È la peggiore siccità da 70 anni ma era annunciata. Domani conferenza delle Regioni, pronte a chiedere soldi allo Stato. Roma e Milano hanno 10 giorni di autonomia. Poi si va verso il razionamento delle forniture idriche.
È la peggiore siccità da 70 anni ma era annunciata. Domani conferenza delle Regioni, pronte a chiedere soldi allo Stato. Roma e Milano hanno 10 giorni di autonomia. Poi si va verso il razionamento delle forniture idriche.Bisogna cambiare il proverbio: non piove, governo ladro. Stefano Patuanelli, ministro pentastellato agricolo forse più in ambasce per la tempesta Di Maio che per la mancata pioggia di giugno, ha chiuso i rubinetti quando i fiumi erano già scappati. C’è stata ieri una pensosa (e anche un po’ penosa) riunione tecnica dei capi di gabinetto (nessuno ha tirato la catena per risparmiare l’acqua) di Mite, Mipaaf, Mef e Affari regionali. Parole scritte sull’acqua, che non c’è. Però Patuanelli ha annunciato con la faccia contrita: «La situazione è delicata, presto ci aggiorneremo a livello politico». Ma presto quando?Domani è prevista una conferenza delle Regioni che sono tutte sul piede di guerra. I bollettini meteorologici annunciano altri giorni di secco completo, il Po è sotto i 5 metri del livello idrometrico normale - nel tratto veneto segna meno 7, nel Delta l’acqua salata sta risalendo l’asta principale - ed è questa la peggiore siccità da 70 anni a questa parte. Era largamente annunciata. Già a marzo il grande fiume boccheggiava. Oggi la Coldiretti ha lanciato un drammatico allarme, rischia di andare perduta almeno il 30% della produzione estiva: dunque niente frutta, niente verdura, ci manca già il 15% del latte. A oggi, secondo Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, i danni sono stimabili in 2 miliardi. Si parla molto del Po anche per il fatto che le risaie del Vercellese e del Novarese son perdute almeno al 50%, ma sono tutti i grandi fiumi italiani in secca. Il Piave è praticamente asciutto tant’è che Massimiliano Fedriga è pronto a firmare lo stato di calamità naturale, lo stesso sta facendo Nicola Zingaretti con il Tevere che agonizza. Erasmo De Angelis dell’Autorità di bacino del fiume è stato tranchant: «Lo avevamo detto 4 mesi fa che si sarebbe arrivati in questa situazione, se va avanti così tra 10 giorni si dovrà razionare l’acqua a Roma». Il Nera che nasce nelle Marche ed è il primo affluente del Tevere in termini di portata è esangue. Anche l’Arno soffre e la regione Toscana sta valutando lo stato di calamità. L’Emilia Romagna lo fa scattare da oggi. Lo chiederanno domani nella loro riunione praticamente tutte le regioni bussando a quattrini al governo che - a loro parare - deve attingere, è il caso di dirlo, dai fondi del Pnrr. Daniele Franco, ministro dell’economia, sta facendo la danza della pioggia perché sa che non ci sono soldi in cassa. Forse anche per questo la riunione interministeriale annunciata da Patuanelli slitta di giorno in giorno. Vi dovrebbe prendere parte Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, e anche qualcuno del ministero dell’Economia perché qui si tratta di trovare delle soluzioni rapide. Il problema è che ce ne sono poche. Si era pensato di sversare nel Po acqua dal Garda, ma non è praticabile. Anche perché pure i laghi cominciano a soffrire. Il Veneto ha già emesso un allarme per la navigazione sul Garda visto che a Peschiera tre giorni fa si registravano 80 centimetri sopra lo zero idrometrico. Lo scorso anno alla stessa data si avevano126 cm d’acqua con 80 metri cubi al secondo di scarico d’acqua contro i 35 di adesso. Anche il lago di Como comincia a dare segni di sofferenza e così tutti gli specchi d’acqua del centro Italia. Si va verso un razionamento delle forniture idriche. Si è cominciato dal Piemonte dove il presidente Alberto Cirio è stato il primo a chiedere lo stato di calamità e dove in 170 Comuni l’acqua è razionata di notte. In Lombardia il presidente Attilio Fontana ha detto che c’è acqua solo per 10 giorni. Già nella Bergamasca 25 Comuni non hanno acqua di notte e lo stesso in Valtellina mentre a Tradate è scattato il divieto di usare l’acqua se non per stretti bisogni alimentari e sanitari fino al 31agosto.L’Italia del resto ha un problema da anni di iperconsumo. Siamo i primi in Europa con consumi che vanno da 150 a 240 litri al giorno per persona. Ma siamo anche il Paese che ne spreca di più. Secondo un monitoraggio dell’Istat fatto due anni fa perdiamo il 40% della risorsa idrica perché gli acquedotti sono dei colabrodo. Egualmente non abbiamo acqua per le campagne perché da 20 anni per un malinteso ambientalismo è fermo il piano nazionale dei bacini irrigui. E che servano è dimostrato da piccole regioni come le Marche che hanno diversi bacini di stoccaggio e dove l’emergenza c’è ma è meno acuta. A questo proposito vanno ripetute le parole della responsabile dell’Osservatorio siccità del Piemonte, Ramona Magno: «È ormai tardi perché la situazione possa trovare una soluzione. Può sembrare un paradosso, ma il problema della siccità si affronta quando piove«. E la soluzione sono i bacini di raccolta. Di certo non è un rimedio pensare di attingere dai bacini che alimentano dalle centrali idroelettriche. Cinque impianti del Lago Maggiore, in Lombardia, nelle ultime settimane non hanno prodotto nemmeno un watt a causa del livello del lago ai minimi storici. E a porre la parola fine sull’illusione di usare l’acqua delle centrali ci pensa Gianni Armani dell’Iren, tra i principali operatori di energia elettrica. Spiega: «La siccità ci impedirà di produrre energia dall’acqua; saremo sotto il 60% del livello normale, ma c’è un altro problema che è il raffreddamento. Le centrali si fanno vicino ai fiumi perché l’acqua serve per raffreddare gli impianti. Senza acqua non si riesce a produrre». Bisognava pensarci prima, ma siamo alle solite. In Italia i rubinetti si chiudono quando l’acqua è già versata.
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