2019-11-28
Bergoglio, real politik con Pechino.«Hong Kong? Tutti hanno problemi»
Il Papa, di ritorno dalla visita in Giappone, pur di non compromettere l'amicizia e il discusso accordo con la Cina («Vorrei andarci, io la amo») degrada il caso dell'ex colonia britannica a protesta da strada.La questione di Hong Kong, con la dura battaglia tra i gerarchi cinesi e i manifestanti, compreso il recente successo elettorale dei candidati che appoggiano il movimento popolare di protesta, per il Papa è una delle tante crisi nel mondo da «relativizzare e chiamare al dialogo». C'era chi si aspettava qualcosa in più dal Papa, visto anche il telegramma spedito dai cieli alla governatrice della città Stato, Carrie Lam, durante il volo di andata del recente viaggio apostolico che ha portato Francesco in Thailandia e Giappone. Ma durante la conferenza stampa sull'aereo di ritorno verso Roma, il Papa ha buttato acqua sul fuoco, spiegando che i telegrammi inviati ai vari capi di Stato mentre sorvola un certo Paese hanno «un valore di cortesia», sono una cosa «meccanica che tutti gli aerei fanno quando tecnicamente entrano» in uno spazio aereo. Un «modo cortese per chiedere permesso».La domanda che gli era stata posta dal giornalista Roland Juchem chiedeva a Francesco cosa pensasse delle proteste a Hong Kong e il Papa, dopo aver sottolineato che i telegrammi sono più o meno come le vecchie cartoline con scritto «tanti saluti», ha continuato sulla via maestra del «relativizzare». «Se ci pensiamo, poi», ha detto Francesco, «non è soltanto Hong Kong. Pensi al Cile, pensi alla Francia, la democratica Francia: un anno di gilet gialli. Pensi al Nicaragua, pensi ad altri Paesi latinoamericani che hanno problemi del genere e anche a qualche Paese europeo». Ecco così messi in un unico pentolone i gilet gialli e le proteste a Honk Kong, il Cile e il Nicaragua, per un minestrone sciapo confezionato in alta quota. In tutto questo, ha concluso Francesco, «conviene relativizzare le cose e chiamare al dialogo, alla pace, perché si risolvano i problemi. E infine: mi piacerebbe andare a Pechino, io amo la Cina».In coda forse c'è la chiave di lettura di questa risposta: pur di non compromettere l'amicizia con Pechino si può anche sorvolare sulle richieste del popolo di Hong Kong, peraltro ratificate dalle elezioni distrettuali di qualche giorno fa. Ma dopo lo storico e discusso accordo tra Cina e Vaticano per la nomina dei vescovi firmato nel settembre 2018, è stata aperta una stagione di real politik con Pechino, disposta a passare sopra a una situazione oggettivamente imbarazzante sul piano della libertà religiosa. Si parla di convenienza pastorale, ma il processo di «sinicizzazione» a cui viene sottoposta la fede cattolica dal governo cinese non assomiglia per nulla a una forma di inculturazione, ma assume le sembianze di un vero e proprio controllo. Per dare un esempio, secondo una notizia riportata dal portale web Bitter winter, che si occupa di libertà religiosa e diritti umani in Cina, in settembre una chiesa cattolica nella città di Ji'an ha visto oscurarsi l'insegna sostituita da un sobrio cartello con scritto «Segui il Partito, obbedisci al Partito e sii grato al Partito».L'altro grande tema affrontato in alta quota dal Papa è stato quello delle turbolenti vicende finanziarie vaticane, culminate con le perquisizioni del 1° ottobre scorso negli uffici della segreteria di Stato e dell'Aif nell'orizzonte di operazioni poco chiare riguardanti alcune proprietà immobiliari a Londra. A questo terremoto sono seguite scosse di assestamento con le dimissioni più o meno volontarie dell'ormai ex capo della gendarmeria vaticana Domenico Giani e dell'ex direttore dell'Aif Rene Bruelhart. E ieri è stato annunciato il nome del nuovo presidente Aif nella persona di Carmelo Barbagallo, già alto funzionario della Banca d'Italia con incarico di vigilanza. Le risposte del Papa sull'aereo però sollevano alcune domande. Dopo aver sottolineato che nel caso di questo scandalo finanziario «la pentola viene scoperchiata da dentro, non da fuori», Francesco ha rivelato che il facente funzioni di revisore dei conti andò nel suo ufficio per dirgli che «qui c'è una cosa brutta, qui c'è qualcosa che non funziona». Quindi, sempre secondo la risposta del Papa sull'aereo, è stato lo stesso Francesco a dire al revisore di andare a fare «denuncia al Promotore di Giustizia», il quale, dopo aver istruito il caso, ha chiesto ancora una volta al Papa di poter procedere con le perquisizioni. «E io», ha detto Francesco, «ho firmato l'autorizzazione».Quindi l'ex comandante Giani ha compiuto la perquisizione con l'autorizzazione del Papa, poi, si dice, è stato fatto dimettere in fretta e furia con la motivazione di aver fatto circolare con troppa superficialità il documento con i nomi e i volti dei cinque dipendenti sospesi e indagati. Un'altra curiosa situazione emerge dal fatto che nelle risposte sull'aereo Francesco lascia intendere che per i cinque sotto indagine vale sì la «presunzione di innocenza», ma nello stesso tempo afferma che nella faccenda «c'è corruzione, si vede». Sarà l'alta quota, o forse, come scrive La Civiltà cattolica nel numero di novembre, «Francesco ha capito che concedere interviste è un modo per “uscire" verso la periferia del linguaggio: quando fa un'intervista, il suo discorso è “incompleto"».
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)