
Nella graduatoria della rivista Ethnologue ci precedono inglese, spagnolo e cinese. Tra quelle parlate però è soltanto al 21° posto. È un'altra delle nostre bellezze svilite, ma c'è chi sta pensando di realizzare un museo.Buone notizie per l'italiano: è la quarta lingua più studiata al mondo dopo inglese, spagnolo e cinese. Il «dolce idioma» ha così superato il francese per la gioia dei cugini d'Oltralpe, che vedono sempre più tramontare la loro langue universelle. La classifica è stata redatta da Ethnologue, autorevole rivista cartaceo-elettronica che si occupa di lingue e statistiche (con informazioni su più di 7.000 idiomi è tra gli inventari linguistici più esaurienti al mondo). L'italiano è studiato da 2.145.000 studenti stranieri in 115 Paesi, grazie ai meritori sforzi degli istituti italiani di cultura. Sono interessanti anche i dati relativi allo studio delle lingue nell'Ue che fotografano le trasformazioni economico e demografiche in atto con un'impennata d'interesse per il cinese e - ahinoi - per l'arabo. I tempi in cui si credeva che la diffusione di una lingua fosse dovuta alle sue qualità (è la tesi del famoso Discours sur l'universalité de la langue française di Antoine de Rivarol) sono finiti, su tutto contano i fattori geopolitici. Anche per questo in Europa l'italiano è scelto come seconda lingua solo dall'1,1% degli studenti stranieri. Mentre nel mondo sta al 21° posto con 67 milioni di parlanti (ad anni luce dal miliardo e 190 milioni dell'inglese, dal miliardo e 107 milioni del cinese, dai 697 milioni dell'hindi-hurdo, i 512 dello spagnolo e i 422 dell'arabo). Dalla ricerca si evince altresì che l'italiano - il quale per il tedesco Thomas Mann era l'idioma prediletto dagli angeli in Paradiso - è più ammirato all'estero che in patria. La lingua italiana, manco a dirlo, è un'altra delle nostre bellezze svilite, incomprese. Forse ora però qualcosa cambierà, poiché le accademie di Crusca e Lincei vogliono erigerle - con il sostegno del ministero dell'Istruzione - un museo con sede probabile a Firenze o Roma (ma si parla anche dell'acchiappatutto Milano). Il museo non sarebbe comunque un primato, benché alcuni primati l'italiano li possa vantare. Per esempio il Vocabolario della Crusca del 1612 fu modello a tutti i vocabolari europei. Inoltre noi possediamo il lessico storico più esteso al mondo: il Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia in 21 volumi è superiore per mole all'Oxford English Dictionary con i suoi 20. Infine c'è l'Enciclopedia dell'italiano della Treccani, prima enciclopedia dedicata in toto a una lingua europea. L'italiano a differenza di altri idiomi (che guardano alle proprie origini con una sorta d'imbarazzo) nasce di fatto già rifinito - come Minerva dalla testa di Giove - con le sue «tre corone»: Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. Motivo che spinse l'abate Antonio Cesari, il celebre purista, a ritenere che tutta la sua storia successiva fosse solo imbarbarimento e decadenza da quell'aureo Trecento in cui tutti, anche gli ultimi, parlavano una lingua perfetta. L'italiano a differenza delle sorelle neolatine (francese, spagnolo, portoghese) non ha conosciuto il fastidio e l'onta delle ricorrenti riforme ortografiche imposte per decreto dalle accademie nazionali, anzi in lei pronuncia e grafia quasi sempre coincidono; ed è la più prossima al latino, al punto che qualche straniero illuminato ne propose l'adozione in Europa quale lingua franca, anteponendola all'inglese, al sorpassato francese, al non pervenuto esperanto. Giungeremo mai al colmo di stranieri che parlano l'italiano meglio di noi? Pare cosa possibilissima a giudicare dall'uso sempre più massiccio di anglicismi, qui preferiti per puro snobismo alle sonanti parole italiane (i francesi, più gelosi del loro idioma, hanno invece una commissione linguistica che traduce tutte le parole straniere, inoltre chi preferisce l'inglese viene subito sbertucciato). Anche i nostri politici non rendono un buon servigio all'italiano. Esistono volumi che raccolgono i discorsi parlamentari di onorevoli e senatori del passato, discorsi che a rileggerli sembrano scolpiti. Persino Benito Mussolini era un cultore dell'italiano: comandò all'accademia d'Italia un grosso Vocabolario di cui resta solo il primo volume, interrotto alla lettera «C» dal crollo del fascismo. Si pensi dunque, per contrasto, alle trascrizioni dei discorsi parlamentari d'oggi - diligentemente conservati per posteri indecisi se ringraziare o maledire - discorsi che troppo spesso grondano di svarioni degni di Cetto La Qualunque. «Sono felice di essere qui con voi, siamo felici di essere insieme qui per ripartire insieme per un'avventura straordinaria» (Matteo Renzi). Quanti parlamentari non sanno «parlamentare», essendo tra i più fieri massacratori della nostra lingua, tanto da far sorgere un estremo dubbio: che quel museo che vogliono dedicare all'italiano sia invece un mausoleo?
Paolo Savona (Ansa)
Per l’ex ministro «il rischio che l’Italia non rimborsi il suo debito è pari a zero». Un dito puntato sulle inefficienze della Lagarde.
Abdel Fattah Al-Sisi e Donald Trump (Ansa)
Domani Trump e Al Sisi sottoscriveranno il piano per il cessate il fuoco: all’evento sono stati invitati in tanti, pure l’acciaccato Macron, ma non ci sarà alcun rappresentante dell’Unione. Witkoff: «La Casa Bianca ha riunito nazioni divise da generazioni». Assente Hamas.
(Ansa)
Per i tagliagole, la resa definitiva è «fuori discussione». Le ulteriori rivendicazioni portano a temere che, dopo la liberazione degli ostaggi, l’accordo possa vacillare.