2019-10-01
        La prossima mossa di Facebook: dirci cosa fare
    
 
Ne «Il capitalismo della sorveglianza» la Shoshana Zuboff ricostruisce il sistema di Google & C: sensori ovunque per estrarre dati e venderli agli inserzionisti. La nuova frontiera? Già qui: prevedere i nostri comportamenti.Ci sono libri che parlano in modo comprensibile di cose che tutti conoscono, e libri che vanno al cuore delle questioni. Ce n'è uno che fa entrambe le cose, e il 10 ottobre arriva in Italia. Il capitalismo della sorveglianza (questo il titolo scelto per l'edizione italiana) di Shoshana Zuboff è un poderoso saggio (622 pagine e 25 euro nella versione tradotta per il nostro Paese) uscito in America a gennaio per Public Affairs, e tradotto con rapidità dalla Luiss University Press. L'autrice - sessantasettenne harvardiana che da domani è in Italia per una serie di appuntamenti pubblici - ha dedicato buona parte della vita intellettuale allo studio delle economie digitali: The age of surveillance capitalism è ad oggi il più efficace compendio dedicato all'esplorazione di cosa sia, come funzioni, quali effetti abbia il dominio di Google e Facebook, cioè i due giganti che, per estensione e fatturati, meglio incarnano la natura nella «nuova frontiera del potere», come la chiama l'autrice.La Zuboff sradica il pigro adagio secondo cui «se il servizio è gratis, il prodotto sei tu» e definisce il capitalismo di sorveglianza come il sistema che considera l'esperienza umana come materia prima grezza da convertire in dati comportamentali digitalizzati. Identità, spostamenti, acquisti, stati d'animo, rilievi biometrici, preferenze, stili di guida, affetti. Alcuni di questi dati sono dedicati ai servizi offerti agli utenti, ma la totalità di essi diventa «surplus comportamentale» (di cui Facebook & C sono proprietari) che - immesso nei sistemi di rielaborazione - diventa un insieme di previsioni di comportamento che vengono vendute sul mercato dei future di ciò che faremo. Chi compra? Chiunque voglia raggiungere un cliente nel posto giusto al momento giusto nello stato d'animo giusto, e cioè chiunque voglia sapere dove andremo a mangiare, ogni quanto cambiamo auto, quando ordiniamo pizza, cosa guardiamo in streaming, quali alcolici preferiamo, dove andiamo in vacanza, quando siamo tristi o eccitati, chi sono i nostri contatti preferiti... Nel sistema che la Zuboff perimetra offrendo categorie inedite ed efficaci viene superato lo scambio di prodotti e servizi cui domanda e offerta danno un prezzo: nel capitalismo di sorveglianza prodotti e servizi (cioè mail, motori di ricerca, connessioni) sono l'amo con cui estrarre esperienza dagli utenti, per offrirla sotto forma di previsioni comportamentali alle aziende interessate. Ciò che sta implicitamente a margine dei chilometrici disclaim cui diamo consenso con un clic al momento di avviare un abbonamento a un servizio online, un aggiornamento del sistema operativo o un'app è in realtà il cuore del business miliardario di cui siamo veicolo e sanzione dell'efficacia. Siamo, tutti, fonte di un'offerta di materiale grezzo che, trattato, serve a prevedere i nostri comportamenti e a influenzarli. Perché l'estensione del dominio della lotta di Google è già qui, e non più descrittivo ma predittivo: è il proprietario di casa che blocca da remoto la serratura all'inquilino dal cui conto online non può attingere l'affitto; è la clinica che stoppa l'erogazione automatizzata di medicinali a chi non ha una carta valida, è lo Stato che - in un futuro non impossibile - nega diritto di voto a chi non è in regola con questa o quella disposizione. Le distopie huxleiane non sono così lontane. Con categorie marxisteggianti, si potrebbe dire che la proprietà dei mezzi di produzione è soppiantata dalla proprietà dei mezzi di modifica comportamentale: la nuova frontiera è rappresentata dalla possibilità asimmetrica non solo di monitorare ma di predire l'uomo, portando la sfera virtuale a influenzare quella reale. Viene di qui la necessità di tappezzare qualunque spazio disponibile (dalle smart city coi lampioni connessi agli aspirapolveri col bluetooth, dai dispositivi domestici con comando vocale fino ai pannolini