2021-12-10
Gran festa per la liberazione di Zaki. Solo oblio per Costantino e Zennaro
In alto Marco Zennaro, sotto Andrea Costantino. Al centro Patrick Zaki (Ansa)
Giustamente si celebra la scarcerazione dell’attivista egiziano, ma nessuno ricorda più la sorte del trader in Sudan e dell’imprenditore a Abu Dhabi. Finiti in carcere con accuse vaghe, sono vittime di un sequestro.L’Italia festeggia giustamente la liberazione di Patrick Zaki dal carcere di al-Mansoura in Egitto. Lo fa tramite i giornali, la politica e i post sui social network. La mobilitazione che è andata avanti in questi quasi due anni di tempo è stata lodevole. Si è mossa anche Amnesty International, si è attivata su tutti i fronti la nostra diplomazia, si è persino speso il nostro parlamento, il più delle volte dormiente, votando all’unanimità una mozione per concedere a Zaki la cittadinanza italiana. La pressione sull’Egitto da parte della nostra diplomazia è stata molto forte per un ragazzo di nemmeno trent’anni, impegnato nella difesa dei diritti umani con una particolare attenzione alla difficile situazione dei copti cristiani in Egitto. Il legame con l’Italia è dato dal fatto che nel 2019 Zaki, cittadino egiziano, stava frequentando un master all’Università di Bologna. L’altro giorno, intercettato fuori dal carcere, il giovane attivista ha lanciato di fronte alle telecamere anche un «Forza Bologna»: la squadra di calcio ha risposto che spera di vederlo presto allo stadio Dall’Ara per seguire una partita dei rossoblu. Insomma, Zaki è stato abbracciato da tutta l’Italia che ora spera di vederlo presto tornare. Ma gli stessi politici, parlamentari e attivisti che negli ultimi 22 mesi si sono spesi per lui, non hanno mosso un dito per due imprenditori italiani che invece a languire all’estero, chi in carcere senza accuse formali e chi in attesa di un giusto processo o di essere rimpatriato. Sarà che sono imprenditori, sarà che per loro si è speso qualche politico di centrodestra, ma a sinistra non sembra importate molto dei destini di questi due uomini. Del resto è una storia simile quella che riguarda Andrea Costantino e Marco Zennaro, quasi coetanei (49 anni il primo e 47 il secondo), bloccati il primo negli Emirati Arabi Uniti e il secondo in Sudan. Costantino è ormai da 9 mesi nel carcere di Abu Dhabi. È stato prelevato senza avvisto lo scorso 21 marzo in un albergo di Dubai, mentre la compagna e la figlia piccola erano in spiaggia. Circondato da 8 persone, alcune con la divisa bianca ha dovuto salutare tutti riuscendo solo a chiedere di chiamare l’ambasciata. Sin dal giorno del suo arresto non è ancora riuscito a incontrare il suo avvocato. Riesce a comunicare con la famiglia appena due volte alla settimana, per pochissimi minuti. Non gli sono mai stata formalizzate le accuse. Al momento non sa ancora perché si trova in carcere. Lo stesso ministero degli Esteri italiano continua a non avere risposte su come stanno andando avanti le trattative per liberarlo. «È in carcere senza accuse, ha perso 25 chili e dorme e mangia per terra», ricordava poche settimane fa Stefania, la compagna dell’imprenditore. Al momento ci sarebbe stata solo un’informazione verbale, nel dietro le quinte delle trattative, sul fatto che gli Emirati starebbero indagando su un’operazione del 2015, relativa alla vendita di gasolio allo Yemen. La situazione in carcere non è chiaramente delle migliori. Non gli è permesso uscire dal blocco in cui è rinchiuso. Ha dovuto anche fare a botte con altri carcerati di fronte alle guardie. A quanto pare viene minacciato da esponenti della criminalità organizzata, indiana e albanese. Nelle scorse settimane, dopo il colloquio tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e Mohammed bin Zayed Al Nahyan (principe ereditario e di fatto comandante delle forze armate emiratine) sembrava si fosse aperto uno spiraglio nei rapporti tra Roma e Abu Dhabi, più che mai complessi dopo la decisione presa a gennaio da parte del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ha imposto l’embargo sulla vendita armi agli Emirati Arabi Uniti. In realtà non cambiato nulla, anche se per la prima volta lo stesso Di Maio ha parlato pubblicamente della vicenda di Costantino spiegando che ne avrebbe parlato nei colloqui a margine dell’Expo di Dubai. Il caso Zennaro ha avuto negli ultimi mesi più enfasi mediatica, ma soprattutto a livello locale, ovvero in Veneto, regione da dove arriva l’imprenditore nato a Venezia. Anche nei giorni scorsi il sindaco del capoluogo veneto Luigi Brugnaro ha speso parole per lui. «Purtroppo in Sudan c’è anche la guerra. Bisogna cercare di tenere il tono basso, per lasciare agire i canali diplomatici, so che il governo è informato e sta lavorando, ma bisogna portarlo a casa». La scorsa settimana durante un’udienza, che sarebbe dovuta essere l’ultima, è stata stralciata una memoria difensiva e sono state fissate così altre 3 udienze. Zennaro, dopo il carcere, è ora di fatto bloccato in Sudan dal primo aprile. Sarebbe accusato di aver venduto attraverso una partita di trasformatori non conformi. Ma in realtà queste accuse, rilevanti penalmente, sarebbero già cadute, anche perché l’imprenditore veneziano non conoscerebbe neppure il suo accusatore. Così a questo si è aggiunta una nuova causa civile che non gli permette di tornare in Italia. Secondo le ultime notizie l’avvocato dell’accusa di sarebbe anche ritirato, ma questo non sembra essere bastato per risolvere una situazione più che mai kafkiana proprio come quella di Costantino. «Stiamo lavorando ogni giorno per portare a casa Marco Zennaro. Bisogna parlare poco e lavorare tanto perché siamo in un momento cruciale» aveva ribadito a metà novembre sempre Di Maio, facendo immaginare che la situazione si sarebbe sbloccata a breve. Invece è passato quasi un mese, senza risposte. E come ha più volte ribadito il governatore del Veneto Luca Zaia: «Siamo di fronte a un sequestro». Che si spera finisca il prima possibile come per Zaki.
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