2022-05-07
Zelensky disposto a cedere la Crimea «Non tutti i ponti sono stati bruciati»
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Il presidente ucraino chiede il ripristino dei confini ante guerra, accettando di fatto la perdita dei territori già annessi dai russi nel 2014. In Italia mal di pancia grillini per l’invio di armi. E ora anche Fi pone distinguo. Volodymyr Zelensky apre alla cessione della Crimea. Il presidente ucraino, intervenendo in videoconferenza a un evento del centro studi britannico Chatham House, ha affermato che la condizione minima per accettare un accordo di pace è che «le truppe russe devono ritirarsi nei confini pre invasione, ritornare entro la linea di contatto precedente il 24 febbraio», lasciando intendere che almeno per ora Kiev non pretenderebbe la restituzione della Crimea, annessa dai russi nel 2014. «Se la Russia uccide civili o soldati che potrebbero essere rilasciati», ha sottolineato ancora il leader ucraino, «non possiamo condurre trattative diplomatiche con loro». Ma ha anche aggiunto: «Da parte nostra non tutti i ponti diplomatici sono stati bruciati», evitando di avanzare richieste pure su quella parte del Donbass fra Donetsk e Lugansk sottratta a sua volta al controllo di Kiev dal 2014. «Oggi l’obiettivo prioritario è finire la guerra», ha detto invece Andriy Yermak, capo dell’ufficio della presidenza ucraina, «e far ritirare le truppe russe almeno ai confini del 23 febbraio. Luhansk e Donetsk e Crimea sono due questioni impegnative, che devono essere discusse dai due presidenti (Putin e Zelensky, ndr). Il presidente dell’Ucraina è pronto a farlo». Le autoproclamate repubbliche popolari filorusse di Donetsk e Lugansk, nel Donbass, riconosciute da Mosca, hanno intanto nominato i loro ambasciatori in Russia: si tratta rispettivamente di Olga Aleksandrovna Makeyeva e Rodion Valeryevich Miroshnik. Yermak ha anche rivelato che sono sette i Paesi, fra cui l’Italia, che si sono resi disponibili come futuri garanti della sicurezza dell’Ucraina. Yermak ha aggiunto di augurarsi che a questo elenco, che comprende Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Turchia, Polonia e appunto Italia, possano aggiungersi India e Cina. «I colloqui di pace tra Russia e Ucraina sono in fase di stallo», ha affermato Alexey Zaitsev, vicedirettore del dipartimento di informazione e stampa del ministero degli Esteri russo. Come nel Donbass, neanche a Mariupol ci sarà alcuna parata il 9 maggio, il giorno della commemorazione della vittoria sulla Germania nazista: «L’organizzazione delle celebrazioni nella città», ha ammesso il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, «è impossibile per ovvie ragioni». Il 9 maggio è una data cerchiata in rosso sul calendario di questa guerra. Zelensky ha chiesto al cancelliere tedesco Olaf Scholz di compiere «un passo forte» e recarsi in visita a Kiev proprio quel giorno. «È invitato a venire in Ucraina», ha detto Zelensky riferendosi a Scholz, «può compiere questo forte gesto politico e venire qui il 9 maggio a Kiev. Non ne spiego il significato, credo siate sufficientemente colti da capirne il perché». La Russia invece non è stata invitata alle cerimonie di commemorazione francesi della vittoria nella seconda guerra mondiale, il prossimo 8 maggio: lo ha reso noto l’ambasciatore di Mosca a Parigi, Aleksey Meshkov. Il ministero degli Esteri russo, secondo la Tass, ha convocato l’ambasciatrice del Regno Unito a Mosca, Deborah Bronnert, in seguito alle sanzioni varate da Londra. «Il proseguimento di una tale linea», è stato detto alla Bronnert, «porterebbe alla definitiva distruzione delle relazioni bilaterali».Un ulteriore fronte si apre intanto tra Polonia e Russia. «Per decenni, per secoli, non ci saranno più frontiere tra Polonia e Ucraina», ha detto ieri il presidente polacco Andrzej Duda. Secondo Duda, i due Paesi potranno «per i prossimi secoli vivere insieme su questa terra, costruendo e ricostruendo insieme la loro comune felicità e forza». Parole non piaciute a Mosca: «La maschera è caduta. Si tratta di un’annessione di fatto dei territori dell’Ucraina occidentale da parte della Polonia», ha commentato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev. Intanto in Italia prosegue la polemica politica, con il M5s che continua a chiedere (invano) un intervento in Parlamento del premier Mario Draghi: «Se Draghi dovesse andare in Usa senza passare dal Parlamento», ha detto ieri Giuseppe Conte, «sarei molto deluso». Considerato che la visita di Draghi alla Casa Bianca è prevista per il 10 maggio, la delusione è certa. «Dopo 70 giorni di guerra», ha aggiunto Conte, «non vogliamo sentir parlare di armi sempre più pesanti ma di una svolta decisa per un negoziato. È giusto e doveroso che il Parlamento possa esprimere un chiaro indirizzo e che il governo lo ascolti». «I tempi sono stretti», hanno risposto da Palazzo Chigi, ricordando che è già in calendario per il 19 maggio il question time con il presidente del Consiglio. Anche da Forza Italia, pure tradizionalmente allineata agli Usa, spuntano dei distinguo: «Noi siamo favorevoli all’invio di armi che però non devono uscire dai confini dell’Ucraina. Se si va a colpire il territorio russo con armi occidentali diventa problematico», ha detto il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani.