2021-03-10
Gianni Agnelli, nella beatificazione nessuna domanda sui miliardi di Stato
Il governo Conte bis si è svenato senza chiedere nulla in cambio. La fusione con Psa dissolve Fca: l'Italia ora è un Paese gregario.La relazione degli 007: «La crisi evidenzia l'aggressività di attori esteri». E Iveco è nel radar del golden power.Lo speciale contiene due articoli.Da qualche giorno La Repubblica diretta da Maurizio Molinari che, per dirla con uno spot antico della sambuca, è convinto di essere senza pari, ci offre la canonizzazione di Gianni Agnelli in vista del centenario della nascita del fu «padrone» della Fiat che cade il 12 marzo. I quotidiani della Gedi per l'occasione non vengono stampati con l'inchiostro, ma con ettolitri di saliva per ricordare la rivelazione al mondo dell'Avvocato. Ha cominciato Massimo Giannini con un'intervista a John Elkann su La Stampa, ha proseguito Ezio Mauro con dei videoclip dedicati a sua maestà Gianni primo, ma il colmo lo ha toccato proprio Molinari, direttore senza pari, affidando a Diego Longhin l'ingrato compito di beatificare Gianni Agnelli nelle parole del nipote che ha traghettato la Fiat verso la fusione nell'iperuranio di Stellantis.La Repubblica poteva farci sapere che il signore che stava parlando era il «padrone del giornale» e dunque degli stipendi dei giornalisti di Repubblica. Invece John Elkann viene così presentato: «Presidente di Exor, Stellantis, Ferrari e Gedi, designato da Gianni Agnelli a raccoglierne l'eredità industriale, prova a immaginare che cosa avrebbe fatto l'Avvocato per combattere la pandemia e dare un suo contributo». Ma ciò detto sapete cosa avrebbe fatto l'Avvocato? Si sarebbe vaccinato! Magari il nipotino avrebbe potuto spiegarci che per combattere la pandemia poteva evitare di esporre il governo italiano per 6,3 miliardi di euro di garanzie prestate a Fca che si era già industriata a portare le sedi legali prima a Londra poi in Olanda. Ma il nipotino disse a Giuseppe Conte, felice di ascoltarlo, che i miliardi servivano per mantenere l'occupazione in Italia. Per sostenere quelle fabbriche ora in mano ai francesi da cui non si sa quali modelli usciranno, con le produzioni che vengono decise dai parigini e il giovane Elkann che si bea di una presidenza senza incombenza nell'attesa di cospicui dividendi. Nessuno del governo bis-Conte che s'è svenato per Fiat Chrysler ha chiesto al momento della fusione di Fca con Psa un piano industriale per sapere che cosa ne sarà del fu polo automobilistico italiano. Intano i contoterzisti e i fabbricanti di componentistica ormai non guardano più a Torino, ma alle case tedesche e giapponesi. All'erede industriale una domandina su questo potevano fargliela quelli di Repubblica, invece no. Del resto, se non ci ha pensato il governo che s'è fatto subalterno perché dovrebbero pensarci i dipendenti? La fusione con Psa dissolve ciò che restava della Fiat e fa diventare l'Italia un paese gregario: comandano la famiglia Peugeot e il governo di Parigi. Ma John Elkann il posto ce l'ha assicurato: è il presidente di Stellantis e anche la famiglia il suo pacchetto di azioni lo ha messo al sicuro e a reddito. Perfino Romano Prodi ha trovato modo di dire: «Sono preoccupato perché l'amministratore delegato, la maggioranza del consiglio di amministrazione, la presenza del governo francese fanno sì che il potere decisionale sia tutto sbilanciato verso la Francia». Cosa significa? Che se c'è da tutelare l'occupazione sarà tutelata quella francese. E qualche segnale si è già visto. Dall'agosto scorso Fca ha interrotto le forniture per le city car dalle ditte italiane. Ma Giuseppe Conte la garanzia per 6,3 miliardi l'ha data di fatto prosciugando le capacità di Sace mentre mezza industria italiana sta morendo causa Covid e la famosa potenza di fuoco annunciata per sostenere le imprese italiane si è risolta in un petardo, anche po' fioco. Un altro pericoloso bolscevico come Carlo Calenda affermò: «Ovviamente la sede legale e fiscale tornano a Torino, altrimenti siamo al surreale». La sede di Fca è rimasta dov'era e prima che la garanzia scada (è buona fino al 2024) s'è fatto il matrimonio con Peugeot e Fiat-Chrysler è rimasta solo per la storia. Stefano Fassinia (Leu), che allora faceva parte della maggioranza di governo, fu ancora più esplicito: «Condizioniamo l'aiuto dello Stato alla residenza giuridica e fiscale in Italia, a cancellare i dividendi non per un anno, ma fino a quando le garanzie dello Stato per essi immobilizzate non vengono liberate». È finita che Fca non esiste più, che Stellantis sta in Francia, l'Italia di fatto nell'indifferenza di tutti - sindacati compresi - non ha più una sua industria automobilistica, ma prima della dissoluzione Fiat Chrysler ha distribuito un dividendo straordinario pari a 2,9 miliardi e gli Agnelli, tramite la finanziaria Exor, ovviamente di diritto olandese (hai visto mai si dovessero pagare le tasse in Italia) si sono messi in tasca 843 milioni. Ebbene, di questa singolare coincidenza nelle pensose pagine di La Repubblica non c'è una riga. Anzi nella laudatio del foglio di Maurizio Molinari si apprende che: «Di fronte alla pandemia, al lockdown, alla crisi mondiale, Gianni Agnelli avrebbe cercato di sostenere la ricerca e le menti più geniali per trovare il modo per combattere il virus. Fca, nel 2020, ha messo a disposizione manodopera e spazi per la produzione delle mascherine». Per quelle mascherine Fiat Chrysler ha contato su una benevolenza del governo pari a 6,3 miliardi di euro? Pare brutto chiederlo a John Elkann. Almeno a Repubblica. Che però una cosa l'ha azzeccata; del nipotino si potrebbe dire: tutto suo nonno! Ha imparato fin da piccolo a socializzare le perdite a privatizzare i profitti. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/agnelli-beatificazione-miliardi-di-stato-2650998267.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-servizi-lanciano-lallarme-sulle-quattro-ruote" data-post-id="2650998267" data-published-at="1615331282" data-use-pagination="False"> I servizi lanciano l’allarme sulle quattro ruote Ci sono anche il settore automotive e soprattutto quello sul sistema finanziario nazionale nelle 122 pagine della relazione annuale sulla politica dell'informazione per la sicurezza inviata dai nostri servizi segreti al parlamento. Nel 2020 la nostra intelligence ha lavorato molto sulle possibili minacce alla nostra economia nazionale. Del resto, si legge nella relazione, «la crisi sanitaria ha messo in luce in modo ancora più marcato la postura aggressiva di attori esteri, determinati a conseguire posizioni di leadership commerciale e tecnologica in aderenza ad obiettivi ed indirizzi di carattere geopolitico». Anche per questo motivo i nostri 007 hanno intensificato «l'azione di ricerca e d'analisi a supporto del decisore politico, anche ai fini dell'esercizio dei poteri speciali come il golden power e dell'implementazione della normativa di riferimento, il cui ambito di applicazione è stato ulteriormente esteso, nel 2020, proprio per garantire una maggiore protezione dell'economia nazionale». Se nel 2019 le notifiche per l'esercizio del potere speciale erano state 83, nel 2020 sono arrivate a 341. A quanto pare i tentativi di scalata stanno continuando nel 2021. E i settori più colpiti sono stati quelli delle telecomunicazioni e della difesa. In queste settimane all'attenzione del parlamento e del governo c'è il caso Iveco, azienda leader nella produzione di autobus e camion controllata dal gruppo Cnh e quindi di proprietà anche di Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli. Come è noto i cinesi di Faw starebbero trattando l'acquisto della società per una cifra che dovrebbe aggirarsi intorno ai 3,5 miliardi di euro. L'operazione garantirebbe alla famiglia torinese un maxi dividendo da 1,5 miliardi. A opporsi è quasi tutto l'arco parlamentare italiano, da Forza Italia fino ai sindacati. Ma è soprattutto il vicepresidente del Copasir, Adolfo Urso, ad aver da tempo lanciato l'allarme su «un'importante realtà» del sistema industriale italiano «che vede nel gruppo anche Iveco defence, ramo aziendale strategico che lavora per la nostra Difesa. Faw non ha presentato offerte per la parte militare, ma negli ambienti dell'esercito c'è comunque chi mette in guardia sul rischio del dual use, cioè prodotti che potrebbero non essere usati solo in ambito civile. Il ministro per lo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha già parlato del possibile utilizzo del golden power, ma per farlo il governo deve emanare un decreto ad hoc. Il punto è che la famiglia Agnelli sembra aver ormai avviato le trattative, in una strategia che passa chiaramente dalla nascita di Stellantis, il nuovo colosso dell'automotive nato dalla fusione tra Fca e i francesi di Psa. È ormai assodato che l'operazione è a favore dei francesi, considerazione facile guardando l'organigramma dell'azienda con 43 manager di espressione transalpina e solo 18 di Fiat Chrysler. E come ricordava pochi giorni l'ex direttore dell'area studi di Mediobanca, Fulvio Coltorti, su Startmag, il ceo Carlo Tavares avrebbe già iniziato a smontare la presenza in Italia «cercando di salvare l'occupazione in Francia». Per di più gli Agnelli hanno aperto ormai un canale con la Francia, tanto che ieri è diventata di pubblico dominio la notizia dell'entrata di Exor nel capitale del produttore di scarpe Christian Louboutin, 541 milioni di euro per diventare azionista al 24%. Ma il problema Francia non si esaurisce qui. A tenere banco nelle piazze finanziarie è l'acquisto di Borsa Italiana da parte di Euronext, la borsa paneuropea di controllo franco-olandese. L'operazione potrebbe essere perfezionata prima dell'estate e rappresenta, sempre secondo alcuni rapporti dell'intelligence, un rischio strategico per l'Italia. Perché in questo modo la Francia potrebbe tramite Euronext ottenere informazioni e acquistare altre aziende italiane, a trazione sempre transalpina. La governance non è ancora stata perfezionata e gli accordi presi dall'ex ministro Roberto Gualtieri non prevedono garanzie su quell'autonomia decisionale di Borsa tanto cara al presidente di Consob, Paolo Savona, né sugli investimenti. Al momento nelle posizioni apicali ci sono soprattutto uomini legati all'Eliseo, da ultimo Nicolas Jegou, ex collaboratore del presidente Emmanuel Macron. Nelle prossime settimane il dossier sarà valutato proprio da Consob che dovrà valutare gli aspetti tecnici dell'operazione. A ottobre dello scorso anno il sistema Euronext andò in tilt per 3 ore. I vertici dell'azienda smentirono un attacco informatico, parlando di un problema di middleware. Ma in questi giorni in Francia fanno rumore le polemiche sulla fuga di dati da alcuni laboratori medici che avrebbero compromesso la segretezza del personale militare e dell'intelligence.
Nicolas Sarkozy e Carla Bruni (Getty Images)