2018-05-29
La Lombardia attacca la Svizzera: «Stop all’accordo sui frontalieri»
Il presidente del Consiglio regionale scrive a Roberto Fico e a Maria Elisabetta Alberti Casellati per fermare il patto del 2015, non ancora ratificato: «I lavoratori italiani pagheranno più tasse. Meglio mantenere le stesse condizioni del 1974».Stop all'accordo con la Svizzera sui frontalieri. Questo è quanto chiesto da Alessandro Fermi, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, ai presidenti di Camera e Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico. Fermi vorrebbe che l'Italia non ratifichi l'accordo 2015 con la Svizzera perché danneggerebbe le finanze dei frontalieri. «Lo Stato italiano», scrive Fermi, «deve mettere in campo ogni iniziativa utile nei confronti della Confederazione elvetica a tutela dei nostri cittadini e dei Comuni italiani, mantenendo in vigore le condizioni contenute nell'accordo del 1974».Quali sarebbero dunque gli svantaggi fiscali per i lavoratori? Secondo il «nuovo» accordo il reddito dei frontalieri sarà tassato per il 70% in Svizzera e per il 30% in Italia. Quel 30% confluirà direttamente nelle casse del governo a Roma, che poi lo ripartirà fra i vari Comuni italiani interessati. In un primo momento Roma dovrebbe applicare un'aliquota speciale per mantenere inalterata la pressione fiscale dei frontalieri, ma il cuscinetto nel tempo sparirà.I frontalieri pagheranno dunque più tasse. Questo è inevitabile dato che oggi (essendo in vigore l'accordo del 1974) chi lavora in Ticino, in Vallese o nei Grigioni paga le tasse solo lì. Per fare un esempio, in canton Ticino (ogni Cantone ha una sua politica fiscale) l'aliquota massima arriva al 15%, mentre in Italia le cinque aliquote Irpef vanno dal 23 al 43%. È la Svizzera, poi, a occuparsi del ristorno nei vari Comuni di confine italiani. Pratica che molte volte ha dato problemi. Il Canton Ticino più di una volta ha infatti bloccato i ristorni ai Comuni del nostro Paese per motivi politici. Non è infatti un mistero che i lavoratori italiani non siano i benvenuti. Negli anni passati sono infatti state prese diverse misure ad hoc contro di loro. La più recente riguarda l'obbligo di presentare il casellario giudiziario per poter lavorare nel Cantone. Misure che hanno impedito, tra l'altro, la ratifica dell'accordo del 2015 tra l'Italia e la Svizzera.Il governo italiano aveva infatti posto due condizioni prima di ratificare. La prima è che Berna non ostacoli la libera circolazione delle persone, e la seconda che il Ticino elimini in modo definitivo tutte le misure anti frontalieri. Clausola non accolta dal Ticino. Angelo Orsenigo, consigliere regionale del Pd, ha invece difeso il nuovo accordo con la Svizzera: «Il presidente del Consiglio regionale Fermi», ha detto, «sa che l'unico modo di liberarsi del ricatto ticinese sul dare o negare i ristorni sarebbe togliere quello strumento dalle mani del Cantone».Anche Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, sembra deciso ad andare avanti con le nuove norme. Il 25 maggio scorso ha infatti incontrato Claudio Zali, presidente del Consiglio di Stato del Canton Ticino, in un incontro definito «proficuo». Dal meeting sarebbe emersa la volontà di arrivare entro l'estate un'intesa su ambiente, infrastrutture e frontalieri. Un traguardo importante, visto che anche il Ticino si è opposto al nuovo accordo tra Svizzera e Italia. Motivo? Si aspettava entrate fiscali maggiori rispetto a quelle promesse. Con l'accordo del 1974 il Ticino incassa dai frontalieri 90 milioni di franchi (150 milioni meno 60 milioni da versare ai Comuni italiani). Con il nuovo accordo andrebbe invece a incassare 105 milioni (15 milioni in più), importo che dovrà essere diviso tra sei cantoni, cinque Comuni e quattro confederazioni. Ragione per cui molti hanno sostenuto che «le entrate supplementari sono briciole».A far compagnia al Ticino ci sono anche i frontalieri e i vari Comuni di residenza. I lavoratori italiani protestano perché, nel medio periodo, vedranno aumentare le tasse. Le città di confine perché temono di non vedere più i ristorni, ora che la questione verrà gestita dal governo italiano. Ci sono però altri due aspetti da considerare. La prima riguarda la commissione speciale rapporti tra Lombardia, istituzioni europee, Confederazione Svizzera e Province autonome della Regione Lombardia, che ha il compito di gestire la questione dei frontalieri e in tre anni è stata convocata solo due volte. Ad aprile di quest'anno è stata convocata per la terza volta, ma i suoi componenti temono di essere abbandonati un'altra volta a causa di un tema (frontalieri) poco di appeal per il governo.Il secondo aspetto è l'equità. Ci sono, infatti, molti italiani che lavorano in Francia, a San Marino, in Slovenia e in Austria. Questi però, da sempre, pagano le tasse in Italia, Paese in cui hanno la residenza fiscale. I frontalieri che lavorano in Svizzera stanno dunque godendo di privilegi fiscali non concessi ad altri cittadini.
Jose Mourinho (Getty Images)