Il Consiglio dei ministri dell’energia approva (con l’astensione dell’Italia) il regolamento che elimina i motori a scoppio nel 2035. Ma tra le deroghe per i carburanti neutri possono rientrare anche i «bio» come vuole l’Italia. Gilberto Pichetto Fratin: la partita è aperta.
Il Consiglio dei ministri dell’energia approva (con l’astensione dell’Italia) il regolamento che elimina i motori a scoppio nel 2035. Ma tra le deroghe per i carburanti neutri possono rientrare anche i «bio» come vuole l’Italia. Gilberto Pichetto Fratin: la partita è aperta.Il Regolamento sul rafforzamento dei livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove, che spalanca la strada all’auto elettrica, è stato approvato al Consiglio europeo dei ministri dell’energia tenutosi ieri a Bruxelles. Gli stati membri dell’Unione europea, a grande maggioranza, hanno detto sì al testo che vieta l’immatricolazione di automobili con motore a benzina o diesel. Solo la Polonia ha votato contro, mentre Italia, Romania e Bulgaria si sono astenute.Le nuove regole fissano due obiettivi. Il primo è la riduzione delle emissioni di CO2 del 55% per le nuove auto e del 50% per i nuovi furgoni tra il 2030 e il 2034 rispetto ai livelli del 2021. Il secondo è la riduzione del 100% delle emissioni di CO2 sia per le nuove auto che per i furgoni a partire dal 2035. La qual cosa significa, appunto, la fine degli idrocarburi come combustibili per la mobilità.Il motore a combustione interna potrà restare, purché, dice il Considerando 11 del Regolamento, alimentati da combustibili «neutri in termini di emissioni di CO2». Questo inciso è la porta attraverso la quale la Germania è riuscita a far passare gli e-fuel, combustibili sintetici ottenuti producendo idrogeno. Sembrava la stessa porta attraverso cui far transitare i biocombustibili, ottenuti da biomasse e vegetali, ma su questo la Commissione ha detto un secco no.Nel corso della discussione di ieri, il Commissario all’Energia Kadri Simson, ha infatti affermato che la Commissione presenterà quanto prima un regolamento di esecuzione per l’omologazione di veicoli alimentati esclusivamente con «carburanti rinnovabili di origine non biologica». Così scartando i biocarburanti. Inoltre, con un atto delegato la Commissione specificherà come questo nuovo combustibile, e solo questo, contribuirà al percorso di riduzione delle emissioni di CO2 sino al 2035.Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto nel corso del Consiglio ha annunciato che l’Italia si sarebbe astenuta sul provvedimento: «Da un lato apprezziamo la scelta di riconsiderare i motori endotermici oltre il 2035, dall’altro consideriamo che la previsione nella dichiarazione della Commissione dei soli carburanti sintetici rappresenti una interpretazione troppo restrittiva, che non consente ancora una piena attuazione del principio di neutralità tecnologica. Ci adopereremo pertanto a far considerare anche i biocarburanti tra i combustibili neutri in termini di CO2 e nel merito della decisione finale di questo consiglio esprimiamo il voto di astensione».Dunque, il Regolamento è sigillato, ma l’esecuzione dello stesso si presta a nuove trattative e discussioni, che potrebbero anche andare per le lunghe. È soprattutto, la chiusura della Commissione rispetto al Considerando 11 a lasciare perplessi. I combustibili «neutrali in termini di CO2» possono essere certi biofuel, per i quali, peraltro, esiste già uno standard di omologazione che non dovrebbe essere difficile aggiornare se necessario. L’europarlamentare Marco Campomenosi, capodelegazione della Lega all’interno del gruppo politico Identità e Democrazia, fa notare che «il tema dell’auto elettrica e dei combustibili è stato oggetto di battaglie parlamentari qui a Bruxelles da parte del centrodestra, ma dal governo allora in carica, quello guidato da Mario Draghi, non è arrivato nessun aiuto. Ora però il Commissario Timmermans ha fretta e sta accelerando, perché sa che nel 2024 ci sarà un’altra Commissione frutto di un Parlamento diverso e vuole stringere i tempi».Una lettura, questa, che spiegherebbe la rigidità della Commissione, preoccupata soprattutto di definire senza indugio il pacchetto, prima delle prossime elezioni europee previste nella primavera del 2024: per i tempi di Bruxelles è domani.L’eccezione rappresentata dal Considerando 11, dunque, appare assai