2025-06-19
Bivio Italia: che fare se Trump chiede le basi?
Giorgia Meloni (Getty Images)
La Meloni resta prudente sulle conseguenze di una partecipazione diretta degli Stati Uniti al conflitto : «Vedremo quando e se succederà». Il premier soddisfatto per la dichiarazione finale su Gaza. E su Putin mediatore: «Non mi pare il caso».Von der Leyen: «Ci inondano dei loro prodotti». Bruxelles pronta a multare Aliexpress.Lo speciale contiene due articoli.Al termine del G7 la stanchezza di Giorgia Meloni appare evidente. Il momento è delicato e non solo per il nostro presidente del Consiglio. Per questo si tiene prudente quando risponde alla domanda più delicata che le viene posta nel punto stampa di fine vertice. «Prestare le basi italiane agli americani se gli Stati Uniti saranno coinvolti nella guerra contro l’Iran? Questa non è una risposta che posso dare adesso, qualora dovesse esserci questo scenario ovviamente convocheremo le persone che dobbiamo convocare e prenderemo le nostre decisioni, non è una decisione che si prende così». Meloni è prudente, perché con il presidente Donald Trump ancora non se ne è discusso. Non è un no, ma neanche un sì preso senza i dovuti confronti e soprattutto non è un sì dato senza che fosse chiesto nulla. D’altronde è lo stesso Wall Street Journal a chiarire che Trump ancora non ha deciso come e se muoversi veramente. Si attendono le mosse di Donald Trump, la premier lo sa. Ne ha parlato con il presidente degli Usa anche nel colloquio su una panchina di legno a Kananaskis.Il premier è arrivata in Canada confidando che si potesse tornare sul piano della trattativa del disarmo nucleare con Teheran. In poche ore, però, la situazione è precipitata ed è lei stessa ad ammettere, nel commentare le parole di Friedrich Merz quando diceva che Israele difende tutti noi e che la Germania sta pensando all’intervento, «tutti quanti andiamo nella direzione della de-escalation, penso che il cancelliere tedesco intendesse che noi sappiamo che oggi c’è una minaccia e che questa minaccia va disinnescata. Siamo tutti d’accordo che andrebbe fatto con il dialogo, ma la via della negoziazione è stata tentata e non ha portato ai risultati sperati». Resta però convinta che sia «possibile uno scenario diverso, in cui si arriva a negoziazioni». E sottolineando che è «il momento giusto, spingendo adeguatamente, per arrivare a un cessate il fuoco a Gaza», un riferimento entrato nella dichiarazione finale come ha rivendicato con soddisfazione. L’obiettivo «condiviso» al G7 è «evitare» che Teheran «diventi una potenza nucleare», ha chiarito, altrimenti rappresenterebbe «una minaccia non solo per Israele ma per tutti noi»: lo scenario ideale sarebbe un rovesciamento del regime da parte del «popolo oppresso», ma «si deve fare il pane con la farina che si ha», il commento al monito del presidente francese contro un cambio con la forza. A proposito di Emmanuel Macron, quando le chiedono che cosa le avesse detto per indurla a quelle smorfie, giura «di non ricordare» le parole pronunciate in quel preciso momento.Circa la possibilità di un Vladimir Putin mediatore, ha chiarito: «Affidare a una nazione in guerra la mediazione su un’altra guerra, non mi sembra l’opzione migliore. Ma non è un’opzione sul campo, anche dalle parole che ho ascoltato in questi giorni. Dopodiché se riesce a convincere gli ayatollah ad abbandonare il programma nucleare, noi ovviamente siamo disponibili». Per Roma, Mosca rimane il principale ostacolo alla pace per l’Ucraina. «Ogni volta che si cerca di fare qualche passo in avanti la Russia provoca con attacchi sulla popolazione civile». Smentisce poi le ricostruzioni che raccontavano di un Trump contrario alla firma di un documento condiviso sull’Ucraina, spiegando che non era prevista alcuna dichiarazione. C’è stato invece un «accordo sui punti principali» della crisi ucraina: il «sostegno agli sforzi del presidente degli Stati Uniti per una pace giusta e duratura», ha spiegato Meloni, secondo cui il sostegno a Kiev va accompagnato con la pressione su Mosca, «particolarmente con le sanzioni». Il G7 nasceva con l’idea di discutere soprattutto di dazi e di commercio. Meloni ritiene che «alla fine una soluzione si troverà» e rivendica la mediazione italiana per la costruzione di un dialogo «costante, franco ma sicuramente sereno e aperto». Nel Chair’s summary, il resoconto finale redatto dalla presidenza canadese per sintetizzare gli esiti del summit, si legge: «I leader del G7 si sono concentrati sugli sviluppi economici. In un contesto di crescente volatilità dei mercati e di choc al commercio internazionale, nonché di tendenze a lungo termine verso la frammentazione e gli squilibri globali, hanno discusso della necessità di una maggiore stabilità economica e finanziaria, dell’innovazione tecnologica e di un regime commerciale aperto e prevedibile per promuovere gli investimenti e la crescita». Inoltre: «I leader si sono impegnati a salvaguardare le loro economie da politiche e pratiche sleali non di mercato che distorcono i mercati e spingono alla sovraccapacità in modi dannosi per i lavoratori e le imprese. Ciò include la riduzione del rischio attraverso la diversificazione e la riduzione delle dipendenze critiche».Il presidente del Consiglio al termine del punto stampa manifesta soddisfazione anche lato immigrazione irregolare: «L’Italia è stata la prima a porre il tema al G7, e tutti riconoscono la nostra leadership, data anche dai risultati». Inoltre, ha raccontato, «sono contenta dell’interesse che gli altri, quando si parlava di economia, hanno manifestato sulle performance che l’Italia sta registrando».