2021-08-19
Al Gore disse: «Polo sciolto in 7 anni». I ghiacci sono sempre lì. E lui anche
Al Gore (Erik McGregor/LightRocket via Getty Images)
L'ex vicepresidente Usa fece la previsione nel 2007: ebbe il Nobel per la pace e continua a predicare sventure. Gli studi sull'evoluzione climatica si sono rivelati errati, l'uomo non è all'origine del riscaldamento globale.Se i modelli climatici che includono i soli forzanti naturali non riproducono il clima degli ultimi 80 anni non è perché avrebbero dovuto includere il forzante antropico - che abbiamo già anticipato, e confermeremo vieppiù a breve, essere inesistente - ma perché i modelli stessi sono sbagliati. E sono sbagliati perché non riproducono le temperature medie globali né nel tempo né nello spazio.Non riproducono il clima del passato, quando esso era guidato soltanto da forzanti naturali. In particolare, non riproducono i periodi caldi olocenico, romano e medievale. I modellisti avevano prima provato a negare l'esistenza di quei periodi caldi, poi ne hanno negato la globalità, ma la messe di dati riguarda ogni angolo della Terra ed è così copiosa che nessuno nega più né l'esistenza né la globalità di quei periodi caldi.I modelli climatici non riproducono neanche il clima del futuro. Quando vent'anni fa furono usati per prevedere l'evoluzione temporale del clima, i modelli fornirono previsioni che si sono rivelate in totale disaccordo con le misure poi registrate. Infine, i modelli climatici hanno fornito un'errata ricostruzione spaziale delle temperature dell'atmosfera. Più precisamente, avevano calcolato che l'aumento del riscaldamento globale (Rg) nella troposfera a circa 10 km sopra l'equatore avrebbe dovuto essere almeno triplo rispetto all'aumento di Rg al livello della superficie terrestre. La circostanza fu salutata come - ove confermata - l'impronta digitale della sussistenza dell'origine antropica dell'attuale Rg. Quando si resero disponibili le misure satellitari della temperatura, si registrò lassù, nella troposfera sopra l'equatore, a 10 km da terra, non una crescita delle temperature maggiore di quella osservata a terra - men che meno una crescita tripla - ma si registrò un rinfrescamento: quella che avrebbe dovuto essere l'impronta digitale dell'origine antropica del Rg diventò così l'impronta digitale della sua insussistenza. E che dire del temuto aumento, per numero e per intensità, degli uragani? Il fatto è che l'Agenzia statunitense Noaa (National Oceanic and Athmospheric Administration) ha contato che l'America è stata colpita, negli 80 anni 1850-1930, da 149 uragani, di cui 85 di forza 2, 3, e 4, con dieci di forza 4; e negli 80 anni 1930-2010, da 135 uragani, di cui 83 di forza 2, o 3 o 4, con otto di forza 4. A esser precipitosi, diremmo che gli uragani sono diminuiti sia per numero che per intensità; a essere scienziati, si tratta di una fluttuazione statistica, che però mai può essere spacciata per aumento.In conclusione, quella del riscaldamento globale d'origine antropica e del timore di aumento di eventi meteorologici estremi come conseguenza delle attività umane che immettono CO2 in atmosfera è un colossale falso sconfessato da tutti i fatti. Come mai insistono con la frode, vi chiederete. A mio parere la cosa attiene ormai alla psichiatria. Che volete farci, a Ipcc e Al Gore dettero il premio Nobel per la pace (non per qualche scienza!) e, alla sua prolusione Nobel (cercatela in Internet e verificate), Al Gore dichiarava: «Fra 7 anni i ghiacci del Polo Nord saranno completamente sciolti». «Completamente», ripeté. Era il 2007. La delusione dai fatti qualche scompenso psichiatrico lo avrebbe causato a chiunque di noi.(4. Fine)
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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