2025-09-28
«Una toga mi nega il tesoro che ho nel caveau»
Nel riquadro, Angelo Dellupi (IStock)
Dopo anni di dissolutezze, Angelo Dellupi si rimette in carreggiata: smette di bere, lascia i cattivi amici ed esce dalla depressione. Un parente è nominato amministratore di sostegno: «Oggi non posso usare le mie ricchezze. E il giudice non mi ascolta nemmeno».Assomiglia a un racconto di Franz Kafka la storia di Angelo Dellupi, classe 1966, erede milionario di una famiglia nobile della provincia di Novara. Artista e sportivo nell’età giovanile, intorno ai 40 anni si lascia andare a un periodo di «vita dissoluta» fino a quando, nel 2012, per una serie di eccessi, finisce ricoverato. Rimane in clinica 11 mesi, dopo la morte dei genitori, e quando ne esce tutto è cambiato: uno dei suoi parenti è stato nominato amministratore di sostegno e nulla di quanto era suo, ora, gli appartiene davvero. Conti correnti, ville, automobili di lusso, opere d’arte: non può più disporne. La firma su ogni spesa, ogni decisione finanziaria è quella del suo amministratore, mentre a lui spetta solo un vitalizio mensile per le strette necessità.Dopo una prima reazione rabbiosa, Angelo si impegna per stare meglio: smette di bere e di frequentare cattive compagnie, esce dalla depressione che lo aveva portato al limite, insomma guarisce e spera di poter tornare presto alla normalità. Invece la situazione non cambia. Da quel lontano 2012, Angelo rimane «prigioniero di una burocrazia che sembra aver ha inchiodato la sua vita a quel momento sbagliato», racconta. Se protesta o cerca di dimostrare di essere guarito, viene ignorato e ora che vorrebbe far valere i suoi diritti con l’aiuto di un avvocato la sua condizione di «amministrato» non glielo permette.Intanto il suo patrimonio «è evaporato», sostiene lui, e anche quello che ne resta, una collezione privata preziosi quadri chiusi in un caveau, gli viene, di fatto, precluso. «Quando sono finito in ospedale e i miei genitori sono venuti a mancare, mi hanno lasciato quasi sei milioni di euro tra beni, titoli e depositi bancari mentre ad oggi non mi è rimasto che qualche spicciolo. Non so come sia accaduto perché da 13 anni non ho accesso al mio conto corrente. Quello che so è che di tutte le spese dichiarate a me non è arrivato quasi nulla», racconta. «Denunciare? Non ci sono ancora riuscito perché, quando sei un “amministrato”, nessuno ti ascolta e non hai più gli stessi diritti di una persona libera. Io ora sto bene: non bevo più, non frequento persone sbagliate non assumo più nemmeno farmaci per l’umore, ho una fidanzata con cui convivo da tempo e una vita regolare. Eppure non riesco a farmi togliere l’amministratore di sostegno. Il giudice non mi ascolta, non riceve il mio avvocato. È un labirinto che sembra senza via di uscita», spiega ancora Angelo. «Negli ultimi mesi, per cercare di capire se esiste ancora qualcosa del mio patrimonio, ho chiesto di aprire il caveau di famiglia che dovrebbe contenere diverse opere d’arte di mia proprietà. Ovviamente voglio farlo alla presenza del mio avvocato per essere sicuro che ci sia qualcuno a tutelarmi, ma il giudice non mi riconosce questo diritto e mi ha negato di portare altre persone all’apertura».A confermare la situazione paradossale è l’avvocato di Angelo, Francesco Lauri, presidente dell’Osservatorio sanità con sedi a Milano, Roma e Palermo: «Faccio questo mestiere da 25 anni e non mi sono mai trovato in una situazione simile, mai ho visto ignorate le mie richieste e quelle di un mio assistito tanto a lungo», spiega, «il signor Dellupi si è rivolto a me per tentare di uscire dalla condizione di “persona amministrata” che, a oggi, non ha ragione d’essere. È seguito da circa undici anni da uno psichiatra di fama, il quale ha costantemente monitorato il suo percorso di recupero e già da tempo ha attestato la sua piena autonomia e capacità. Nonostante questo e nonostante le sue reiterate richieste, difficile se non impossibile è risultato il confronto con chi dovrebbe tutelare il suo benessere psicofisico». Solo nel 2024, infatti, dopo ben 12 anni dall’episodio iniziale, il giudice tutelare ha concesso ad Angelo una consulenza tecnica d’ufficio (Ctu) per accertarne le condizioni psico-fisiche. «A distanza di quasi un anno, però, la consulenza non è ancora stata completata ed è stato tutto un susseguirsi di ritardi, rinvii e silenzi», chiarisce l’avvocato Lauri .«L’articolo 413 del Codice civile stabilisce che la misura dell’amministrazione di sostegno debba essere revocata quando ne vengono meno i presupposti altrimenti diventa non solo superflua, ma addirittura dannosa e ingiustificatamente limitativa della libertà personale. Eppure», prosegue l’avvocato Lauri, «fino a oggi tutte le istanze da me depositate sono state rigettate o sono rimaste inevase comprese le più importanti: l’autorizzazione ad agire legalmente nei confronti del primo amministratore, in carica fino al 2022, per presunti ammanchi segnalati dal mio assistito e la richiesta del signor Angelo di essere ascoltato personalmente dal giudice. Inevasa, infine, è rimasta anche la più recente istanza l’ultima, con la quale chiedevo di poter presenziare all’apertura del caveau del mio cliente, che dovrà avvenire con l’intervento di un fabbro visto che lo stesso amministratore, oggetto dei sospetti del signor Angelo, ha sostenuto, durante un primo tentativo di apertura andato a vuoto, di aver dimenticato il codice di apertura della cassaforte».
George Soros e Howard Rubin (Getty Images)
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