
Ne esistono centinaia di varianti. I tradizionalisti non derogano da guanciale e pecorino, gli innovatori la propongono pure vegetariana. Ma su una cosa sono d’accordo: è un piatto che mette di buon umore.Domenica si è festeggiato il Carbonara Day, evento istituito dai pastai di Unione Italiana Food nel 2017 e giunto ormai alla nona edizione riscuotendo un sempre maggiore successo negli anni, anche sui social network. Quest’anno i festeggiamenti hanno decretato Chef Ambassador tre chef che nel corso delle loro splendide carriere hanno lavorato e lavorano moltissimo intorno alla carbonara: Luciano Monosilio di Luciano cucina italiana, anche detto The King of Carbonara, che ha in qualche modo decretato la cremizzazione della carbonara con la sua nota carbocrema. Poi, Sarah Cicolini, chef abruzzese di Santo Palato che con l’aggiunta dell’albume ottiene una crema di maggior consistenza (ora che tutti usano solo il tuorlo, cosa che a livello popolare e in origine certamente non si faceva giacché certamente affamati carbonai o pastori non avrebbero mai gettato via l’albume dell’uovo, riaggiungere l’albume è secondo noi una buona cosa). Ancora, chef Barbara Agosti di Eggs che in menù ha la carta delle carbonare, alcune filologiche, altre di sua ideazione come la strepitosa Carboca con uova d’oca. La carbonara è il piatto che vanta più imitazioni nella storia della gastronomia recente: secondo il rapporto dell’Accademia Italiana della Cucina è la ricetta più interpretata all’estero, mentre il New York Times cita un articolo di Ian Fisher, «Pasta Carbonara, an Unlikely Stand-In», secondo il quale ci sarebbero ben 400 versioni di carbonara in giro per il mondo. E, sempre più spesso, l’ispirazione per variare la carbonara arriva dal web. Secondo Margherita Mastromauro, presidente dei pastai di Unione Italiana Food, la carbonara è un piatto che ci rappresenta anche fuori dalla tavola: «Ci sono ricette capaci di emozionarci anche fuori dal piatto. La Carbonara è il caso più eclatante e forse oggi possiamo definirla il laboratorio della pasta che intercetta nuovi stili di vita e modalità di consumo, tra rielaborazioni e improvvisazioni dell’ultimo minuto, tra ingredienti nuovi e formati non convenzionali. E va benissimo così. È una sorpresa per noi pastai riscontrare nel consumatore una consapevolezza così alta dei 500 formati di pasta che il mercato mette a disposizione e dell’apertura a quelli meno convenzionali da abbinare alla Carbonara. Questo piatto è sinonimo di libertà e le tante versioni in tutto il mondo di questo piatto ne sono la prova. La pasta ha così successo nel mondo perché è buona e versatile».In effetti, questa ricetta è amatissima in Italia e fuori, ed è anche tra le più cliccate secondo i report di Google, con quasi un milione di ricerche mensili secondo la classifica di BonusFinder. Trionfo di orchestrazione di ingredienti, coi suoi quattro ormai canonici elementi che sono guanciale, uovo, pecorino romano e pepe nero, parliamo quasi sempre del condimento della carbonara, molto meno della pasta. Pasta alla carbonara, dunque: sì, ma quale pasta? Il tema della IX edizione del #CarbonaraDay è stato proprio questo, trasformato anche nell’hashtag che ha infervorato i social, #FormatoCarbonara: spaghetto, rigatone, mezza manica o tonnarello, qual è il formato ideale per la carbonara? La questione non è stata considerata peregrina, anzi, è stata oggetto di una indagine demoscopkca realizzata da AstraRicerche per conto dei pastai di Unione Italiana Food al fine di indagare il rapporto degli italiani con la regina delle ricette tradizionali. Astraricerche ha scoperto che per tutti gli italiani o quasi (93,4%) il formato di pasta è importante per la buona riuscita del piatto e per quasi 1 italiano su 2 (47,2%) è un elemento molto importante. La pasta lunga vince sulla pasta corta 6 a 4. Sono, infatti, 6 italiani su 10 (57,9%) a preferire i formati lunghi, contro il 36,8% che preferisce la pasta corta. Prevale inoltre la pasta rigata rispetto a quella liscia: 61% contro il 32,2%. Non sorprende, quindi, che il formato più votato per la carbonara siano gli spaghetti (scelti dal 59,9% degli italiani e i preferiti in assoluto per il 57,1%). Nel 2024, secondo dati NielsenIQ in Italia ne sono stati consumati oltre 100 milioni di kg. E se tra i formati di pasta corta troviamo due formati «classici» della Carbonara - i rigatoni (scelti dal 24,6% con un 13,9% che lo dichiara formato preferito) e le mezze maniche (19,5% e 10,0%) - a gran sorpresa 2 