più solida e favorevole alla posizione italiana di quanto la Commissione voglia far credere. Ora il processo per arrivare a chiudere definitivamente il discorso potrebbe prendere alcuni mesi, durante i quali c’è tempo per l’Italia per far valere la propria posizione. Dopo le elezioni europee del 2024, in ogni caso, c’è la tappa intermedia del 2026, anno in cui una nuova Commissione dovrà valutare i progressi compiuti ed eventualmente rivedere gli obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici. Insomma, «partita finita quando arbitro fischia», come era solito dire il grande allenatore serbo Vujadin Boškov. Quella sui combustibili «ammissibili» resta una battaglia di secondo piano. L’evidenza è che si stanno stabilendo per legge, con obblighi e divieti, scelte tecnologiche non ottimali (anzi pessime) dal punto di vista dell’efficienza di processo, dell’efficienza energetica e dei costi. Se il paradigma alla base di tutto è rappresentato dalle «emissioni zero», questo significa che domani per muoversi serviranno più energia e più soldi. Il rendimento di questi sistemi di mobilità è disgraziatamente basso, dunque più dispendioso in termini di energia in ingresso e dunque più gravoso per il portafoglio. Non sono necessari sofisticati calcoli per capirlo.In questo senso, il punto nave previsto dalla normativa nel 2026 rappresenta uno snodo importante. Sarà soprattutto la realtà a fare pulizia di molti dei sogni sgangherati proiettati sui cittadini europei dai marziani di Bruxelles.
Stéphane Séjourné (Getty)
La Commissione vuole vincolare i fondi di Pechino all’uso di fornitori e lavoratori europei: «È la stessa agenda di Donald Trump». Obiettivo: evitare che il Dragone investa nascondendo il suo know how, come accade in Spagna.
Mai più un caso Saragozza. Sembra che quanto successo nella città spagnola, capoluogo dell’Aragona, rappresenti una sorta di spartiacque nella strategia masochistica europea verso la Cina. Il suicidio chiamato Green deal che sta sottomettendo Bruxelles a Pechino sia nella filiera di prodotto sia nella catena delle conoscenze tecnologiche si è concretizzato a pieno con il progetto per la realizzazione della nuova fabbrica di batterie per auto elettriche, che Stellantis in collaborazione con la cinese Catl costruirà in Spagna.
La Cop30 di Belém, Brasile (Ansa)
Il vertice ospitato da Luiz Inácio Lula da Silva nel caldo soffocante di Belém si chiude con impegni generici. Respinti i tentativi del commissario Wopke Hoekstra di forzare la mano per imporre più vincoli.
Dopo due settimane di acquazzoni, impianti di aria condizionata assenti e infuocati dibattiti sull’uso della cravatta, ha chiuso i battenti sabato scorso il caravanserraglio della Cop30. Il presidente del Brasile Luiz Inácio da Silva detto Lula ha voluto che l’adunata di 50.000 convenuti si tenesse nella poco ridente località di Belém, alle porte della foresta amazzonica, a un passo dall’Equatore. Si tratta di una città con 18.000 posti letto alberghieri mal contati, dove le piogge torrenziali sono la norma e dove il caldo umido è soffocante. Doveva essere un messaggio ai delegati: il mondo si scalda, provate l’esperienza. Insomma, le premesse non erano buone. E infatti la montagnola ha partorito uno squittìo, più che un topolino.
Ansa
Il ministero dell’Istruzione cassa uno dei rilievi con cui il Tribunale dei minorenni ha allontanato i tre figli dai genitori: «Fanno educazione domiciliare, sono in regola». Nordio, intanto, dà il via agli accertamenti.
Se c’è un colpevole già accertato nella vicenda della «famiglia del bosco», che ha visto i tre figli di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion affidati dal Tribunale dei minori dell’Aquila a una struttura, è al massimo l’ingenuità dei genitori, che hanno affrontato le contestazioni da parte dei servizi sociali prima e del tribunale poi. Forse pensando che la loro buona fede bastasse a chiarire i fatti, senza affidarsi al supporto di un professionista che indicasse loro quale documentazione produrre. Del resto, in procedimenti come quello in cui sono stati coinvolti non è obbligatorio avere il sostegno di un legale e risulta che il sindaco del loro Comune, Palmoli in provincia di Chieti, li avesse rassicurati sul fatto che tutto si sarebbe risolto velocemente e senza traumi. Ma i fatti sono andati molto diversamente.






