeTomaso. Nonostante l’inconsistenza commerciale, le elaborazioni Eurostyle su meccanica Fiat 125 e Porsche 914 anticiparono le tendenze del decennio seguente.FissoreNel 1920 fu fondata a Savigliano, Cuneo, l’officina Fissore che si specializzò inizialmente nella realizzazione di mezzi commerciali leggeri e furgoni pubblicitari. Nel dopoguerra emerse come allestitore di una molteplicità di marchi che incluse la Monteverdi, un marchio svizzero di supercar e gran turismo attiva dal 1967 al 1984. Tra le realizzazioni speciali della carrozzeria piemontese la Fiat 130 papamobile convertibile e una Mercedes 170 che anticipava le sportive familiari odierne. dagli anni Settanta la Fissero trovò un discreto successo commerciale con le creazioni in stile «spiaggina» (sullo stile della Citroen Mehari) di auto popolari come le Fiat 126, 127 e Panda. Negli ultimi anni di attività, in joint venture con la Rayton si dedicò alla progettazione e alla produzione della suv «Magnum», un fuoristrada dalle generose dimensioni su base Iveco e rifinito internamente di legno di radica e pelle pregiata che faceva della Magnum la Range Rover italiana. Fu il primo suv italiano e fu importato negli Usa con il marchio LaForza. Molti ricordano il suo utilizzo da parte della Polizia di Stato.FontanaCarrozzeria padovana di piccole dimensioni, fu attiva in particolare nei primi anni ’50 quando elaborò una serie di prototipi su base Ferrari davvero originali, come la 166 «uovo», un esemplare unico di coupé dalle forme futuribili che partecipò ad una Mille Miglia nella quale fu danneggiata gravemente. Ricostruita, è stata recentemente battuta all’asta per 7 milioni di dollari. Visionaria fu anche un’altra sportiva nata a Maranello e rivista da Fontana, sorprendente in quanto anticipa di oltre mezzo secolo le «shooting-brake», le prestigiose sportive dotate come le station wagon di portellone posteriore. Un esempio recente del cavallino è la GTC4 Lusso del 2016.Francis LombardiNata a Vercelli nel 1947 la carrozzeria prese il nome dal fondatore Carlo «Francis» Lombardi, già asso dell’aviazione nella Grande Guerra e pioniere dei raid aerei degli anni Venti. dagli anni Cinquanta si dedicò alle vetture parallelamente all’attività nel campo dell’aviazione leggera. Le realizzazioni della carrozzeria vercellese furono accomunate da una caratteristica distintiva: quella di aggiungere le portiere posteriori a vetture di serie dotate di soli due sportelli. La denominazione della trasformazione Lombardi fu per tutte queste nuove quattroporte quella di «Lucciola», quasi sempre costruite su base Fiat come la 600, la 850 e più tardi la 127. La Francis Lombardi è ricordata anche per le poetiche «woodies» su base Fiat 1400 degli anni Cinquanta e per la prima vera papamobile appositamente realizzata per Papa Paolo VI alla sua elezione nel 1963, una limousine su base Fiat 2300 con il tetto trasparente.MorettiNata nel 1925 come officina per la costruzione di motociclette, fu tra i pionieri assoluti delle moderne microcar che il carrozziere equipaggiava con i motori motociclistici ma anche delle vetture e dei mezzi commerciali leggeri a trazione elettrica con decenni di anticipo. Nel dopoguerra la produzione di massa della Fiat fornì le basi alla fantasia creativa del carrozziere che partì con la microcar «Cita» per approdare poi alle 600 e 500. Negli anni finali Moretti, come il concorrente Fissore, concentrò la produzione su derivate per il tempo libero, chiamate «Midimaxi» su base 126 e 127. Altre realizzazioni furono le coupé su base Fiat 124, reinterpretata in stile «muscle car» all’italiana.SavioNata sotto la Mole nel lontano 1919, la carrozzeria fu una delle più prolifiche già negli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale. Spostata a Moncalieri nel 1959, la Savio di fatto anticipò il concetto di Suv. Se si guarda ad esempio ad una delle realizzazioni di quello stesso anno, il 1100/103 Camionetta, dal disegno molto simile alla Land Rover con linee e idee sviluppate dai grandi costruttori trent'anni dopo o più. La Savio è ricordata anche per la realizzazione di «spiaggine» apprezzate negli anni Sessanta dal pubblico degli anni ruggenti, come la Fiat 600 totalmente apribile ribattezzata «Jungla».
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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