italiani su 10 (19,9%) votano le penne (formato preferito per il 10,1%, nel 2024 ne sono stati consumati 105,5 milioni di kg). Quindi il podio dei formati preferiti è spaghetti, poi rigatoni, quindi penne. Sebbene la carbonara dia spesso adito alla querelle tra tradizionalisti, che la preparano esclusivamente con guanciale e pecorino, e innovatori che vedono questo piatto in maniera versatile e riscrivibile in numerose varianti con pancetta e grana, vegetariana o, addirittura, di mare, su una cosa sono tutti d’accordo: il formato di pasta ideale per la carbonara è quello che raccoglie meglio il condimento (72,3%), deve anche essere facile da mantecare (26,9%) e da mangiare (21,6%). Quella con la carbonara risulta essere una relazione basata su una dichiarazione d’amore e fedeltà, da gustare quando si mangia fuori, ma soprattutto da preparare e mangiare all’interno delle proprie mura domestiche: più di 1 italiano su 2 (55,3%) la prepara più volte al mese e più di 1 su 5 (21,5%) lo fa una volta al mese. Solo il 4,3% dichiara di non prepararla mai a casa. I Carbonara lovers concordano anche sull’ingrediente re dei 4 della carbocrema: il guanciale è quello considerato essenziale per oltre 6 italiani su 10 (61,1%) e deve essere croccante (43,8%) o almeno leggermente croccante (45,3%). Il motivo di tanta passione verso questa ricetta è legato ad una questione di palato: per 6 italiani su 10, la carbonara piace soprattutto perché è golosa, a cui fa seguito il suo essere un piatto della tradizione (29,1%). Ma c’è anche chi le riconosce un ruolo nel generare buonumore: per 1 italiano su 4 (25,3%) mette allegria per il suo gusto e i suoi colori. Tra le altre ragioni ci sono il suo essere un piatto dai sapori bilanciati (22,7%) e veloce da preparare (20,1%). Le motivazioni per la scelta del formato sono diverse: il 35,9% degli intervistati dichiara di scegliere un determinato formato perché lo ritiene quello che meglio si sposa con la ricetta, in quanto raccoglie meglio il sugo, mentre il 26,6% lo sceglie in base al proprio formato preferito in generale, a prescindere dal condimento; ancora, il formato viene scelto perché è considerato quello tradizionalmente più utilizzato per la carbonara (19,5%) o semplicemente per abitudine (17,8%). Nonostante le preferenze personali in tema di formato di pasta, la maggioranza degli intervistati (84,0%) si dichiara comunque disposta a cucinare la carbonara con un formato di pasta considerato meno tradizionale: 56,9% abbastanza e 27,1% molto. E sempre per via della preferenza dei formati lunghi per la preparazione della carbonara, l’alternativa più votata sono le linguine (26,5%). Seguono sedani (12,6%) e vermicelli (10,4%). Molto diversa la classifica per i 18-29enni che subito dopo le linguine scelgono ravioli, conchiglie e orecchiette. E dal punto di vista nutrizionistico? Più o meno siamo a 560 calorie per una porzione abbastanza abbondante, circa 80 g di carboidrati, 25 g di proteine e 17 g di grassi. I nutrizionisti non bocciano la carbonara, anzi. Certamente non è il caso di mangiare ogni giorno pasta alla carbonara, ma la pasta va mangiata perché abbiamo bisogno dei carboidrati (insieme alle proteine animali e le altre vegetali) per avere una nutrizione completa e, non meno importante, per essere di buonumore: mangiare pasta ci aiuta a produrre serotonina, non a caso chiamato l’ormone del buonumore. Solo pasta non va bene, abbiamo citato le proteine animali e la combinazione di guanciale e uova ce le fornisce insieme a un pochino di grassi (abbiamo bisogno anche di un po’ di quelli, si pensi alle vitamine liposolubili, ossia solubili nei grassi). Anche le proteine dei derivati dal latte ossia i formaggi, in questo caso il pecorino, sono importanti: il formaggio stagionato come il pecorino ha pochissimo lattosio, è facilmente digeribile ed aiuta anch’esso a farci sentire di migliore umore grazie alle esorfine (antidolorifiche e tranquillizzanti). La carbonara si mangia bene anche di sera, magari seguita da un piatto di verdure lesse e condite senza esagerare per non appesantire troppo la digestione. Qualunque formato di pasta preferiate, scolatela al dente: ha un indice glicemico più basso rispetto a quella stracotta.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Parla Gaetano Trivelli, uno dei leader del team Recap, il gruppo che dà la caccia ai trafficanti che cercano di fuggire dalla legge.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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