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/bivio-italia-che-fare-2672396659.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ursula-prova-a-ingraziarsi-trump-e-ora-bacchetta-il-modello-cinese" data-post-id="2672396659" data-published-at="1750272727" data-use-pagination="False"> Ursula prova a ingraziarsi Trump e ora bacchetta il modello cinese Questa volta Ursula von der Leyen non ha usato mezzi termini per criticare la politica commerciale cinese. Nel pieno della trattativa con gli Stati Uniti sui dazi, il presidente della Commissione europea, dal palco del G7, è partita lancia in resta contro Pechino, adottando parole molto dure sull’uso delle terre rare «come arma per indebolire i concorrenti», sulle esportazioni sussidiate e sul dumping commerciale. Un linguaggio che strizza l’occhio all’agenda di Donald Trump. La trattativa sui dazi tra gli Stati Uniti e Bruxelles ha come pilastro proprio lo sbarramento dell’Europa ai prodotti cinesi. È questo che chiede Washington. Tutto il resto, ovvero le percentuali delle tariffe doganali, sono un corollario. A sentire le parole pronunciate al G7, sembra che von der Leyen abbia recepito la richiesta di Trump. Il negoziato sui dazi pare aver imboccato una via d’uscita e la posizione della presidente della Commissione potrebbe facilitare l’esito positivo. Le scadenze del negoziato sulle tariffe doganali si avvicinano: il 9 luglio per quelle statunitensi e a fine luglio il vertice Ue-Cina. Solo all’inizio di quest’anno, il presidente della Commissione aveva promesso un «approfondimento» dei legami commerciali e di investimento con Pechino. Ora c’è proprio un cambio di passo. «Con il rallentamento dell’economia cinese», ha spiegato von der Leyen, «Pechino inonda i mercati globali di eccedenze sovvenzionate che il suo mercato interno non riesce ad assorbire». Poi ha messo sotto tiro la posizione quasi monopolistica di Pechino nel mercato delle terre rare: «Oggi la Cina domina il mercato globale dei magneti permanenti in terre rare. Sta usando questo quasi-monopolio non solo come strumento di contrattazione, ma come arma per indebolire i concorrenti». Ai Paesi del G7 ha indicato tre priorità: rafforzare la resilienza delle catene di approvvigionamento, evitare dipendenze strategiche e rispondere insieme alle pratiche di non-mercato, «spingendo la Cina a farsi carico delle conseguenze del suo modello di crescita guidato dallo Stato».«Dichiarazioni piene di pregiudizi», «si ignorano i fatti» ha reagito Pechino mediante il portavoce del ministero degli Esteri, Guo Jiakun, il quale ha accusato di costruire scuse per «attuare misure protezionistiche». Guo ha osservato che «la cosiddetta narrativa sulla sovracapacità produttiva è essenzialmente dovuta alle preoccupazioni dei Paesi interessati circa la loro competitività e quota di mercato, e la usano come scusa per attuare misure protezionistiche. Ciò che è veramente eccessivo è l’ansia». Pechino, ha aggiunto il portavoce, «rimane impegnata in un’apertura e continuerà a fornire alle imprese europee un ampio accesso al mercato e a gestire in modo adeguato le divergenze commerciali». Tuttavia, la Cina «esprime ferma opposizione a qualsiasi tentativo di minare il suo diritto allo sviluppo o di sacrificare i suoi interessi».Si è fatta sentire anche la Camera di commercio cinese presso l’Ue, che rappresenta più di 1.000 aziende, dicendo che il discorso di von der Leyen «serve solo a dividere l’economia globale» ed è un modo per «distogliere l’attenzione» dal malessere economico dell’Ue. Jens Eskelund, presidente della Camera cinese, parlando con Euractive ha detto che l’organismo ha informato il governo cinese dell’intenzione dei Paesi «ad agire per proteggere i propri interessi economici se la Cina non affronta la questione del suo crescente surplus commerciale con molti dei suoi principali partner commerciali». La Camera cinese ha minimizzato la possibilità di dazi congiunti Ue-Usa sulla Cina. La Commissione europea ha anche aperto la strada a una pesante multa contro il gigante cinese del commercio online, Aliexpress, ritenendo, «a titolo preliminare», che nonostante i progressi compiuti, non gestisce in modo adeguato i rischi legati alla vendita di prodotti illegali. L’esecutivo di Bruxelles, infatti, ritiene che «abbia violato il suo obbligo di valutare e mitigare i rischi legati alla diffusione di prodotti illegali» come contraffazioni o articoli non conformi alle norme di sicurezza europee.
George Soros e Howard Rubin (Getty Images)
Nel riquadro, Angelo Dellupi (IStock)