2021-01-23
Amori e tradimenti sul lago d’Iseo tra sardine e salami
Due prodotti gastronomici unici della più grande isola lacustre d'Europa. Conquistarono Alessandro Manzoni e i sensi della George Sand e Frédéric ChopinChristo si è fermato a Monte Isola. Poco meno di cinque anni fa l'artista bulgaro Christo Javašev, massimo esponente della land art, fece conoscere a tutto il mondo il lago d'Iseo istallando sulle sue acque una rete di passerelle galleggianti di polietilene rivestite di tessuto giallo brillante. Chiamò l'opera The floating Piers. Dal 18 giugno al 3 luglio del 2016 Christo fece camminare sulle acque del Sebino 1.200.000 persone.Prima di Christo Monte Isola (la più grande delle isole lacustri dell'Europa centro meridionale) era già famosa per la bellezza, la tranquillità (unico mezzo di trasporto le gambe), l'antica arte di tessere le reti, la tradizionale cucina e per due prodotti gastronomici unici: le sardine tradizionali del lago d'Iseo essiccate su graticci all'aperto e il salame affumicato chiamato «sua eccellenza». Dopo Christo (morto a New York nel maggio 2019), smontata l'istallazione, Monte Isola è tornata a essere quietamente splendida e calamita di gourmet che vengono da ogni parte per gustare le uniche, inconfondibili sardine essiccate dell'Iseo cucinate alla griglia o in padella con aceto, olio e prezzemolo. In entrambi i casi pretendono l'accompagnamento della polenta.Chiariamo subito che le sardine dell'Iseo (come pure le sarde del Garda) non sono sardine. Le chiamano così perché somigliano a quelle marine. Il nome giusto di questo pesce d'acqua dolce che appartiene alla famiglia dei clupeidi e vive nei laghi prealpini è agone (Alosa agone). L'agone, lungo una ventina di centimetri, è un bel pesce dal corpo snello e guizzante come quello di Roberto Bolle. Ha il dorso scuro, i fianchi e il ventre chiari. Una volta pescato, eviscerato, posto due giorni sotto sale viene sistemato quasi a mosaico in scatole d'acciaio. Pressato per liberarlo dal grasso l'agone è infine messo sottolio dove resterà, prima di essere commercializzato, un mese e anche più. Soltanto in qualche ristorantino dell'isola si può trovare la sardina fresca, magari in un piatto di bigoli.La pesca avviene tutto l'anno tranne nel periodo primaverile della riproduzione, ma è concentrata nei mesi freschi. Una storia legata a un episodio settecentesco di spionaggio industriale riguarda l'imbarcazione con cui si esce ancora oggi a pesca, il naèt. La barca agile e veloce - fino a qualche decennio fa spinta solo con i remi - ricorda vagamente la gondola veneziana. Racconta Guglielmo Novali, assessore al turismo di Monte Isola: «Fu un falegname veneziano di nome Archetti a ideare il naèt. Riparò a Monte Isola dopo essere scappato da Venezia con i disegni segreti dell'imbarcazione. Il naèt ancora adesso viene usato dai pescatori anche se la spinta è a motore. IEscono a calare le sardenere, reti di profondità, nel tardo pomeriggio e tornano a issarle all'alba».Il processo di essiccazione al sole e all'aria avviene sugli archecc, tralicci orizzontali sostenuti da pali verticali ai quali vengono appese, una in fila all'altra, come soldatini in parata, le sardine. È lo stesso metodo che usano alle Faroe per essiccare i merluzzi che diventeranno stoccafissi. Solo che gli agoni sebini, sia per struttura che per clima, non fanno in tempo a diventare «pesci bastone»: concluso il giusto periodo di essiccazione vengono riposti nei contenitori di metallo che hanno sostituito i cesti in legno. Lo stesso trattamento è riservato a coregoni, cavedani e alle mitiche alborelle, chiamate aole sul lago di Garda dal quale sono, purtroppo, sparite. È la stessa fine che rischiano sull'Iseo.Anche l'agone di Monte Isola, quello che nel corso dei secoli ha assunto una sua precisa tipicità, è in pericolo: la pesca incontrollata praticata in passato e la mancanza di una politica di ripopolamento hanno ridotto la popolazione. La denuncia viene da Slow Food che ha fatto della «sardina essiccata tradizionale del lago d'Iseo» un proprio presidio: «Il presidio si propone di valorizzare l'antica tecnica di essiccazione e conservazione e promuovere la produzione locale». Con il pescato locale in costante diminuzione, si è diffusa infatti una produzione di sardine essiccate provenienti da altri laghi. «Ma dai nostri pescatori», assicura Novali, «si trovano le veraci sardine sebine. Sono rimasti in pochi, ma i loro agoni, pescati in acque molto fredde, sono i migliori».Se le tradizionali sardine essiccate del lago d'Iseo richiedono una serie di passaggi rituali, il salame di Monte Isola ha alle spalle una liturgia tramandata di generazione in generazione. Da tempi immemorabili ogni famiglia contadina di Masse, Cure, Olzano e Senzano, minuscoli paesini aggrappati alla gobba del monte, allevava un maiale che, trasformato in salumi e salsicce, costituiva il salvadanaio alimentare per l'inverno. La lavorazione del salame era (ed è) una cerimonia. Prima di tutto la carne suina va tagliata con il coltello. Tritacarne elettrico? Vade retro. Le operazioni poi, raccomandano i vecchi, vanno fatte con la luna calante così il salame dura più a lungo. Nessuna donna mestruata deve essere presente. Ma perché il salame di Monte Isola diventi un'eccellenza ci vuole un'affumicatura perfetta. Il baldacchino va sistemato nella Cà del salam, una vecchia cantina con muri di pietra non intonacati, soffitto a volte e sua maestà il camino dove resta sempre acceso il fuoco di legna secca per mantenere costante la temperatura, specialmente di notte. È sempre stato un salame per Vip. Alessandro Manzoni che veniva a Monte Isola per acquistare i roccoli (reti per la caccia) in una lettera del 1848 ringrazia un norcino locale «per avergli fatto dono degli squisiti insaccati».«Le petit lac d'Iseo n'a rien de grandiose dans son aspect ses abordes sont doux et frais comme une egloghe de Virgile». La scrittrice francese George Sand lodò i dintorni del lago d'Iseo, dolci e freschi come un'egloga di Virgilio. Il soggiorno della scrittrice sul lago, nel 1833, non fu per niente tranquillo: fuggita da Parigi con il suo amante, lo scrittore Alfred de Musset, transitò proprio durante la «vacanza» sull'Iseo dalle braccia di de Musset a quelle di Frédéric Chopin. Il tormento di sensi si riverbera nel romanzo Lucrezia Floriani ambientato dalla scrittrice sul Sebino. La protagonista muore sulla sedia dove da ragazza, sognando di vivere altra vita, tesseva le reti.È la rete, l'arte di annodare le maglie in modo diversi, che racconta la storia delle donne di Montisola. La vita che affidava all'uomo la sfida sul lago dava alla donna l'abilità di costruire lo strumento indispensabile per il pescatore: la rete. Un'abilità diventata l'attività principale nella storia di Monte Isola. Erano le mani delle montisolane che tessevano le reti per le tenute di papi, re, nobili. La tecnica del nodo diviene un capolavoro che produce diverse e complesse qualità di reti. Documenti del 1400 comprovano che questa attività a Monte Isola era già affermata per la pesca, la caccia e l'uccellagione. Già nel Settecento la confezione delle reti era diventata la principale occupazione delle famiglie e nell'Ottocento i retifici di Monte Isola rifornivano le case regnanti di tutt'Europa.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)