2020-06-01
Albicocca pride. Il piccolo frutto d’oro che fa bene all’organismo e all’orgoglio italiano
Ricca di sostanze nutritive, ottima per la pasticceria e perfetta per la dieta estiva la pepita giallo arancio è un'autentica regina della nostra tradizione agricola.Nella lingua cinese, l'ideogramma che significa «cerchio dell'educazione» contiene la parola «albicocca»: Chuang-tzu, importante filosofo cinese vissuto nel quarto secolo a. C., raccontava che Confucio teneva le lezioni radunando gli studenti in un'area circondata da albicocchi. Ma il legame della Cina con l'albicocco non finisce qui. L'albicocca è il frutto dell'albero appunto chiamato albicocco. L'albicocco selvatico origina proprio in quella parte settentrionale della Cina che confina con la Russia oltre 5.000 anni fa. Da lì si estende verso Ovest, giungendo in Asia centrale e poi in Armenia: circola il mito che Alessandro Magno scoprì lì l'albicocco e lo portò in Europa, tanto che la classificazione di Linneo denomina l'albicocco prunus armeniaca e, ancor prima, anche il medico e botanico greco antico Dioscoride chiama armeniakós l'albicocca. Da questo equivoco dell'origine armena dell'albicocca prendono le mosse anche le denominazioni italosettentrionali: in dialetto ligure l'albicocca si chiama «armugnin», in Lombardia «mugnàgh» e in Veneto «armelin». Tornando a bomba, la nostra albicocca origina dalla Cina, arriva in Europa tramite gli arabi («albicocco» e «albicocca» derivano dalla parola araba al barquq) e poi si consolida in Italia e Grecia coi romani (al barquq nel tardo latino diventa praecox, cioè «precoce», da cui la parola dialettale meridionale «percoca» che indica una varietà di pesca). Diffuso laddove può giovarsi di clima temperato e asciutto perché non ama le gelate, l'albicocco è una coltura che oggi troviamo in oltre 60 nazioni, gruppo all'interno del quale noi non sfiguriamo, anzi. Siamo i primi produttori europei di albicocche, con 236.000 tonnellate (dati Eurostat 2016), il 36% di tutte le albicocche d'Europa. Ci seguono e nemmeno a ruota, casomai a stento, la Spagna con 139.000 tonnellate (21%), la Francia con 110.000 e poi la Grecia con 84.000. La differenza però sta nelle esportazioni perché, sempre secondo i dati Eurostat, nel 2016 l'Italia ha esportato 25.000 tonnellate di albicocche (37 milioni di euro di traffico), mentre per esempio la Spagna, pur producendone meno, ne ha esportate 80.000 tonnellate, 115 milioni di euro.Il dato positivo di questo nostro limitato export è che la produzione italiana di albicocche soddisfa innanzitutto l'Italia, permettendoci di esercitare il sovranismo alimentare, per perfezionare il quale stiamo attenti, quando compriamo albicocche, che non siano appunto importate magari dalla Spagna. Non è male nemmeno la nostra posizione nella produzione mondiale: siamo i quinti dopo Turchia (600.000 tonnellate), Uzbekistan (432.000), Algeria (258.000), Iran (256.000). Per quanto riguarda i numeri regionali, cioè la distribuzione italiana della produzione, abbiamo la Campania maggiore produttrice con 70.000 tonnellate, l'Emilia Romagna con 60.000 e poi Basilicata (43.000), Puglia (15.000) e Sicilia (11.000). Questo è il breve periodo nel quale da questo piccolo albero, che in stato selvatico può raggiungere i 12 metri e coltivato è invece tenuto al massimo a 4 metri per permettere un'agevole raccolta, che si fa a mano, i fiorellini bianchi e talvolta rosati si sono già trasformati nei deliziosi e profumati frutti che conosciamo bene. Il momento preciso, all'interno del trimestre maggio-luglio, dipende dalla varietà. L'albero di prunus armeniaca L., difatti, appartiene alla famiglia delle rosacee e al genere prunus del quale fanno parte anche il ciliegio, il pruno, il mandorlo e il pesco.A ben guardare, le somiglianze tra gli odorosi e appetitosi frutti non sono poche e non riguardano soltanto i periodi di raccolta che, come dicevamo, dipendono dalla varietà. La Pindos, di alta pezzatura (è la classificazione attribuita in relazione a diametro e peso), si raccoglie già a fine maggio. La Thyrintos, molto diffusa al Nord, già penzola dai rami pronta per finire sulle nostre tavole e nei nostri stomaci a inizio giugno. L'Amabile Vecchioni si coglie solo negli ultimi dieci giorni di giugno. La Valleggina, anche detta «albicocca di Valleggia» perché coltivata nell'omonima piana tra Savona, Vado Ligure e Quiliano, si raccoglie tra fine giugno e inizio luglio. La Reale di Imola, che fruttifica a luglio, presenta una storia molto emblematica dell'attuale lotta europeista progressista contro la giusta remunerazione per gli imprenditori agricoli e contro la concezione agricola manuale, alla quale il Leviatano a trazione franco tedesca preferisce quella robotizzata o schiavistica immigrazionista: un tempo regina assoluta delle coltivazioni in Emilia Romagna, la Reale è stata relativamente abbandonata perché i suoi frutti presentano maturazione a scalare, che richiede più passaggi di raccolta, cioè dà più lavoro...Il frutto dell'albicocco tecnicamente è una drupa, composta da una parte esterna con esocarpo membraneo (la buccia), mesocarpo carnoso (la polpa) e infine endocarpo legnoso (il nocciolo); a sua volta, l'endocarpo presenta un primo strato esterno e sottile che è il tegumento, uno interno, detto endosperma, che è il seme vero e proprio, e uno ancor più interno che è l'embrione. Sono