2018-06-18
Fmi e Trump scommettono sull'Argentina
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Dall'arrivo di The Donald alla Casa Bianca, l'istituto guidato da Christine Lagarde è tornato a svolgere un ruolo proattivo sulla scena internazionale. Buenos Aires, per Washington fondamentale per contrastare il Venezuela di Nicolás Maduro, ottiene un prestito da 50 miliardi in tre anni per portare avanti le riforme liberali. Confermati anche i fondi per l'Egitto, Paese ritenuto strategico dal presidente Usa.Il Fondo monetario internazionale sta tornando ad acquisire una certa centralità. Soprattutto per quanto riguarda determinati Paesi. L’istituto è infatti pronto ad accordare all’Argentina un prestito di 50 miliardi di dollari in aiuti, da spalmare su tre anni. Una cifra senza dubbio ingente, che rappresenterebbe il maggiore prestito mai concesso dal Fmi nella sua storia. Il direttore Christine Lagarde ha dichiarato che il piano di aiuti «è messo a punto dal governo argentino» ed è volto a «rafforzare l'economia a beneficio di tutti gli argentini». Il sostegno finanziario annunciato dall’istituto «alimenterà la fiducia dei mercati dando alle autorità il tempo di risolvere una gamma di vulnerabilità di lunga data». Lagarde ha quindi aggiunto di aver apprezzato gli sforzi argentini per «ridurre il deficit più rapidamente ritornando a un pareggio di bilancio primario entro il 2020» invece che il 2021. Inoltre, si è detta anche «incoraggiata» dall'impegno argentino di «garantire indipendenza legale e autonomia operativa alla banca centrale e di mettere immediatamente fine al finanziamento da parte della banca centrale del deficit federale». Il che significa che la banca centrale non potrà più stampare moneta per finanziare il governo. Infine, si dice anche contenta del fatto che Buenos Aires «mantenga un certo livello minimo di spesa in assistenza sociale», in quanto «si è impegnata a garantire che la spesa, in percentuale al Pil, non scenda nell'arco dei tre anni» del piano di aiuti, e che il governo si è impegnato a favore di una maggiore equità tra uomini e donne, sia in campo tributario che sociale.Un plauso fondamentalmente condiviso dalla Casa Bianca. Non a caso, il segretario al Tesoro statunitense, Steven Mnuchin, ha elogiato le politiche liberali adottate dal presidente argentino Mauricio Macri che, al potere dal dicembre del 2015, sta cercando, non senza incontrare difficoltà in un Paese fortemente statalizzato, di imporre una svolta profonda rispetto al precedente governo guidato da Cristina Fernández de Kirchner. Non è del resto un mistero che Washington veda nell'Argentina una sponda per arginare il Venezuela di Nicolás Maduro, ormai quasi al collasso economico.Ma non c’è soltanto l’Argentina sotto la lente d’ingrandimento del Fondo monetario. Basti pensare all’Egitto: nel novembre del 2016, l’istituto ha infatti approvato un maxiprestito dal valore complessivo di 12 miliardi di dollari per sostenere gli sforzi del governo del Cairo nell’attuare una serie di politiche finalizzate a correggere gli squilibri interni, favorire la competitività, diminuire il debito pubblico, sostenere la crescita e creare posti di lavoro.Certo, non tutto si è rivelato indolore. L'inflazione in Egitto è aumentata nel novembre 2016 dopo la liberalizzazione della sterlina egiziana, una delle misure richieste dal Fondo monetario internazionale per erogare il prestito. Una situazione oggi in buona sostanza mutata: stando a quanto infatti riporta l’agenzia statistica Capmas, l'inflazione media annua nelle aree urbane dell'Egitto è scesa all'11,4% il mese scorso. Ciononostante, alcune politiche di austerity non sono risultate troppo popolari. Si pensi solo che, recentemente, il governo egiziano ha stabilito un rincaro del 26% del prezzo medio dell'elettricità: una misura che entrerà in vigore il prossimo luglio. Ad annunciarlo è stato il ministro dell'Elettricità, Mohamed Shaker, il quale ha comunque tenuto a precisare che questo aumento non sia legato al prestito del Fondo monetario. «Abbiamo iniziato a ristrutturare i prezzi dei consumi dell’elettricità dal 2014, senza mai dimenticarci dei cittadini che percepiscono bassi redditi», ha chiosato Shaker in quella che è apparsa a molti una sorta di excusatio non petita.Che l’austerità non venga granché digerita dal popolo egiziano lo ha del resto compreso il presidente Abdel Fattah Al Sisi che, qualche giorno fa, a difeso le proprie misure politico-economiche, invitando i concittadini a «sostenere lo sforzo». In tutto questo, il Fondo monetario pare tornato particolarmente proattivo sulla scena internazionale. E sembra interessato ad alcuni Paesi strategici. Paesi cui anche l’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump guarda da sempre con un certo interesse.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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