2023-12-31
Ratzinger frenava la deriva a sinistra. Ora Bergoglio irrita pure la «claque»
Papa Francesco (Getty Images)
La morte del teologo tedesco ha spinto i progressisti ad accelerare le riforme. Ma con le benedizioni alle coppie gay si son spinti troppo in là: Francesco riceve critiche dal clero delle «periferie» e persino dalla stampa amica. Lo storico Roberto De Mattei : «Il voto dei cardinali nominati dal Papa non è più scontato. L’Africa gli ha ritorto contro la sinodalità». Lo speciale contiene due articoli.Per la Chiesa, questo è stato un annus horribilis. La morte di Benedetto XVI, il 31 dicembre 2022, ha scoperchiato un vaso di pandora, spingendo i progressisti a imprimere un’accelerazione all’agenda caldeggiata dal Papa regnante, ormai liberato da un «doppio» ingombrante. Ma il 2023 non si sta concludendo con il trionfo dei riformisti, il soggiogamento dei bigotti e il plauso entusiasta dei fedeli. Anzi: persino la stampa chic, abituata a incensare Jorge Mario Bergoglio, dopo l’azzardo della Fiducia Supplicans, paradossalmente inizia a voltargli le spalle. Forse Benedetto XVI era davvero quel «potere frenante» che rallenta il dilagare del caos. Non solo mentre era sul soglio e distillava antidoti al relativismo e al nichilismo, alcuni dei quali raccolti nella pagina accanto, pescati tra le omelie per i Te Deum pronunciate durante il Pontificato. Anche mentre appariva fragile, esile, emarginato, o addirittura un sorvegliato speciale, l’emerito aveva conservato la lucidità del pensiero e la capacità di bilanciare silenzi e parole. In questo modo, ogni intervento in difesa del magistero risuonava per peso e autorevolezza.Alla sua dipartita, in parecchi hanno pensato a un tappo che saltava. Da quel momento, le fratture nello scafo della «barca di Pietro» si sono allargate. Vi ha contribuito, invero, l’amarezza di chi aveva amato Joseph Ratzinger, come il suo segretario personale, padre Georg Gänswein: a pochi giorni dalla scomparsa del teologo tedesco, egli diede alle stampe un memoriale che aveva il sapore di una resa dei conti con Jorge Mario Bergoglio. Intanto, i progressisti si preparavano a una lunga serie di sbandate a sinistra: la sbrigativa risposta ai dubia sulla comunione ai divorziati risposati; l’uscita della Laudate Deum, l’esortazione apostolica ecologista; l’investimento retorico di Francesco nella fallimentare Cop28; il semaforo verde per i transgender padrini e madrine di battesimo; la decisione di togliere al cardinale Raymond Leo Burke casa e stipendio, alla faccia degli inviti ai prelati a esprimersi in libertà. L’ultimo atto del conflitto vaticano - la Dichiarazione dell’ex Sant’Uffizio che autorizza la benedizione delle coppie irregolari e omosessuali - ha però irritato i altresì rappresentanti del clero vicini, o per lo meno non ostili, al Pontefice. E allora, il temuto se non stuzzicato scisma dei conservatori sta diventando meno probabile: l’episcopato delle «periferie», elette da Bergoglio a luogo evangelico privilegiato, si è compattato sulle istanze della tradizione. I pastori attenti al loro gregge e intellettualmente onesti non possono digerire la bizzarra logica del prefetto della Fede, il quale stravolge la forma garantendo che la sostanza rimarrà intatta.Il Papa fa pieno affidamento sul cardinale Víctor Manuel Fernández, che ha messo al vertice del Dicastero. Tant’è che ha firmato il testo da lui vergato senza nemmeno leggerlo. Ma stavolta, Tucho si è spinto troppo in là. Sia per il modus operandi, visto che ha esautorato la Feria Quarta dalla stesura di Fiducia Supplicans; sia per la rivoluzione che il porporato ha tentato di innescare, contraddicendo senza cautele il Responsum di due anni fa, licenziato dal suo predecessore, tramite un espediente zoppicante. Giurare, cioè, che l’alterazione della prassi non pregiudica l’insegnamento plurisecolare della Chiesa.È un cortocircuito che ieri ha colto, in un severo editoriale sulla Stampa, Marcello Sorgi, abbandonano l’abituale penna felpata. Il giornalista ha virgolettato le perplessità di un anonimo porporato sulla questione delle benedizioni: «Se si tratta semplicemente dei gay, questo era già consentito e non si vede la novità. Ma se parliamo delle coppie gay, occorrerebbe spiegare come si fa a benedire persone che per la dottrina si rendono responsabili di un peccato mortale come la sodomia. E poi, qual è la liturgia? E se non c’è liturgia, che benedizione è?». Sorgi ha sollevato inoltre un tema politico: «Non c’è bisogno della chiarezza dottrinaria di Benedetto […] per capire che la benedizione agli omosessuali introdotta nella stagione delle purghe e dei processi per i responsabili di abusi all’interno della Chiesa può favorire qualche contraddizione». Insomma, è diventato difficile credere a misericordia e sinodalità, giacché il potere viene accentrato ed esercitato in modo arbitrario, talora vendicativo. Per il Pontefice, convinto che a criticarlo sia solo «la stampa di estrema destra», le due pagine del quotidiano torinese dedicate a Ratzinger e niente affatto benevole nei confronti dell’argentino, dovrebbero rappresentare un segnale allarmante. I giornali progressisti, che lo celebravano da un decennio per le coraggiose «aperture» (ai migranti, alle donne, agli omosessuali, ai trans...), stanno mugugnando. E non per la timidezza delle riforme, per l’inconcludenza dei discorsi di rottura che stentano a tradursi in atti di governo. Alla sbarra c’è un’audacia disordinata che rischia di rivelarsi controproducente.Non sarà sfuggito un dettaglio agli osservatori acuti: La Stampa, che ha ospitato l’intemerata di Sorgi, è il quotidiano da cui proviene Andrea Tornielli, adesso direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione. Per la serie: dagli amici mi guardi Dio, ché dai nemici mi guardo io. