2025-09-28
Seviziate decine di donne. In manette l’ex gestore del fondo di George Soros
George Soros e Howard Rubin (Getty Images)
Il finanziere Howard Rubin è accusato di traffico sessuale. Le vittime, adescate insieme alla sua assistente, sono state sottoposte a pratiche sadomaso estreme.Inizia a stringersi il cerchio attorno al network di George Soros? Venerdì, gli agenti federali hanno arrestato un finanziere a lui legato, Howard Rubin, con l’accusa di traffico sessuale: in particolare, avrebbe adescato in passato decine di donne, che, nell’ambito di pratiche sadomaso estreme, avrebbe picchiato e sottoposto a scariche elettriche sui genitali contro la loro volontà. A essere accusata è stata anche l’assistente personale di Rubin, Jennifer Powers: entrambi rischiano fino a 15 anni di carcere. Tutto questo, mentre gli atti criminosi sarebbero stati perpetrati tra il 2009 e il 2019.Stando agli inquirenti, alle vittime venivano spesso somministrate droghe e Valium, affinché rimanessero stordite durante gli incontri sessuali: vittime che gli imputati avrebbero a loro volta deriso in vari scambi di messaggi. «Non mi interessa se lei urla», avrebbe scritto Rubin in uno di questi messaggi, accompagnando il testo con una faccina che ride. «Gli imputati hanno utilizzato la ricchezza di Rubin per ingannare e reclutare donne con lo scopo di compiere atti sessuali a pagamento, durante i quali Rubin ha poi torturato le donne senza il loro consenso, causando loro dolore fisico e/o psicologico duraturo, in alcuni casi lesioni fisiche», ha dichiarato il procuratore federale,Joseph Nocella. Va senza dubbio detto che Soros non risulta direttamente implicato nelle accuse a Rubin. Va però altrettanto sottolineato come, secondo il New York Post, lo stesso Rubin, che si è dichiarato non colpevole, sia stato portfolio manager presso la Soros fund management tra il 2008 e il 2015.Non è al momento chiaro se l’arresto di venerdì sia collegato allo scontro in atto tra Donald Trump e Soros. Quel che è certo è che il presidente americano punta a una resa dei conti con il suo arcinemico. «George Soros e il suo meraviglioso figlio di sinistra radicale dovrebbero essere accusati ai sensi del Rico Act per il loro sostegno alle proteste violente e a molto altro, in tutti gli Stati Uniti d’America», dichiarò a fine agosto su Truth il presidente americano, riferendosi alla legge finalizzata a contrastare il racket. Non solo. Giovedì scorso, il New York Times ha riportato che la viceprocuratrice generale degli Stati Uniti, Todd Blanche, avrebbe inviato una direttiva a vari procuratori federali, affinché inizino a prendere in considerazione la formulazione di varie accuse alla Open Society foundation: accuse che andrebbero dalla frode al racket, passando per il sostegno al terrorismo. In particolare, la direttiva citava un rapporto della no profit conservatrice Capital Research Center, secondo cui il network di Soros avrebbe speso 80 milioni di dollari per finanziare «gruppi legati al terrorismo o alla violenza estremista».«Le prove sono schiaccianti: la Open Society ha inviato milioni di dollari a organizzazioni con sede negli Stati Uniti che si impegnano in “azioni dirette” che l’Fbi definisce terrorismo interno», si legge nella presentazione del rapporto, che prosegue: «Tra questi gruppi figurano il Center for Third World organizing e il suo partner militante Ruckus society, che hanno addestrato attivisti alla distruzione di proprietà e al sabotaggio durante le rivolte del 2020, e il Sunrise movement, che ha sostenuto la campagna Stop cop city, legata agli Antifa, in cui gli attivisti devono attualmente affrontare oltre 40 accuse di terrorismo interno e 60 incriminazioni per racket». «Open society ha convogliato oltre 2,3 milioni di dollari ad Al-Haq, un’organizzazione non governativa (Ong) con sede in Cisgiordania e a lungo accusata di legami con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), che l’Unione Europea e gli Stati Uniti designano come organizzazione terroristica straniera», recita ancora la presentazione del rapporto, secondo cui il network del finanziere avrebbe anche «versato 18 milioni di dollari al Movement for Black Lives». «Queste accuse sono attacchi politicamente motivati alla società civile, volti a mettere a tacere le opinioni con cui l’amministrazione non è d’accordo e a minare il diritto alla libertà di parola sancito dal Primo emendamento», ha replicato, dal canto suo, la Open Society foundation, commentando la mossa del dipartimento di Giustizia.Il braccio di ferro tra Trump e Soros sta, insomma, aumentando d’intensità. Come abbiamo visto, il presidente americano ritiene che dietro le proteste del mondo progressista e, in particolare, degli Antifa ci sia lo zampino del finanziere. È quindi anche in questo senso che, lunedì scorso, l’inquilino della Casa Bianca ha firmato un decreto con cui ha formalmente designato proprio gli Antifa come «organizzazione terroristica interna», ordinando delle «azioni investigative e penali» su chi finanzia le loro «operazioni». Più in generale, l’inimicizia politica tra Trump e Soros non è una novità: quest’ultimo ha infatti sostenuto tutti gli avversari elettorali dell’attuale presidente americano. Ha versato milioni di dollari a favore di Hillary Clinton nel 2016 e di Joe Biden nel 2020: quello stesso Biden che, a gennaio scorso, ha insignito il finanziere liberal della Medaglia presidenziale della libertà. L’anno scorso,Soros si schierò inoltre a sostegno di Kamala Harris. Senza poi trascurare che, negli ultimi dieci anni, ha anche spesso finanziato le campagne elettorali di procuratori distrettuali progressisti. Trump vede, insomma, nel network di Soros un architrave di quella egemonia politico-culturale liberal che punta a smantellare.
Nel riquadro, Angelo Dellupi (IStock)
Un momento della manifestazione pro pal di Torino (Ansa)