2025-11-12
Mister Tasse invia l’avviso di sfratto a Elly
Ernesto Maria Ruffini (Ansa)
Ernesto Maria Ruffini, ex direttore delle Entrate, non si nasconde più. E, fiero della prefazione al suo libro firmata da Mattarella, spara sulla leader dem, ricordando l’Ulivo. Pronto il lancio del movimento nato dai comitati «Più uno». Oltre al Colle, tifano per lui Prodi e il Vaticano.Meglio perdere serenamente, piazzando in Parlamento un manipolo di fedelissimi, che cercare di vincere e andare al governo. Sono sempre di più, nel campo del centrosinistra, a pensare che a Elly Schlein non interessi affatto costruire una vera alternativa al governo guidato da Giorgia Meloni, e che il suo unico obiettivo sia mantenere il controllo del partito fino alle politiche del 2027 per poter compilare le liste e scegliere i candidati nei collegi uninominali (se ci saranno ancora). E comunque, Elly vuole testardamente ricoprire il ruolo di candidata del centrosinistra per Palazzo Chigi, sfidando Giorgia Meloni in una partita che, ce lo consentirà il quartiere generale dem, sarebbe persa in partenza. Il problema è che, però, qualcuno ora oltre a pensarlo lo dice pure, e non si tratta di perfetti sconosciuti, passanti o semplici simpatizzanti, ma di esponenti di un mondo, quello del cattolicesimo di sinistra, che ha nel presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il suo più autorevole esponente.Il caso più eclatante è quello di Ernesto Maria Ruffini, 57 anni, ex direttore dell’Agenzia delle entrate, che sabato prossimo a Roma riunirà i responsabili dei comitati «Più uno», embrione probabilmente di un movimento politico destinato a creare più di qualche grattacapo a Schlein, Conte e compagnia perdente. Ruffini è uno che negli ambienti romani conta eccome: figlio di un più volte ministro democristiano, Attilio Ruffini, nipote del cardinale e arcivescovo di Palermo, Ernesto Ruffini, fratello di Paolo, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Ernesto Maria ha avuto il privilegio di vedersi firmare da Mattarella la prefazione a un suo libro del 2022, Uguali per Costituzione. Storia di un’utopia incompiuta dal 1948 a oggi, edito da Feltrinelli. Comprendete bene che una prefazione firmata dal presidente della Repubblica non è cosa da poco, e quindi la stima di Mattarella per Ruffini la diamo per scontata. In questi ultimi giorni, come dicevamo, l’ex «Mister tasse» ha iniziato a esternare contro il campo largo e l’attuale dirigenza del Pd senza troppi giri di parole. «Sabato», ha detto alla Stampa, «riuniremo a Roma i comitati “Più uno” che si sono costituiti in tutte le regioni e assieme decideremo come strutturare un movimento che intende ridare voce a cittadini non rassegnati a una democrazia a bassa intensità. Con l’obiettivo di scuotere la nostra parte politica, un campo largo che oramai pratica una vocazione minoritaria: quella che ti fa sentire sempre dalla parte del giusto, ma senza confrontarsi davvero con l’ambizione del governo». In sostanza per Ruffini il centrosinistra a guida Schlein neanche ci prova a creare un’alternativa al centrodestra. Le sue parole sono di una chiarezza cristallina: «Davanti a una destra, che sembra imbattibile ma non lo è», sottolinea Ruffini, «ricordiamoci la lezione dei partiti del primo Ulivo, che non si chiusero in sé stessi e furono lungimiranti: si aprirono ai Comitati di cittadini, si rivolsero alle persone, rendendole protagoniste. Il Pd sembra essersi arreso davanti al partito di maggioranza assoluta, che è quello degli astenuti, abbandonando così la sua vocazione maggioritaria. Occorre riprendere quella bandiera: non si tratta di capire quanto sia largo il campo di chi sta già dentro, ma semmai aprire il campo a chi ne è uscito, ad esempio con il non voto. Certo», stoccata finale, «è più facile amministrare il proprio consenso, ma la politica è saper affrontare anche sfide difficili». Amministrare il consenso: Ruffini in sostanza esplicita con chiarezza quello che dicevamo all’inizio, ovvero che la Schlein pensa solo al proprio orticello. E non è il solo, tra i protagonisti di quel mondo che ha nel Quirinale e nel Vaticano i propri punti di riferimento, a pensarla (e dirla) così. Esempio (e che esempio) Romano Prodi: «A me interessa il Pd, certo», ha detto il Professore qualche giorno fa sul Nove, «ma soprattutto il governo. Il ragionamento della segretaria aiuta a far crescere un’alternativa? No. A me preme che si crei una coalizione che vinca le elezioni, e non sembra che nessuno abbia voglia di vincere le elezioni». Dunque, le nuvole sulla segreteria di Elly Schlein si addensano: del resto, la tentazione minoritaria dell’attuale dirigenza dem è talmente palese da rendere inevitabile che qualcuno, finché sul pianeta sinistra ci sarà un po’ di vita, tenti di reagire. Chi vincerà le elezioni 2027, ricordiamolo sempre, avrà i numeri per eleggere il prossimo presidente della Repubblica. E qui il cerchio si chiude: i mondi che gravitano nell’orbita del Quirinale non possono lasciare che Giorgia Meloni indichi il prossimo inquilino senza neanche provare a giocare la partita. Costi quel che costi, Elly o non Elly, Giuseppi o non Giuseppi, l’ultimo bastione va difeso con tutte le forze a disposizione.
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