2025-10-12
No al disarmo, sì alla milizia. Hamas non molla i fucili e mette a rischio la tregua
Per i tagliagole, la resa definitiva è «fuori discussione». Le ulteriori rivendicazioni portano a temere che, dopo la liberazione degli ostaggi, l’accordo possa vacillare.Il disarmo di Hamas, previsto nella seconda fase del piano di pace promosso dal presidente Donald Trump per porre fine alla guerra a Gaza, è «fuori discussione». Lo ha dichiarato all’Afp un alto funzionario del movimento islamista palestinese, precisando che «la proposta di consegnare le armi non è negoziabile». Hamas non intende procedere a un disarmo completo e punta, piuttosto, a integrare i propri miliziani in una futura struttura militare palestinese. A confermarlo è Basem Naim, dirigente del gruppo, in un’intervista a Sky News nella quale ringrazia Trump per gli sforzi diplomatici nella definizione della prima fase dell’accordo. «Le armi saranno consegnate solo allo Stato palestinese», ha dichiarato, «nessuno può negarci il diritto di resistere all’occupazione». Il movimento islamista ha inoltre espresso la propria opposizione alla presenza di Tony Blair nel comitato di governance della Striscia, ricordando «il suo ruolo nell’uccisione di migliaia di civili in Afghanistan e Iraq». Intanto, il network Al Quds, vicino ad Hamas riferisce di una campagna di arresti lanciata dal gruppo per «colpire la rete di traditori e collaboratori» nel Nord della Striscia. Secondo fonti citate da Ynet, gli arresti hanno riguardato membri di fazioni rivali e sarebbero accompagnati da esecuzioni sommarie diffuse in rete. Hamas continua a esercitare pressioni sui mediatori per ottenere la liberazione di leader detenuti in Israele, tra cui Marwan Barghouti e Ahmad Saadat, esclusi dalle trattative per il cessate il fuoco. Lo ha confermato Mousa Abu Marzouk, spiegando che «i negoziati per la loro scarcerazione sono ancora in corso». Il movimento ha, comunque, ribadito di voler rispettare la «fase uno» del piano di pace che prevede la riconsegna degli ostaggi israeliani, vivi e deceduti. Tra i prigionieri di cui Hamas chiede la liberazione figurano Abdullah Barghouti, Hassan Salama, Ibrahim Hamed e Abbas Al Sayyed. In una dichiarazione congiunta, Hamas, la Jihad islamica e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina hanno affermato di non accettare «alcun dominio straniero» su Gaza, sostenendo che «il governo della Striscia è una questione dei palestinesi». Le milizie hanno comunque accolto positivamente gli impegni internazionali per la ricostruzione e confermato che «l’intesa riguarda al momento solo la prima fase del piano». Tuttavia, se le premesse sono queste la seconda fase del piano Trump non si aprirà mai.Giovedì Israele e Hamas hanno raggiunto al Cairo un accordo di cessate il fuoco, entrato in vigore venerdì, che prevede il rilascio degli ostaggi entro 72 ore in cambio di prigionieri palestinesi. La seconda fase, ancora oggetto di forti divergenze, dovrebbe riguardare il disarmo del movimento, l’esilio dei suoi combattenti e il ritiro graduale delle truppe israeliane da Gaza. Nelle scorse ore sono emersi nuovi dettagli sull’attacco del 7 ottobre. Fonti della Bbc riferiscono che Israele si prepara ad accogliere 20 ostaggi che si ritiene ancora vivi, con l’arrivo previsto «entro mezzogiorno di lunedì». Negli ospedali sono state simulate procedure di accoglienza e ricongiungimento con le famiglie, mentre altri 26 ostaggi risultano deceduti. L’intelligence israeliana ha trovato nel bunker di Muhammad Sinwar un promemoria di sei pagine, redatto in arabo da suo fratello Yahya Sinwar, datato 24 agosto 2022. Il documento, condiviso con il New York Times, descriveva un piano per un attacco a sorpresa contro Israele, con istruzioni a «colpire soldati e civili» e a «diffondere immagini di violenza per destabilizzare il Paese». Il testo non menzionava esplicitamente il rapimento di civili ma invitava i miliziani a «bruciare interi quartieri con la benzina». Secondo le intercettazioni dell’unità israeliana 8200, poche ore prima dell’assalto il comandante del battaglione Gaza City avrebbe ordinato: «Bruciate tutto. Voglio l’intero kibbutz in fiamme».La Protezione civile di Gaza riferisce che oltre 500.000 persone sono tornate nel Nord della Striscia dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco. L’agenzia israeliana Cogat, che coordina l’ingresso degli aiuti umanitari, ha confermato alla Cnn l’arrivo di camion con viveri, medicinali, carburante e forniture per rifugi. Il Programma alimentare mondiale ha annunciato un incremento delle proprie operazioni e la riapertura di diverse panetterie. L’Onu ha ottenuto da Israele il via libera all’ingresso di 170.000 tonnellate di aiuti umanitari stoccati in Giordania ed Egitto. Secondo il quotidiano Al Akhbar, Jared Kushner, ex consigliere e genero di Trump, vero architetto degli «Accordi di Abramo», rappresenterà gli Stati Uniti nei colloqui sulla ricostruzione di Gaza. Da quando è entrato nella partita affiancando l’imprenditore Steve Witkoff, inviato speciale del presidente, si è registrata una svolta decisiva che ha portato alla liberazione degli ostaggi e alla firma della prima fase del piano di pace.Infine, fonti informate indicano che l’Italia potrebbe intervenire a Gaza col genio militare per rimuovere mine e ordigni, condizionato dagli sviluppi dei colloqui e da possibili risoluzioni Onu.
Abdel Fattah Al-Sisi e Donald Trump (Ansa)