
Alleate del cuore, puliscono i reni, sono antitumorali e fanno assorbire il ferro. Meglio mangiarle, alternando rosse e bionde. Ecco tutti i segreti.L'uso del termine «arancio» o «arancione» per definire il colore uguale a quello della polpa e della buccia del frutto dell'albero dell'arancio risale a qualche secolo fa. Il Tesoro della lingua italiana delle origini lo registra per la prima volta in documenti pratesi del 1247 nella forma «rancio» come aggettivo che indica «colore tra il rosso e il giallo, come le arance». Anche Dante Alighieri lo usa con lo stesso senso due volte nella Divina commedia (Inferno, canto 23, verso 100 «le cappe rance» e Purgatorio, canto 2, verso 9, «le bianche e le vermiglie guance, / là dov'i' era, de la bella Aurora / per troppa etate divenivan rance»).In molti si chiedono se il frutto si debba chiamare al maschile come l'albero, «arancio» o, al femminile, «arancia». Si tratta di un dilemma plurisecolare. Nella Gramatica ragionata della lingua italiana del 1771 Francesco Soave afferma: «Ma i nomi degli alberi, e dei frutti [...] terminati in -o sono maschili, e significan l'albero, terminati in -a son femminili, ed esprimono il frutto [...] S'eccettuin fico, arancio, cedro, e pomo, che terminan sempre in -o maschile, e significan tanto l'albero, come il frutto». Il passare del tempo, però, ha stabilito che, sebbene il maschile sia tollerato, per indicare il frutto è meglio utilizzare il lemma femminile arancia. Se il paradigma del maschile per l'albero e del femminile per il frutto è tipico della lingua italiana quando descrive piante, l'etimologia del termine di entrambi i generi ci conduce al persiano narang. La parola «arancia» - come anche «arancio» - è un esotismo poi evolutosi con la caduta della «n» iniziale, probabilmente considerata parte dell'articolo: «un *narancio» divenne nel tempo «un arancio» (o «un'arancia») e «una rancia». Per qualcuno c'entra anche il latino aurum (oro) e «arancio» sarebbe quindi il risultato di una crasi, cioè una fusione, tra aurum e *narancio. Il mondo dell'arancio come colore è così vasto che ci consentirebbe di continuare a chiacchierarne quasi da qui all'eternità: «arancione» è anche detto l'appartenente al movimento induista Hare Krishna per il colore, appunto arancio, della veste che indossa. Anche nel buddhismo l'arancione riveste importanza: inserito nella bandiera buddhista come colore che indica la saggezza dell'insegnamento del Buddha, è anche il colore dell'abito, composto di tre parti, del monaco buddista, il trichivara. Che in giapponese si chiama kesa, dal sanscrito kaṣāya che vuol dire, appunto, «ocra» o «arancione». Dedicandoci all'arancio botanico, scopriamo che il nome della classificazione di Linneo dell'albero da frutto è Citrus sinensis: è l'arancio dolce, diverso dall'arancio amaro che si chiama Citrus x aurantium ed è detto anche melàngolo. Appartiene alla famiglia delle Rutacee e probabilmente deriva da un ibrido di antica data tra l'antenato del pompelmo ossia il pomelo (Citrus maxima) e il mandarino (Citrus reticulata), che in fondo altro non pare che un'arancia in miniatura. Essendo però l'arancia successiva al mandarino, dobbiamo dire che è l'arancia a sembrare un mandarino gigante. In italiano antico, il riferimento ad altro frutto è alla mela più che al mandarino, forse anche per le dimensioni: il nome latino malum aureum o malum aurantium, che noi traduciamo in «melarancia», voleva dire «mela di colore dell'oro», «mela dorata» e indicava l'arancia.L'arancio è un albero possente, raggiunge fino a 12 metri di altezza, fornisce circa 500 arance l'anno e riposa per soli tre mesi. Può, quindi, capitare che l'albero fiorisca e fruttifichi nello stesso periodo. Il primo raccolto, infatti, è a novembre (sono le arance del gruppo navel) e l'ultimo a luglio (è la valencia late detta anche «arancia estiva»). L'arancio è l'agrume più diffuso al mondo: soltanto in Italia ha almeno venti varietà per i frutti da mangiare e da spremere, la prima classificazione a livello merceologico e alimentare. La suddivisione ulteriore è quella tra arance a polpa rossa, come moro, tarocco, sanguinello, e quelle a polpa bionda (rifà capolino il color oro) come la ovale o quelle del gruppo navel come washington navel, navelina, thompson, navelate, golden buckey. Con la dizione «gruppo navel» si designano le arance con frutto gemello non sviluppato che rigonfia il lato opposto a quello del picciolo, dando al frutto forma ombelicata (navel, in portoghese, vuol dire «ombelico»).La zona più produttiva di arance in Italia è certamente l'estremo Sud, Sicilia in primis, e la sua fascia costiera più dell'entroterra. Nel complesso siamo gli ottavi produttori al mondo con circa 2 milioni e mezzo di tonnellate di arance prodotte ogni anno. Ci superano l'Egitto (settimo produttore mondiale) e la Spagna (sesto produttore mondiale e primo europeo). Quando comperiamo arance, dunque, facciamo attenzione a prenderle italiane ed evitiamo di regalare denaro al nostro maggiore competitor africano o a quello europeo.Ottenendo circa 90 grammi di succo da un'arancia, per un bicchiere di spremuta ci vogliono due arance mentre per uno abbondante occorre spremerne tre. L'arancia è un frutto che consumiamo prettamente in inverno e dal contenuto calorico molto limitato: appena 47 chilocalorie ogni 100 grammi. È molto acquoso (86,75 grammi) e questo ne fa un frutto idratante - in inverno dobbiamo idratarci come in estate - oltre che quasi privo di grassi (ne ha 0,12 grammi di cui 0,015 grammi saturi, 