drupe tutti i frutti del genere prunus, non soltanto l'albicocca, e poi lo sono anche alcuni di altri generi, come, ad esempio, l'oliva, la noce, il mango e il frutto della pianta di caffè. La loro disseminazione si chiama zoocora, perché avviene anche grazie agli animali che mangiano questi frutti. I frutti risultano loro commestibili ma, poiché l'endocarpo è per essi indigeribile, lo defecano sul terreno, così diffondendo involontariamente il seme della pianta.Questo seme porta con sé altre belle curiosità. Avrete certamente sentito parlare delle mandorle amare: ebbene, altro non sono che i semi dell'albicocca e della pesca. Alcune ricette, per esempio quella degli amaretti oppure quella del liquore di noccioli di albicocche, richiedono mandorle amare. L'aroma industriale di mandorla amara è sintetico, ma per ricavare le mandorle amare «in carne ed ossa» basta aprire i noccioli di albicocche e pesche e liberare i semi dal tegumento. Le mandorle amare si chiamano anche armelline e sono molto usate in pasticceria per l'essenza davvero caratteristica che donano alle preparazioni. Vanno comunque considerate un ingrediente aromatico e non un alimento da consumare in tutta serenità. Diversamente dalle vere mandorle, cioè da quelle dolci, che si possono mangiare tranquillamente senza limiti, crude come cotte, le armelline non si devono consumare mai crude e, in generale, vanno assunte con estrema parsimonia, perché contengono - e questa è la ragione del loro gusto amarognolo - quell'amigdalina che, sottoposta a idrolisi, forma acido cianidrico, praticamente cianuro. Questa stessa caratteristica possiedono le foglie e i fiori dell'albicocco, che infatti non mangiamo. Si tratta di microquantità, che comunque a dosi maggiori possono risultare pericolose (la dose letale è 50 armelline).Avendo approfondito cosa può far male nelle albicocche, esploriamo invece il loro contributo al benessere. Si tratta di un frutto decisamente ricco dal punto di vista nutrizionale e in questo aspetto risiede la ragione della diffusa pratica della conservazione, dopo la stagione di raccolta, sotto tante forme: dall'essiccazione alla sciroppatura, dal liquore alla marmellata. A proposito, sapevate che esiste la tecnica pasticcera della apricottatura? Apricottare deriva dall'inglese apricot che vuol dire albicocca, e l'apricottatura consiste nello spalmare la superficie di un dolce con gelatina di albicocche per livellarla bene prima di ricoprirla di glassa che, grazie allo strato gelatinoso che fungerà un po' come il turapori sul legno, risulterà più liscia e uniforme. La più famosa torta sottoposta ad apricottatura è la Sachertorte, ma anche le torte a più strati da cerimonia vanno apricottate prima di essere glassate al fondant. L'albicocca non migliora solo l'area apicale di una torta, ma anche la nostra salute, dicevamo. «Sono ricche di fibre e vitamine e forniscono poche calorie. Aiutano la digestione, proteggono la pelle e gli occhi», spiega il libro I cibi della salute. Mangiare sano per stare bene, e in effetti le calorie, soltanto 28 per 100 grammi, sono così poche che mangiandone mezzo chilo - pensate - assumeremmo solo 150 calorie, le stesse di uno yogurt, ma saziandoci molto di più e facendo il pieno di vitamine e provitamina A, cioè betacarotene: «L'elevato contenuto di betacarotene è utile nel processo di invecchiamento degli occhi. L'assunzione regolare di quantità elevate di vitamina C ed E, zinco e rame - presenti nelle albicocche - riduce, inoltre, il rischio di degenerazione maculare del 25%».I benefici del betacarotene, infatti, aumentano se contemporaneamente si assumono vitamina C, E e zinco che le albicocche possiedono in ottima quantità. Rispettivamente il contenuto dei nostri magnifici 4 è 1.094 µg, poi 10 mg, 0,89 mg e 0,20 mg. Il betacarotene, potente antiossidante, esplica la sua azione protettiva anche nei confronti della pelle e delle ossa. Di queste ultime, in particolare, coadiuva uno sviluppo omogeneo: in questo senso sono ottimi, per i bambini, i succhi di albicocca o le albicocche da mangiare direttamente. Importante è anche l'apporto di fibra. Contenuta più spesso e in maggiore quantità nella verdura, più che nella frutta, l'albicocca rappresenta un'eccezione, essendo un'ottima fonte di fibre, utili a saziare e coadiuvare la regolarità intestinale. La nostra piccola pepita giallo arancio è anche ricca di minerali come potassio (259 mg), fosforo (23 mg), sodio (1 mg), ferro (0,39 mg) e calcio (13 mg), e questo la trasforma in un ottimo ricostituente e anti stanchezza perfetto per inoltrarci rafforzati nell'estate. Il potassio, inoltre, non dimentichiamolo, aiuta a regolarizzare la pressione.Una piccola curiosità: umeboshi («ume» vuol dire prugna e «boshi» secco) significa letteralmente «ume essiccata» e, mentre crediamo tutti che si tratti di prugne secche, in realtà l'ume è il frutto del prunus meme, che è una via di mezzo tra pruno e albicocco. Sempre I cibi della salute ci spiega che le umeboshi «mangiate con il riso stimolano la digestione e sono utili contro la nausea, anche in seguito a eccesso di alcol». Lo stesso vale per le semplici albicocche secche e pure fresche, utili anche a «rinfrescare» in caso di bruciore di stomaco e gastrite. Facciamone scorpacciate di qui a luglio: di albicocche italiane, ci raccomandiamo!
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