con il microchip) di sensori, indispensabili a mappare ogni aspetto della vita umana da tradurre in dati monetizzabili con soggetti terzi, Stati compresi, all'insaputa delle «fonti» dei dati stessi. Il libro della Zuboff è illuminante perché affonda in decenni di ricerche, interviste, cifre meticolosamente ordinate. Viene documentata la genesi del capitalismo di sorveglianza: nulla di deterministico, quanto una serie di eventi collegati da una mentalità precisa. Primo: alcune scoperte impreviste (una su tutte, il successo del sistema di pubblicità Adwords, che Google non aveva programmato e che è stato creato da Sheryl Sandberg, ex capo dello staff di Larry Summers). Secondo: lo stato di necessità legato al terrorismo, il quale ha dirottato massicci i investimenti pubblici che hanno «creato» la Silicon Valley a inizio anni 2000 (soprattutto dopo l'11 settembre), facendo chiudere un occhio o due sulla privacy. Terzo: la costruzione di un vantaggio competitivo impareggiabile in termini di conoscenza tecnologica, possesso di dati, capacità di estrazione, disponibilità di capitali. Questi passaggi storici sono ricostruiti fondendo cronaca e dichiarazioni di dirigenti, scienziati, guru dei colossi digitali, in un lavoro corredato da una bibliografia capillare. Caso, necessità e complice opportunismo politico hanno dato a Google e Facebook soprattutto un potere straordinario (costruito su mix di pubblico e privato nell'era obamiana) proprio perché asimmetrico e non contendibile: quello di dominare le economie di scala del surplus comportamentale. In pratica, secondo l'autrice queste multinazionali hanno il monopolio su un pascolo sterminato e sempre rigenerantesi (quello dell'accesso ai nostri dati tramite l'uso di motori di ricerca e social) unito alla capacità tecnologica unica di tradurre il tutto in cibo «vendibile». L'aggressività nel difendere il recinto del pascolo si manifesta con un metodo tipico, descritto nel dettaglio: rapidità assoluta nel realizzare comportamenti «predatori» (ad esempio, fotografando tutto il globo come ha fatto Google, che da sola fa lavorare 2,5 milioni di server in quattro continenti) e poi rivendicazione della legittimità dell'operazione che sfrutta la maggior lentezza del processo legislativo e soprattutto la scala globale, unita a un potere di lobbying senza eguali. La sconcertante attualità del testo è acuita dal recente moltiplicarsi di iniziative giudiziarie nel campo dell'antitrust contro Zuckerberg e soci: iniziative che spesso si concludono con multe pari a quote minime dei guadagni annuali delle aziende colpite, e con la prosecuzione dei comportamenti sanzionati.Le pagine più suggestive e convincenti della Zuboff sono forse quelle in cui riflette sulle conseguenze antropologiche e politiche di questo dominio, nascosto perché immateriale ma tremendamente reale perché punta a eliminare l'unico suo potenziale fattore di rischio: l'imprevedibilità umana. L'uomo ideale - attenzione: l'uomo, non il cliente - è un soggetto privo di personalità, di mistero, di intimità, di incertezze fenomeniche. L'autrice è spietata: il nuovo conflitto non è tra capitale e lavoro ma tra capitale investito in sorveglianza e società tout court. I nuovi padroni del mondo sono - secondo la Zuboff - la realizzazione pratica delle teorie più spinte del comportamentismo di Skinner, e il mondo che hanno già creato mette a rischio la libertà e la democrazia perché avere la certezza di prevedere i nostri comportamenti è in sé il fulcro di immensi profitti. Il tutto mascherato sotto un'aura di inevitabilità tecnologica che trova nell'ideologia basata sulla certezza della blockchain il suo perno «filosofico». Siamo in presenza, scrive l'autrice, di tre uomini (la coppia Brin-Page a capo di Google e Zuckerberg) che disprezzano il controllo democratico e custodiscono gelosamente il loro dominio nei rispettivi azionariati. Problema: hanno in mano le chiavi dell'organizzazione, della presentazione e degli strumenti di connessione che veicolano la quasi totalità dell'informazione mondiale. Un po' troppo per non occuparsene in fretta. Comunque la si pensi, Il capitalismo della sorveglianza è un testo cruciale.