- Vertice a Bruxelles con gli Stati che, seguendo la Meloni, chiedono di modificare le convenzioni sui diritti umani che impediscono di rispedire a casa persino i criminali. Il 5 novembre, nuovo incontro in Italia. Che potrebbe incrementare le espulsioni anche del 30%.
- Piantedosi: «Valutiamo sanzioni ad Hannoun. Cortei pro Pal sfruttati dai violenti».
Vertice a Bruxelles con gli Stati che, seguendo la Meloni, chiedono di modificare le convenzioni sui diritti umani che impediscono di rispedire a casa persino i criminali. Il 5 novembre, nuovo incontro in Italia. Che potrebbe incrementare le espulsioni anche del 30%.Piantedosi: «Valutiamo sanzioni ad Hannoun. Cortei pro Pal sfruttati dai violenti». Lo speciale contiene due articoli.Li chiamano i «falchi». Italia, Danimarca, Paesi Bassi, uniti nella lotta all’invasione dei clandestini. Nazioni guidate da esecutivi politicamente diversi: da noi e in Olanda il centrodestra, a Copenaghen i socialdemocratici. Tutte e tre d’accordo, però, nel chiedere all’Ue una stretta ai confini.Ieri, a margine del Consiglio europeo a Bruxelles, è stata Giorgia Meloni a prendere l’iniziativa, ospitando, insieme all’omologa scandinava, Mette Frederiksen, e all’altro premier, Dick Schoof, una riunione informale con alcuni degli Stati membri più favorevoli al giro di vite. Non sono pochi: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Germania, Grecia, Lettonia, Malta, Polonia, Svezia. È la conferma che il consenso sulle politiche di protezione delle frontiere, ormai, è trasversale. Chiunque arrivi al governo deve fare i conti con un’opinione pubblica che non ne può più di immigrati delinquenti, oppure sfruttati per spingere in basso salari già ridotti. Al vertice ha partecipato anche Ursula von der Leyen, che ha illustrato i dossier sui quali è impegnata l’Ue. Si è soffermata specialmente sulla velocizzazione dei rimpatri e sull’introduzione di una lista unica di Paesi sicuri, nei quali si dovrebbe rispedire chi non ha diritto a rimanere sul territorio dell’Unione. Meloni ha riportato sul tavolo le «soluzioni innovative» per la gestione dei flussi, ovvero l’esternalizzazione dell’esame delle richieste di asilo, sulla falsariga del modello Albania, per il quale diversi Stati membri hanno espresso il loro interesse. La Danimarca aveva provato a muoversi in autonomia: il Parlamento, nel 2021, votò per l’apertura di centri in Ruanda e in Kosovo, mai realizzati per la mancanza di intese bilaterali.La conversazione, hanno riferito le fonti, è stata «molto proficua» e da essa è emersa una «chiara comprensione» della necessità che il Consiglio, entro fine anno, si accordi sull’adozione rapida delle misure proposte dalla Commissione. Soprattutto, è rilevante che il confronto di ieri sia destinato ad avere un seguito: il 5 novembre, a Roma, si terrà un’altra «riunione tecnica» tra funzionari, per portare avanti il lavoro sulla proposta italiana di modificare le convenzioni internazionali e, quindi, facilitare le espulsioni.Sembra che, incassati i colpi inferti dalla magistratura al protocollo con Tirana, la Meloni abbia imparato la lezione e sia passata al contrattacco. A Palazzo Chigi hanno chiaro dov’è che bisogna intervenire per spuntare le armi in mano alle toghe, tanto inclini a liberare i migranti trattenuti nei Cpr. In primis, il nuovo Patto europeo consentirà di sottrarsi all’interpretazione restrittiva della precedente direttiva, avallata anche dalla Corte di giustizia, sulle «eccezioni» ai criteri di sicurezza dei Paesi di provenienza. Così, si potranno rimandare a casa, con la procedura accelerata alla frontiera, stranieri partiti da Stati nei quali si trovano regioni non sicure, o che violano i diritti di alcune