2021-06-07
Luca Zaia: «Il Recovery plan è l’occasione per realizzare l’autonomia»
Il governatore del Veneto: «Roma non riuscirà a investire 209 miliardi senza le Regioni. Da oggi siamo zona bianca: segnale importante per attirare turisti anche dall'estero».Luca Zaia, presidente del Veneto, la proposta di Matteo Salvini sulla federazione di centrodestra sta accelerando. Il primo passo sarebbe quello di unificare i gruppi parlamentari di Lega e Forza Italia, e qualcuno pensa a una fusione. Lei cosa ne pensa? «Si tratta ancora di una proposta allo stato embrionale. Il segretario, giustamente, fa il lavoro del segretario. Vedremo gli sviluppi. In ogni caso, resta fermo per me un concetto fondamentale: senza identità non si va da nessuna parte». Da oggi il Veneto è la prima grande regione a tornare «zona bianca». Come ci siete arrivati?«Premetto che il virus è imprevedibile, e che è bene avere dalla propria parte anche il fattore K, cioè la fortuna. Detto ciò, il merito è di un lavoro di squadra fatto con la gente veneta: siamo i primi per vaccinazioni a livello nazionale». Ci sono state scelte controcorrente? «Pensiamo all'inizio dell'incubo, quando il 21 febbraio decisi di andar contro le direttive Oms, e obbligai a fare il tampone tutti i 3.500 abitanti di Vo' Euganeo. Decisi in totale autonomia, e anche i miei consiglieri tecnici erano contrari. Ma quella decisione ci ha consentito di scoprire che i malati erano più del previsto, dandoci l'opportunità di isolarli e curarli in tempo». Il Veneto che torna bianco è un messaggio per tutto il Paese? «È un grande traguardo simbolico per l'immagine dell'Italia all'estero. Siamo la prima regione turistica del Paese, con 72 milioni di presenze, e il 67% dei nostri turisti sono stranieri. Il Veneto produce 160 miliardi di Pil e il turismo è la nostra industria regionale più grande, con 18 miliardi di fatturato. La nostra riapertura, con in testa Venezia pronta a ripartire, avrà effetti internazionali: stiamo dicendo al mondo che siamo pronti per un nuovo Rinascimento, un'occasione irripetibile dopo mesi di ansia e catastrofismo». Rinascimento? «Gli antichi romani dicevano che si costruisce sempre sulle ceneri e mai sulle macerie. Considero il Covid come un big bang della storia, paragonabile alla caduta del muro di Berlino o alle Torri gemelle. Dobbiamo capire che i motori non possono più stare al minimo. Il mondo avrà una scala valoriale diversa, e magari scopriremo finalmente il valore della libertà». È ottimista per il turismo? «Stiamo crescendo a due cifre, siamo sopra del 10% rispetto all'anno scorso, nonostante l'handicap del coprifuoco. Quindi sì, possiamo essere ottimisti». Si aspettava di più dal Recovery plan? Nei giorni scorsi l'ha giudicato eccessivamente «centralista». «Molti capitoli del Recovery plan sono ancora da scandagliare. Dico solo che Mario Draghi ha la possibilità di scrivere una pagina di storia ancora intonsa, e si chiama “autonomia". Ci aspettiamo segnali forti. Il centralismo è roba da Medioevo, fa morire i Paesi. Io voglio tendere una mano: cominciamo con l'affrontare il tema anche su singoli progetti».Vale a dire?«Coinvolgiamo le Regioni su singole opere, contrattualizziamo degli obiettivi. Noi ci siamo. Alternative non ce ne sono. Anche perché lo Stato centrale non riuscirà mai a mettere a terra, da Roma, 209 miliardi di Recovery plan». A quali progetti pensa?«Il governo può identificare le opere strategiche regionali, ottimizzare il modello del ponte Morandi, con un controllo commissariale efficiente. Il risultato, per me, sono più opere pubbliche, più crescita e più posti di lavoro». Dicono che l'autonomia spacca il Paese a metà. «Chi lo dice è fuori dal tempo, sta ancora al “caro amico…". Leggano la Costituzione repubblicana, scritta contemporaneamente a quella tedesca: l'idea del 1948 era quella di dare gas all'economia concedendo libertà ai territori. La Germania lo ha fatto, noi lo abbiamo scritto ma non lo abbiamo fatto. Dunque non chiedo una riforma costituzionale: basta applicare la Costituzione che abbiamo già». Se il governo continuasse a non sentire, il Veneto cosa farà? «Senza violenza, combatteremo fino all'ultimo, anche perché l'autonomia è inevitabile, è uno sbocco naturale delle cose». Interessi politici remano contro? «Una cultura imperante, quella dell'assistenzialismo in cambio di voti, continua ad affossare il Paese, e ancora ne paghiamo il conto. Una persona in difficoltà va aiutata, ma se questa persona è in grado di lavorare, non possiamo dargli soldi per stare seduta sul divano. I soldi, semmai, occorre darli all'imprenditore per assumere». Gli albergatori dicono che non trovano dipendenti, perché molti preferiscono il sussidio al lavoro. «Hanno ragione, e sono solo la punta dell'iceberg. Tanti imprenditori veneti si lamentano perché non trovano personale. Non demonizzo gli ammortizzatori sociali, ma hanno senso soltanto con un controllo millimetrico del mercato del lavoro. Condivido l'approccio Draghi sul blocco dei licenziamenti: ci sono settori che oggettivamente vanno tutelati, ma altri settori vanno liberati, introducendo maggiore mobilità». I sei referendum promossi dalla Lega e dai Radicali sulla giustizia puntano anche a liberare l'economia dalle lentezze dei tribunali? «Io penso che i magistrati facciano il loro dovere, salvo rare eccezioni, come in tutte le buone famiglie. Sono le leggi fatte male dal Parlamento il vero problema. Nell'interesse del cittadino e del magistrato, la certezza di avere norme chiare, non interpretabili, ci porterebbe a un modello anglosassone di gran lunga più efficiente del nostro. Efficienza vuol dire anche competitività: una causa civile non può durare sette anni». Enrico Letta insiste sulla tassa di successione. Come se la spiega? «Indro Montanelli diceva che in America, se uno si compra una bella macchina, tutti cercano di imitarlo: in Italia gli bucano le gomme. Letta basa le sue proposte sull'odio sociale, sull'equa divisione di benessere e malessere. Se chi ha risorse ha già pagato le tasse, perché dovrebbe vedere il patrimonio tassato di nuovo? Forse pensano che la ricchezza cresca sugli alberi, ma non è cosi. Ci vuole uno che rischi, che paghi gli stipendi. Da noi si dice: quando il ricco guadagna, il povero magna». Proposte che intimoriscono, in una regione ricca come la sua? «Ricca ma non egoista. Siamo la prima regione italiana per numero di volontari e per entità di donazioni, e nei momenti peggiori della pandemia la gente ha confermato la sua generosità. Cito un caso per tutti: Ennio Doris. Mi ha chiamato e mi ha dato 6 milioni di euro per affrontare l'emergenza. Tra i veneti ho tirato su in tutto 58 milioni di euro di donazioni». Vorrebbe Draghi al Quirinale o pensa sia più utile a Palazzo Chigi?«È prematuro parlarne, per adesso la mia priorità è la battaglia sull'autonomia».
Jose Mourinho (Getty Images)