2019-09-05
All’Economia il comunista dalemiano che ci ha legati con il fiscal compact
Roberto Gualtieri, storico e togliattiano, lascia l'europarlamento dove ha presieduto commissioni delicate e appoggiato posizioni tedesche sui vincoli di bilancio. Ora si occuperà di unione bancaria agli ordini della Ue.Il neo ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, è tra i più grandi esperti di Palmiro Togliatti , del quale ha sviscerato soprattutto la teoria del vincolo esterno. Uno studio matto et disperato con il quale Gualtieri è cresciuto culturalmente tanto da applicarlo evidentemente anche a Bruxelles. Così dal vincolo esterno dell'Urss a quello del fiscal compact è stato un attimo. Il neo ministro, eurodeputato dal 2009 a luglio del 2014 - quasi per situazioni fortuite - è diventato presidente della commissione per i problemi economici e monetari. Tradotto: è stato capo negoziatore del gruppo S&D in alcuni dei principali dossier europei, come la creazione del Fondo salva Stati, la riforma dell'Unione economica e monetaria e il fiscal compact. È stato inoltre relatore su importanti temi tra cui il futuro della Difesa europea e la riforma delle istituzioni dell'Ue. In pratica tutti quei temi che negli ultimi anni hanno imbrigliato l'Italia e le logiche sottostanti alle leggi Finanziarie. Gualtieri invece ha fatto molte conoscenze e amicizie. A partire da Cristine Lagarde (che l'ha subito elogiato ieri) fino ai tedeschi dell'Spd. Da cui, stando a quanto riferiscono i bene informati, è molto apprezzato. E che ricambia, tanto da aver acquistato anni fa casa a Berlino. Insomma, Pierre Moscovici ma soprattutto Angela Merkel non potevano desiderare un ministro in via XX settembre migliore di Gualtieri. Nei prossimi mesi, mentre la Bce conferma la politica monetaria espansiva (e quindi aiuterà la stabilità di tutti i debiti pubblici dell'Unione) i Paesi saranno chiamati ad affrontare due temi enormi e definitivi. Il primo è l'unione bancaria. E il secondo è la Difesa comune europea. Nel caso degli istituti di credito, vista la tradizione del vincolo esterno di Gualtieri, non abbiamo dubbi sulla posizione del Mef. Purtroppo anche nel secondo caso, nonostante il neo ministro sia tutt'altro che un fan di Emmanuel Macron, Gualtieri avrà un ruolo molto importante. Sarà, infatti, azionista diretto e indiretto dei due colossi italiani Fincantieri e Leonardo. Sul suo tavolo (e su quello del renziano Lorenzo Guerini) finiranno i dossier dei cantieri Stx, dei sottomarini militari e del caccia Tempest. Se la logica è sempre la stessa, il rischio concreto è che vedremo cedere sempre più sovranità militare e quindi perderemo pezzi importanti dell'industria e del nostro Pil. Aspettiamo per capire che succederà anche se la previsione è purtroppo facile. Incognite, invece, per quanto riguarda le mosse di economia interna. Almeno quelle che non saranno eterodirette dall'Ue. D'altronde il programma di governo dice un po' di tutto. È un modello espansivo con tanto di libro dei sogni: soldi a scuole, ricerca, Sud. Ma con poco deficit. Anche se Gualtieri ha già, almeno informalmente, incassato il sì di Bruxelles per salire al 2,9%. Per il resto il successore di Giovanni Tria non ha preparazione specifica in materia. Sappiamo che è un docente di storia, classe 1966, è stato vicino ai giovani turchi di Matteo Orfini per i quali ha collaborato a diverse edizioni della rivista Left Wing, anche se non ha mai abbandonato il primo amore politico. Cioè quello per Massimo D'Alema. Non a caso quando il neo ministro fu chiamato tra i primi saggi del Pd, c'è chi mormorò che l'avesse messo Baffino in realtà per boicottare l'iter. Sono malignità di cui non abbiamo certezza, mentre sulla matrice comunista di Gualtieri non ci sono dubbi. Tesserato già dalla giovane età di 20 anni, quando andava ai convegni di storia e non deteneva ancora una cattedra molti lo scambiavano per funzionario del Pds, più che storico super partes. D'altronde la tessera della Fgci gli fu autografata proprio da Nicola Zingaretti. Mentre sulla sua attuale nomina c'è la firma - inutile dirlo - di Sergio Mattarella e pure l'ok di Matteo Renzi. Se non altro perché con l'incarico da ministro Gualtieri è costretto a lasciare il seggio di europarlamentare e passare l'incarico a Nicola Danti. Ai più sconosciuto, è stato tra i non eletti a Strasburgo e ora sarà ripescato. Viene da Pelago, nella cerchia fiorentina non distante da Scandicci. Soprattutto è stato il capo scout dell'ex sindaco di Firenze, Renzi, uno di quelli che assieme all'Europa e a Mattarella muove le fila di questo esecutivo ed è disposto anche a sacrificarlo senza problemi se un giorno lo riterrà opportuno. Infatti, non si può non notare che a parte Dario Franceschini, il governo giallorosso è composto da seconde fila. Tutte immolabili in una notte. Perché è chiaro che i vecchi comunisti con l'appoggio degli ex Margherita hanno il chiaro obiettivo di stare al potere per altri tre anni, al termine dei quali si saranno mangiati da dentro i grillini. Ma è altrettanto vero che se i 5 stelle dovessero far esplodere l'esperimento prima, il Pd dovrà semplicemente buttare a mare la scialuppa guidata da Conte mandando alla deriva tutti i vogatori. Con la speranza che scompaiano all'orizzonte. Gualtieri compreso.
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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