minoranze. In più, l’introduzione di un elenco europeo dei Paesi sicuri, in virtù del primato Ue sulle fonti del diritto, dovrebbe restringere i margini ora a disposizione dei giudici sulle liste nazionali.Poi, però, c’è la questione delle convenzioni internazionali, che vincolano sia la legislazione sia le procedure di controllo dei flussi. Il presidente del Consiglio ne aveva parlato all’Assemblea Onu di settembre, dove aveva criticato, con grande lucidità, le «regole sancite in un’epoca nella quale non esistevano le migrazioni irregolari di massa e non esistevano i trafficanti di esseri umani». Sì, perché limitare le partenze non serve a inficiare la presunta facoltà di andare a vivere dove si vuole; è soprattutto il modo di smantellare i giri d’affari dei criminali.Nello specifico, di quali interventi si sta discutendo? Intanto, si tratta di limitare l’applicabilità della giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell’uomo. In una lettera aperta, promossa a maggio da Italia e Danimarca e allora sottoscritta da Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, i capi di governo rimproveravano alla Cedu la pretesa di estendere troppo l’interpretazione della Convenzione europea sui diritti umani. Ciò rende impossibile l’espulsione di persone che hanno «scelto di non integrarsi» e di «commettere crimini» e compromette la possibilità di «prendere decisioni politiche nelle nostre democrazie». Almeno nei confronti degli stranieri che delinquono, suggeriva la missiva, bisognerebbe superare la logica della Cedu. Ovvero, ribaltare le priorità: garantisti con i cittadini onesti anziché con i criminali d’importazione.L’impatto dell’auspicata riforma sarebbe enorme. Si sbloccherebbero le espulsioni anche verso Paesi non sicuri; si faciliterebbero i respingimenti; si renderebbe più difficile aggrapparsi a gabole giuridiche, tipo il «diritto alla vita privata e familiare», per non farsi cacciare dagli Stati Ue. Le conseguenze sono addirittura quantificabili, ancorché in maniera spannometrica. Sia Varsavia sia Copenaghen, infatti, già da anni, a costo di subire delle condanne, ignorano parecchie delle tutele imposte dalle convenzioni. Risultato: tra il 2017 e il 2020, i dati Eurostat mostravano che in Polonia le espulsioni erano salite del 30%; le elaborazioni di alcuni think tank e le statistiche del Danish immigration service, invece, provavano che in Danimarca, tra il 2019 e il 2023, le restrizioni erano valse tra il 20 e il 25% di irregolari cacciati in più. Forse, finirebbero per essere scoraggiati pure i ricorsi. Ogni anno, l’Italia ne subisce diverse centinaia in materia di immigrazione e asilo. Da 300-400 potrebbero scendere a 150-200.Sarà per questo che i Paesi della coalizione anti clandestini li chiamano «falchi»: i falchi, di solito, ci vedono lungo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/roma-guida-coalizione-contro-clandestini-2674228961.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-viminale-gia-rivendica-una-svolta-con-noi-cacciati-210-irregolari" data-post-id="2674228961" data-published-at="1761318752" data-use-pagination="False"> Il Viminale già rivendica una svolta: «Con noi cacciati 210 irregolari» Durante il question time in Senato, Matteo Piantedosi ha dichiarato ieri che, da quando si è insediato, il governo di Giorgia Meloni ha espulso 210 cittadini stranieri per motivi di sicurezza. E queste attività di rimpatrio, ha rivendicato il ministro dell’Interno, «continuano a essere svolte intensamente». Al centro dell’interesse dei senatori, in particolare, c’era la vicenda di Mohammad Hannoun, il presidente dell’Associazione dei palestinesi in Italia, le cui dichiarazioni pro Hamas hanno scosso