2022-07-05
Altro che gigafactory. Per colpa dei chip produzione Stellantis giù del 13% in 6 mesi
Mentre il governo stanzia 370 milioni per Termoli, la Cisl lancia l’allarme: «La carenza andrà avanti anche nel 2023».Il governo italiano finanzierà parte della gigafactory di Termoli con soldi pubblici, ma la produzione dell’ex gruppo Fiat continua a zoppicare a causa degli effetti della pandemia. L’investimento che «assicurerà il futuro della grande comunità di Termoli», come spiegava l’ad Carlos Tavares a inizio febbraio, vale circa 2,3 miliardi con circa 370 milioni di soldi pubblici.Peccato che, secondo uno studio Fim-Cisl, i dati della produzione del gruppo Stellantis in Italia nei primi sei mesi del 2022 segnano un dato ancora negativo, -13,7% rispetto al 2021. Va detto che il problema è generalizzato in tutta Europa e non riguarda solo Stellantis. Come spiegano alla Verità dalla Fim-Cisl, «durante la pandemia la produzione di semiconduttori era stata tagliata perché la richiesta di veicoli era molto diminuita e per tornare ai livelli pre Covid, servono da sei mesi a un anno. Ecco spiegato il collo di bottiglia che si è creato». Inoltre, continuano dalla Fim-Cisl, ci si è messa anche la guerra. «In Ucraina aveva sede la Leoni, azienda tedesca tra i maggiori produttori di cablaggi per auto di tutti i marchi. Purtroppo, è stata bombardata e anche questo ha contribuito a mettere in crisi la produzione». La conferma arriva anche da Stellantis. «La domanda c’è, ma mancano alcune componenti fondamentali. Nel caso delle autovetture siamo comunque riusciti a recuperare qualcosa, ma la strada è lunga e riguarda tutti i marchi in tutta Europa». Così, tra il 2021 e il 2022, il gruppo nato dalla fusione tra Fca e Psa ha perso per strada 55.776 veicoli. Nel primo semestre di due anni fa il totale della produzione tra automobili e veicoli commerciali era a quota 407.666. Nei primi sei mesi di quest’anno il conto è sceso a 351.890 unità. In particolare, la produzione di autovetture, pari a 248.990 unità, ha segnato una seppur minima crescita del 2,1%, mentre a soffrire in modo importante è il comparto dei veicoli commerciali, con una pesante riduzione del 37,2%, pari a 60.880 unità. Decisamente meno rispetto ai 102.900 furgoni del 2021. Il problema è che prima di tornare ai livelli pre Covid ci vorrà ancora molto. Se rapportiamo i dati di produzione al 2019, si registra una perdita nei volumi di un 22,8% (auto e veicoli commerciali), con le autovetture a -18,8% e i veicoli commerciali a -31%.D’altronde, la carenza di semiconduttori ha iniziato a riscontrarsi in termini di blocchi produttivi già nei primi mesi del 2021, si è aggravata nella seconda parte dell’anno, continua in maniera significativa nel primo trimestre 2022 e condizionerà pure il 2023. Come fa notare lo studio Fim-Cisl, le situazioni più pesanti nella perdita dei volumi si riscontrano nei due stabilimenti Melfi (-17%) e Sevel (-37,2%), quelli che hanno sempre dato il contributo maggiore per la crescita complessiva dei volumi. Negli altri impianti produttivi dell’auto si è invece visto un dato positivo rispetto al primo semestre del 2021, in gran parte determinato dal lancio di nuovi modelli come la 500e, la Maserati Grecale o l’Alfa Romeo Tonale. Il punto è che tutto questo potrebbe avere importanti conseguenze sul piano occupazionale. Come fanno notare da Fim-Cisl, il 2022, dall’andamento di questi primi sei mesi, si sta prefigurando come il quinto anno consecutivo di flessione delle produzioni Stellantis nel nostro Paese. Se nell’arco temporale di quattro anni, 2017-2021, si è perso il 35% della produzione complessiva e il 45% nelle sole autovetture (da 743.454 a 408.526), con la tendenza di ulteriore riduzione dei primi sei mesi del 2022 si rischia di scendere, su base annua, sotto le 650.000 unità (-37% rispetto al 2017) tra auto e commerciali, con una produzione auto appena sopra le 400.000 unità (circa -40% rispetto al 2017).Sul tema, la Fim-Cisl punta anche il dito contro il governo. «Il ritardo di quasi quattro mesi del provvedimento degli incentivi sulla mobilità sostenibile ha certamente influito sulla domanda dei consumatori e di conseguenza anche sui volumi», fanno notare dal sindacato. Inoltre, concludono, «nel settore dell’automotive non si era mai determinata una situazione di questa portata: le case automobilistiche non riescono materialmente a soddisfare gli ordini già acquisiti».Il problema è che, fino a quando le componenti non torneranno a essere facilmente reperibili, questa situazione non avrà fine. La speranza è che per la seconda parte del 2023 si possa tornare a vedere la luce in fondo al tunnel.