
Si chiama Paolo Rossi come l’eroe del Mundial ’82, ma non si guadagna da vivere a suon di gol. E di sicuro non riceverà i biglietti omaggio per il tour planetario di Eros Ramazzotti che partirà il prossimo 11 febbraio. Il protagonista della nostra storia ha 59 anni, è genovese e di mestiere fa il revisore dei conti e il consulente finanziario. Da un anno combatte con l’ugola d’oro romana per farsi rifondere i danni patiti dal suo bell’appartamento di dieci vani, adibito anche a studio professionale e acquistato con i risparmi di una vita in zona Citylife a Milano. L’immobile si trova in uno stabile di pregio: tre piani ripartiti in sei appartamenti di ampia metratura. Recentemente la facciata è stata rifatta e diversi proprietari hanno rimesso a posto le loro abitazioni. Ma solo uno dei suddetti interventi avrebbe creato disagi agli altri condomini. «Mai tali lavori hanno arrecato danni alle unità immobiliari», hanno sottolineato, in uno dei loro atti, gli avvocati Fabio Lepri e Salvatore Pino, difensori di Rossi, «fino a quando una di esse è stata ceduta e il suo acquirente ha pensato bene di avventurarsi in lavori letteralmente devastanti, che hanno gravemente danneggiato l’appartamento sottostante».
I lettori avranno già capito chi sia l’ipotetico «vandalo». Ramazzotti nell’ottobre del 2024 ha acquistato casa proprio sopra a quella di Rossi, spostando lì la residenza, e avrebbe quasi immediatamente avviato «inusitati lavori di demolizione». Secondo i legali di Rossi «sono stati dapprima demoliti e rimossi tutti i muri divisori interni, porte e impianti e successivamente, in un paio di giorni, sono stati rimossi sia i pavimenti che il sottostante massetto, ricorrendo a un uso tanto improprio quanto massiccio di martelli pneumatici». Gli avvocati fanno riferimento ad «abnormi immissioni sonore», «consistenti vibrazioni» e all’«allarme provocato in tutti gli abitanti dello stabile». Queste operazioni sono iniziate il 20 novembre 2024 e, dopo due settimane, del vecchio appartamento non restava null’altro che macerie. Nel ricorso presentato da Rossi per avere un accertamento tecnico preliminare e risolvere rapidamente la lite, è descritto quanto sarebbe accaduto durante la demolizione: «Nel pomeriggio del 4 dicembre 2024, mentre veniva fatto uso dei martelli pneumatici, si è verificato un crollo nell’appartamento del dottor Rossi, in quanto una parte adibita a palestra e sauna ha subito un totale distacco del plafone, che è rovinato a terra, sulla sauna e sulle attrezzature da palestra e, solo per un caso, non ha ferito i ricorrenti, fortunatamente non presenti in quel momento in casa». Ma quando Paolo e signora sono rientrati hanno dovuto fare i conti con quello che sarebbe stato il loro futuro di accampati. La polvere che aleggia dopo i crolli aveva offuscato l’aria.
Da allora è iniziata una lunga battaglia legale tra Ramazzotti e Rossi che sembra ancora ben lontana dal lieto fine. Il denunciante sostiene di vivere da circa un anno in una casa pericolante e ha messo in sicurezza alcune stanze (quelle dove la battitura dei plafoni ha dato come risposta il suono sordo del vuoto) con degli impalcati di tubi innocenti che fanno assomigliare il bell’appartamento a un cantiere edile. Il 13 novembre 2024 nell’appartamento di Rossi si era presentato il responsabile dei lavori di casa Ramazzotti, l’architetto Luigi Andrea Tafuri. Gli avvocati danno un senso particolare a quella visita: è stato fatto «al dichiarato fine di verificarne lo stato, evidentemente perché lo stesso Ramazzotti, il suo direttore dei lavori, come l’impresa appaltatrice (la Gmr, ndr), erano perfettamente consapevoli di voler attuare demolizioni ad alto rischio». Tale sopralluogo si è svolto alla presenza anche dell’amministratrice del condominio, l’architetto Alberta Contestabile. La quale ha attestato in un documento ufficiale quanto segue: «Durante il sopralluogo è stato accertato l’ottimo stato dell’immobile […]. L’architetto Tafuri dichiarava in tale sede che i lavori di ristrutturazione sarebbero stati rilevanti e rassicurava il dottor Rossi sulla circostanza che qualunque danno, crepa o problematica fosse emersa al suo appartamento sarebbe stata da addebitare ai lavori di ristrutturazione dell’appartamento soprastante». Ma questa promessa non sarebbe stata mantenuta.
Dopo il crollo, Rossi avrebbe avvertito subito sia l’amministrazione che la Gmr e «Tafuri e l’impresa hanno in un primo momento dichiarato la disponibilità a fermare i lavori, per approfondire l’accaduto e verificare i danni provocati all’appartamento». Ma la mattina successiva la Gmr, «su verosimile ordine dell’architetto Tafuri e del proprietario Ramazzotti» e «facendo strame dell’impegno assunto il giorno precedente», avrebbero ripreso a usare i «martelli demolitori […] noncuranti della presenza dei proprietari di casa all’interno dell’immobile sottostante e dell’acclarato rischio di ulteriori crolli e possibili lesioni alle persone». Che cosa è successo allora? «A quel punto al dottor Rossi, al fine di impedire la prosecuzione dei rischiosi lavori, non è rimasto altro che chiedere l’intervento immediato delle autorità competenti, segnalando il crollo del giorno prima e quanto stava di nuovo accadendo».