l’opinione pubblica italiana: «Il monitoraggio del cittadino giordano Hannoun è costante da parte delle autorità competenti», ha assicurato Piantedosi. A far scoppiare il caso è stato un discorso pronunciato da Hannoun durante la manifestazione pro Pal a Milano dello scorso sabato. In base alle indagini in corso, ha spiegato il ministro, «risulta che il signor Hannoun ha preso la parola per esprimere dichiarazioni a carattere “istigatorio”, sostanzialmente approvando i sanguinosi abusi commessi da miliziani di Hamas nei confronti di altri cittadini palestinesi ritenuti “collaborazionisti” dell’esercito israeliano. Riguardo a queste esternazioni, la Questura di Milano ha depositato presso la locale Procura una comunicazione di notizia di reato per istigazione a delinquere». Peraltro, ha aggiunto Piantedosi, «già in precedenza, nel novembre del 2024, Hannoun era stato deferito all’autorità giudiziaria perché, nel corso di una manifestazione - tenutasi sempre nel capoluogo lombardo - aveva sostenuto pubblicamente le aggressioni subite la sera del 7 novembre 2024 dai tifosi israeliani del Maccabi Tel Aviv presenti ad Amsterdam per assistere a un incontro di calcio». Per questo motivo, ha concluso il ministro dell’Interno, si sta valutando «l’adozione di nuove misure» contro Hannoun. Piantedosi ha informato i senatori anche sul quadro più generale delle proteste pro Gaza che hanno infiammato l’Italia. A questo proposito, il ministro ha dichiarato che «la libertà di manifestare, legata alla mobilitazione di solidarietà con il popolo palestinese, è stata in più di un’occasione strumentalizzata da gruppi che hanno posto in essere atti di puro e indiscriminato vandalismo e assalti violenti contro le forze dell’ordine».Piantedosi ha poi illustrato gli investimenti del governo per potenziare le forze dell’ordine: «Le risorse stanziate per aumentare le assunzioni delle forze di polizia, dall’entrata in carica dell’esecutivo, hanno consentito, ad oggi, di effettuare oltre 37.400 nuove assunzioni tra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza, con un incremento di 4.000 unità rispetto al turnover. Ricordo anche le oltre 6.000 assunzioni di Vigili del fuoco», ha dichiarato il ministro dell’Interno. Che poi ha aggiunto: «Nel 2025 prevediamo di completare le assunzioni con 7.500 unità, a cui si aggiungeranno circa 24.000 assunzioni programmate per il prossimo biennio». Peraltro, ha specificato Piantedosi, «per garantire stipendi più dignitosi per le forze di polizia e le forze armate, con la legge di bilancio per il 2024 ci siamo concentrati sui rinnovi contrattuali, stanziando disponibilità per 1 miliardo di euro».Il ministro, infine, ha rivendicato i successi del governo anche in merito al contrasto della criminalità: nel periodo che va dal primo gennaio al 31 luglio 2025, ha dichiarato, «si registra una riduzione del 9% della delittuosità complessiva rispetto all’analogo periodo del 2024. Segnalo, in particolare, il calo delle violenze sessuali del 17%, delle rapine pari ad oltre il 6% e dei furti, in flessione di oltre il 7%».
«It – Welcome to Derry» (Sky)
Lo scrittore elogia il prequel dei film It, in arrivo su Sky il 27 ottobre. Ambientata nel 1962, la serie dei fratelli Muschietti esplora le origini del terrore a Derry, tra paranoia, paura collettiva e l’ombra del pagliaccio Bob Gray.
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)
L’intesa tra i due leader acciaccati per contenere le migrazioni sta naufragando. Parigi non controlla più la Manica e gli irregolari «dilagano» nel Regno Unito.
Ecco #DimmiLaVerità del 24 ottobre 2025. Ospite Alice Buonguerrieri. L'argomento del giorno è: " I clamorosi contenuti delle ultime audizioni".






