
Gli scossoni all'unione monetaria fanno tremare Berlino. Alice Weidel, la leader del partito che nei sondaggi supera l'Spd: «Si dovrebbe poter votare un referendum, invece di trasferire sempre più denaro a Bruxelles» Il tema della moneta unica non agita solo le acque della politica italiana. Gli scossoni dell'unione monetaria fanno infatti tremare anche la Germania. Nell'edizione di ieri La Verità ha raccontato, con il presidente dell'Institute for economic research (Ifo), Clemens Fuest, la volontà di un gruppo di economisti tedeschi di introdurre una sorta di «switch» dell'articolo 50 del trattato di Lisbona, quello che regola l'uscita di un Paese dall'Unione europea. Per come stanno oggi le cose, lasciare l'Ue equivale ad abbandonare l'euro. La modifica proposta consentirebbe a uno Stato membro di staccarsi dall'eurozona per tornare a una propria valuta nazionale pur rimanendo nell'Ue. Eventualità che, come ha spiegato lo stesso Fuest al nostro quotidiano, si fa sempre più concreta dopo l'affermazione alle elezioni italiane di forze politiche «non allineate» all'establishment europeo, come il Movimento 5 stelle e la Lega di Matteo Salvini. Secondo il responsabile del settore finanza pubblica del Centre for european economic research (Zew), Friedrich Heinemann, la vittoria delle forze populiste «è uno shock per l'Europa ma potrebbe rivelarsi allo stesso tempo un colpo di fortuna». Per Heinemann, fino a oggi si è creduto erroneamente che i pericoli maggiori per l'eurozona potessero derivare da shock esterni, come la Brexit o una crisi dei debiti sovrani. «Tutte queste idee possono avere senso partendo dal presupposto che gli Stati dell'Eurozona siano guidati da governi responsabili che non provocano essi stessi uno shock asimmetrico», spiega l'economista tedesco dalle colonne della Süddeutsche Zeitung. Il segnale dato dalla tornata elettorale italiana suggerisce la necessità di una riforma che garantisca il corretto funzionamento dell'eurozona in presenza di «governi non cooperativi». «I nuovi strumenti», aggiunge «devono essere progettati in modo tale che la loro attivazione sia credibilmente esclusa per i Paesi irresponsabili». Con tanti saluti alla melensa retorica della solidarietà europea, la tendenza nel futuro è quella di aiuti e finanziamenti condizionati all'obbedienza a Bruxelles. Ma le affermazioni che lasciano più a bocca aperta sono quello che seguono. «Solo in questo modo», conclude l'esponente dello Zew, «la zona euro può essere immunizzata contro i tentativi di ricatto di elettori e politici». La particolarissima idea di democrazia di Heinemann mal sopporta dunque che il popolo e i suoi rappresentanti interferiscano con le decisioni dei burocrati europei. Come afferma più avanti infatti, «l'Europa ha bisogno di un'istituzione veramente indipendente e non politica, che dia credibilità a condizioni e regole», compito per il quale «la Commissione europea non è adatta a causa del suo ruolo politico». Le affermazioni non necessitano di grande sforzo interpretativo. Proprio come prospettava la Commissione trilaterale nel celebre libro La crisi delle democrazie, pubblicato nel 1975, che individuava il punto debole dei sistemi di governo nell'eccesso di partecipazione alla vita politica da parte dei cittadini. «Il funzionamento efficace di un sistema politico democratico richiede, in genere, una certa dose di apatia e disimpegno da parte di certi individui e gruppi», si legge nel testo. Una situazione fertile per l'affermarsi della tecnocrazia, quel sistema di gestione del potere per il quale il consenso non è più un fattore necessario. Chi non rinuncia a far sentire la propria voce è Alternative für Deutschland (Afd), il partito tedesco di destra che negli ultimi sondaggi ha addirittura superato l'Spd. L'attuale commissario dei socialdemocratici, Olaf Scholz, è appena diventato vice di Angela Merkel e ministro delle Finanze. Qualche giorno dopo la sua nomina Scholz ha dichiarato che «è necessario che la Germania versi più soldi nel bilancio dell'Ue», a causa del «buco» causato dalla fuoriuscita del Regno Unito. Parole che hanno scatenato l'immediata reazione di Afd. «Il ministro Scholz annuncia che la Germania deve pompare ancora più denaro nell'Unione europea», ha scritto domenica su Facebook uno dei leader del partito, Alice Weidel. «Durante la campagna elettorale abbiamo chiesto una riforma dell'Unione europea, e in assenza della riforma, un referendum sul destino della Germania. A oggi non c'è né la riforma né la volontà di imparare dalla Brexit». «I cittadini dovrebbero poter votare sulla Dexit (l'uscita della Germania dall'Ue, ndr), invece di trasferire sempre più denaro a Bruxelles», conclude la Weidel. In meno di 48 ore l'ipotesi di un break-up dell'eurozona è passata dalle parole di grandi economisti a possibile iniziativa politica. E non in Italia: in Germania.
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Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.