I verbali della Polizia municipale sopraggiunta nell’appartamento dopo il crollo e quello dei Vigili del fuoco (che, dopo una discussione con Rossi, avrebbero accettato di dichiarare l’inagibilità solo della sala attrezzi) sono piuttosto eloquenti. Nel loro rapporto i ghisa meneghini hanno dato atto che a casa Ramazzotti «erano state demolite le pareti, non strutturali, adibite a suddivisione interna dei locali, asportati gli impianti, e rimosso il pavimento». Quindi hanno aggiunto che «proprio quest’ultima attività potrebbe essere stata la causa del distacco del soffitto in danno dell’immobile sottostante poiché era stato rimosso gran parte del sottofondo (cosiddetto massetto), scoprendo le tavelle che compongono il solaio, che in alcuni punti presentavano anche delle rotture riconducibili ai colpi inflitti dal martello pneumatico». La Polizia municipale ha anche accertato che «in alcuni punti della superficie dell’appartamento erano accatastati diversi metri cubi di residui da demolizione (macerie)». I pompieri hanno rilevato un «dissesto statico di elementi costruttivi» cagionato da «lavori di scavo e demolizione».
Gli avvocati puntualizzano che «la situazione […] è apparsa talmente grave» che Rossi e consorte «sono stati diffidati dall’accesso al locale nel quale si era verificato il distacco del soffitto» e la stanza è stata delimitata con nastro bianco e rosso. Il 13 gennaio 2025 i coniugi Rossi «hanno contestato l’accaduto a Ramazzotti e all’impresa appaltatrice», inviando una prima perizia. L’avvocato del cantautore, Antonio Cacciato, due giorni dopo ha replicato che tale expertise, «di per sé non ricevibile e non condivisibile anche perché generica, formata unilateralmente e non riscontrata, a supporto di (generiche, ampie e non circostanziate) richieste risarcitorie, mostra un approccio immotivatamente aggressivo, che senz’altro rende meno agevole l’interlocuzione tra i soggetti coinvolti». E così, «rimasti vani i tentativi di raggiungere un’immediata composizione bonaria con Ramazzotti, attraverso il suo direttore dei lavori», divenuto nel frattempo procuratore speciale dell’artista in questa vicenda, è partita la causa, con relativo balletto di perizie e controperizie. La difesa del revisore genovese ha subito sostenuto che «i danni causati dai lavori si sono rivelati molto più estesi rispetto a quanto era apparso inizialmente col primo crollo, perché propagati anche alle altre stanze». Gli esperti ingaggiati da Rossi, per evitare ulteriori cedimenti, hanno indicato «quali interventi necessari, la realizzazione di strutture di protezione».
Un anno fa, a giudizio dell’avvocato Cacciato, la situazione non era grave come denunciato da Rossi: «Non consta che l’uso della stanza (oggetto di intervento dei Vigili del Fuoco) sia precluso, essendo stata immediatamente messa in sicurezza […], anche in ragione di assenza di ulteriore intonaco nel solaio» e «i lavori sono proseguiti con apposita messa in sicurezza e non hanno generato aggravamenti di sorta (non si è andati oltre al limitato distaccamento di intonaco)». Nella relazione dell’ingegner Paolo Crispiatico, incaricato dal condominio e non da Rossi, si attribuisce con certezza «lo sfondellamento dell’intonaco» ai «lavori di ristrutturazione» in casa Ramazzotti. Infatti l’impresa avrebbe «totalmente omesso» le cautele necessarie: «Si vede che sono stati tolti i tavolati, i pavimenti ed i sottofondi, ma non sono stati posati puntelli per evitare il movimento del solaio».
Il team di Ramazzotti ha, inizialmente, dato la colpa del crollo a presunti difetti occulti dell’immobile e ha fatto fare una perizia con carotaggi per evidenziare «problematiche strutturali» dell’edificio (definite dai legali di Rossi «pretestuose ed eccentriche»). Ipotesi che non avrebbe trovato riscontri. In ogni caso Ramazzotti, al momento, non ha ancora pagato quanto richiesto da Rossi. Il giudice milanese Carlo Di Cataldo ha fissato la data del 19 gennaio 2026 per il secondo tentativo di conciliazione e ha assegnato al proprio consulente tecnico il termine del 9 febbraio per depositare la relazione preliminare e del 10 aprile per quella finale, mentre i difensori delle parti avranno tempo sino all’11 marzo per il deposito di eventuali osservazioni.
Gli avvocati e lo stesso Rossi hanno quantificato il risarcimento dovuto in oltre 200.000 euro (comprensivi di affitto temporaneo di un altro immobile per il periodo necessario ai lavori di ripristino) e hanno chiesto di conteggiare anche «i danni all’attività professionale svolta nell’appartamento, all’inizio interrotta poi quanto meno rallentata e disagiata dagli eventi». I legali invitano pure a considerare le «intuibili sofferenze, i patemi d’animo e gli stati d’ansia» collegati al «rischio incombente di crollo» e «il sentimento di frustrazione derivato dall’inaccettabile condotta dilatoria» di Ramazzotti & C..
Rossi, contattato dalla Verità, preferisce non rilasciare dichiarazioni. Ma prima di congedarci, si concede un piccolo sfogo: «Mentre stiamo vivendo il nostro calvario fatto di disagi abitativi, di spese legali e di paure per il rischio di nuovi crolli, il signor Ramazzotti è troppo impegnato in colossali investimenti pubblicitari per il nuovo disco “Una storia importante” e per il prossimo “World tour” in partenza a febbraio». Infatti, al danno si sarebbe aggiunta l’immancabile beffa: a poche centinaia di metri dall’appartamento danneggiato, in piazza Buonarroti, un intero edificio per giorni è stato coperto con la promozione del tour e del nuovo disco. Che, siamo certi, Rossi non acquisterà.