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/bergoglio-irrita-pure-la-claque-2666839789.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-malcontento-ormai-e-trasversale-e-riapre-i-giochi-per-il-conclave" data-post-id="2666839789" data-published-at="1704044449" data-use-pagination="False"> «Il malcontento ormai è trasversale e riapre i giochi per il conclave» La Dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede, Fiducia supplicans, che apre alla benedizione delle coppie irregolari, incluse quelle omosessuali, ha suscitato fra il clero reazioni che oltrepassano la dicotomia conservatori-progressisti: a criticare il documento, giudicandolo confuso, nocivo e contrario alla dottrina e annunciando che non lo applicheranno, sono infatti stati molti vescovi e cardinali - in gran parte africani, ma anche d’Oriente e del Sudamerica - che mai avevano espresso apertamente perplessità verso l’operato del Papa. Allo storico Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto e direttore della rivista Radici Cristiane, abbiamo chiesto come leggere questa levata di scudi che viene da quelle «periferie» così care a Francesco.«La protesta contro Fiducia supplicans è qualcosa di inedito nella storia della Chiesa. Nel 1968 la ribellione di alcuni vescovi centroeuropei contro l’enciclica Humanae vitae di Paolo VI, che condannava la contraccezione, fu di proporzioni minori ed era rivolta contro un Papa che ribadiva il magistero della Chiesa. Qui, al contrario, è il Papa che è stato accusato, in maniera esplicita o velata, da un impressionante numero di vescovi e conferenze episcopali di tutto il mondo, di allontanarsi dall’ortodossia della fede cattolica. Se qualcuno poteva credere che il dissenso contro papa Francesco derivasse da una “cospirazione” di vescovi americani, oggi è smentito dai fatti. La critica più forte e più numerosa è stata espressa da quelle “periferie”, a cominciare dal continente africano, che tanto spesso papa Francesco ha invocato come portatrici di autentici valori religiosi e umani, mentre la filosofia del documento è stata fatta propria da alcune conferenze episcopali, come quelle del Belgio, della Germania e della Svizzera, che rappresentano gli episcopati più mondanizzati dell’Occidente. La larga maggioranza dei vescovi e dei cardinali o non si è manifestata o, quando l’ha fatto, ha suggerito di interpretare Fiducia supplicans su una linea di coerenza, e non di discontinuità, con il Catechismo della Chiesa cattolica».Questa situazione inedita avrà secondo lei ripercussioni sul prossimo conclave?«Per la prima volta viene alla luce l’ampiezza di uno schieramento antibergogliano, che comprende cardinali nominati dallo stesso papa Francesco, come l’arcivescovo di Kinshasa, Fridolin Ambongo, presidente delle Conferenze episcopali africane, e quello di Montevideo, Daniel Ferdinand Sturla. Entrambi saranno cardinali elettori nel prossimo conclave in cui un centro magmatico e oscillante sarà costretto a scegliere tra le due minoranze contrapposte: da una parte il polo fedele all’insegnamento della Chiesa, dall’altra il polo fedele al nuovo paradigma. Lo scontro si svolgerà in una situazione di sede vacante, quando Francesco sarà già uscito di scena, i media taceranno e ogni elettore si troverà solo di fronte a Dio e alla propria coscienza. Quanto basta per far pensare che il prossimo conclave sarà contrastato e non breve. Con Fiducia supplicans il Papa, al di là delle sue intenzioni, ha dato inizio al pre conclave. I giorni delle festività saranno di tregua, poi la battaglia si riaccenderà».Non si può non notare che la contestazione nei confronti di Fiducia supplicans è avvenuta proprio in quell’ottica sinodale promossa dal Pontefice. «Fino ad oggi si è preteso di seguire la via dell’eterodossia in nome della sinodalità. Che cosa accade quando una voce sinodale forte come quella dell’Africa chiede di rimanere fedeli alla legge del Vangelo? Mi sembra che il viaggio sinodale dei vescovi tedeschi si stia arenando in Africa».A fronte della presa di posizione, in un senso o nell’altro, di molte conferenze episcopali, spicca il silenzio della Cei, che non si è ancora espressa con un documento ufficiale. Secondo lei perché?«Perché la Conferenza episcopale italiana è la più vicina a Roma ed è sempre stata la più sensibile alle direttive che dal centro romano promanano. Ciò l’ha resa più fedele nei tempi di fedeltà, ma oggi rischia di farla cadere nel caos, soprattutto quando i vescovi italiani capiranno che la carta vincente forse non si trova dove essi pensavano».
Francesca Albanese (Ansa)
La sede della Corta penale internazionale dell’Aia (Ansa)