0,023 grammi monoinsaturi, 0,025 grammi polinsaturi e zero colesterolo). Anche le proteine sono basse (0,94 grammi) - come generalmente per tutta la frutta - mentre sono interessanti le fibre (2,4 grammi), motivo per il quale è meglio mangiare arance intere invece che spremute o almeno facendo confluire anche la polpa nel succo, soprattutto se stiamo seguendo una dieta dimagrante e vogliamo riempire di più lo stomaco con le fibre o abbiamo problemi di stipsi (le fibre sono nella polpa). Abbiamo, infine, sempre in 100 grammi di arance, 11,75 grammi di carboidrati, di cui 9,35 grammi di zuccheri.Uno degli elementi per cui l'arancia va a ruba in inverno è il suo alto contenuto di vitamina C (acido ascorbico): sono ben 53,2 milligrammi per un etto di arance (che corrispondono all'88,7% della razione giornaliera raccomandata (Rda). Ricordiamoci che l'organismo non fa scorta di vitamina C ma espelle quella in eccesso: quindi, esagerare è solo uno spreco oltre che, come vedremo, un azzardo. Basta un'arancia e mezza per il 100% della Rda e per prevenire o velocizzare la cura delle più diffuse patologie da raffreddamento: un'assunzione regolare di un grammo di vitamina C al giorno riduce la durata del raffreddore del 18% nei bambini e dell'8% negli adulti ed è sempre meglio prendere ciò di cui il nostro organismo ha bisogno dal cibo che da integratori in pillole.La vitamina C rinvigorisce l'attività del sistema immunitario perché aiuta l'organismo a combattere virus e batteri. Per questo è considerata un'acquisizione strategica soprattutto quando siamo più soggetti a incontrarne, come durante la stagione fredda.Di un certo impatto, passando all'ambito estetico, è l'effetto antiage della vitamina C: essendo un potentissimo antiossidante, funziona sia per assunzione interna sia esterna o locale. Tanto che sono sempre più diffusi creme e trattamenti per la pelle alla vitamina C. Non sono esagerate le proprietà che si riconoscono a un regolare consumo di arance. Lo dice anche il ministero della Salute: «Un consumo adeguato di frutta e verdura, oltre a mantenere l'equilibrio energetico, apporta anche un rilevante contenuto di vitamine, minerali; l'arancia, il pomodoro e il kiwi, per esempio, sono ricchi di vitamina C, la carota e l'albicocca di pro vitamina A, gli ortaggi a foglia verde e alcuni legumi di acido folico; anche i cereali contengono vitamine importanti per il nostro organismo quali la tiamina e la niacina. Gli effetti benefici del consumo di frutta, verdura e legumi dipendono anche dal fatto che alcuni loro componenti svolgono un'azione protettiva, prevalentemente di tipo antiossidante, contrastando così l'azione di radicali liberi, coinvolti in processi di invecchiamento e in reazioni che sono all'origine di diverse forme tumorali».Per quanto di molto inferiori rispetto alla vitamina C, le arance contengono anche vitamina A e vitamine del gruppo B. In particolare, la vitamina B1 e i bioflavonoidi di cui le arance sono ricche - esperidina soprattutto - aiutano la ricostituzione del tessuto connettivo, rafforzano denti e ossa, rinvigoriscono le pareti dei vasi sanguigni, migliorando così il flusso del sangue e presentando non soltanto un effetto drenante ma anche di delicata prevenzione delle patologie cardiovascolari. Anche il licopene - presente soprattutto nelle arance a polpa arancione - aiuta la salute cardiovascolare, ha un effetto antinfiammatorio ed è considerato, come la vitamina C, un preventivo tumorale.Non molti sanno, poi, che la vitamina C aiuta l'assorbimento del ferro (ecco spiegato il motivo della saggezza popolare di tante ricette che prevedono l'accostamento tra carni e arance o limoni). Le arance rosse sono così colorate per via degli antociani, pigmenti idrosolubili sempre del gruppo dei flavonoidi, che potenziano gli effetti dei carotenoidi: per questa ragione, è utile alternare arance rosse e arance bionde. Un'altra proprietà poco conosciuta delle arance riguarda i calcoli renali. Grazie all'acido citrico e ai citrati, le arance prevengono la formazione dei calcoli renali «ripulendo» man mano i reni dai residui che altrimenti andrebbero a costituire i calcoli. Importanti sono anche i folati (30 microgrammi, cioè il 15 % della dose quotidiana consigliata), che aiutano la funzionalità intestinale, contrastano lo stress e sono importantissimi per le donne in gravidanza.Un piccolo appunto per i fumatori: fumare azzera la vitamina C perché ogni sigaretta ne elimina ben 20 milligrammi: quindi, bastano quattro o cinque sigarette al giorno per vanificare quel grammo di vitamina C recuperato mangiando o spremendo due arance. Ma invece di aumentare la vitamina C o le arance ingerite, sarebbe più saggio non fumare. Con le arance, del resto, non si deve esagerare. La regola della moderazione vale per tutto e, in particolare, per le arance perché, per via della loro acidità, se consumate in eccesso possono procurare succhi gastrici fino alla gastrite. Attenzione, dunque, soprattutto se si soffre già anche solo di reflusso gastroesofageo: mai mangiare agrumi di sera e mai esagerare perché l'arancia, già normalmente impegnativa da digerire, lo è ancora di più per chi soffre di questa patologia (e di gastrite).
Imagoeconomica
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(Guardia di Finanza)
Sequestrate dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri oltre 250 tonnellate di tabacchi e 538 milioni di pezzi contraffatti.
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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