2021-04-18
La vittoria di Pirro di Speranza può sabotare le aperture
Il coprifuoco dalle 22, su cui si è incaponito il ministro, fa a pugni con la ripartenza dei locali. E sui dehor c'è da fare chiarezza.Davanti a una sconfitta su tutti i fronti, ha cercato di difendere come una bandiera almeno il confine estremo degli orari di rientro. Ma adesso è facile prevedere che l'impuntatura di Roberto Speranza sulla conservazione del coprifuoco notturno dalle 22 alle 5 del mattino provocherà soltanto confusione, incertezza e problemi. E rischierà di rendere difficilmente attuabile la ripresa di molte attività economiche. Lo scontro che nella «cabina di regia» governativa di venerdì ha visto opporsi per alcune ore i «chiusuristi» grillino-sinistri e gli «aperturisti» di centrodestra, alla fine s'è felicemente concluso con la mediazione del presidente del Consiglio, Mario Draghi, e con l'annuncio delle riaperture di scuole e di molte attività a partire da lunedì 26 aprile.Quando ha capito di aver perso la partita, il ministro della Salute (nonché segretario di Articolo 1, partitino dell'estrema sinistra) è stato irremovibile su un punto: spalleggiato dal ministro pd della Cultura, Dario Franceschini, e dal grillino Stefano Patuanelli, responsabile dell'Agricoltura, Speranza ha preteso fosse almeno conservato il coprifuoco alle 22, ormai imposto agli italiani dalla metà dello scorso ottobre. Ma aver conservato quel limite di tempo serale per i movimenti delle persone rischia ora di scardinare anzitempo la svolta annunciata da Draghi, e soprattutto di annullare gran parte dei benefici effetti delle riaperture. Dovendo prevedere un rientro obbligatorio a casa dei clienti per quell'ora, ad esempio, i ristoranti non avranno il tempo materiale di prepararsi per la cena, a meno che gli avventori non si presentino al più tardi verso le 19-19,30. E i clienti dovranno anche sbrigarsi a mangiare, per tornare a casa rispettando l'orario e per evitare il rischio di una multa da 400 euro. Lo stesso varrà per molti bar, oltre che per tante attività sportive, ricreative e culturali organizzabili di sera. Era esattamente per evitare questo che, nel vertice di venerdì scorso, il ministro leghista dello Sviluppo, Giancarlo Giorgetti, e il ministro delle Regioni, Maria Stella Gelmini, di Forza Italia, avevano inutilmente caldeggiato uno slittamento del coprifuoco alle 23, se non alle 23,30. Per allungare quell'orario si erano battuti anche alcuni presidenti di Regione, ai quali era evidente l'incongruenza tra la decisione di riaprire le attività e la conservazione del precoce blocco notturno alla circolazione. Purtroppo non c'è stato nulla da fare. Per Speranza, e per i suoi alleati «chiusuristi», le 22 sono diventate una specie d'invalicabile vallo ideologico. È vero che poi il ministro della Salute, nella conferenza stampa di venerdì, ha dichiarato che «il governo valuterà settimana per settimana l'evoluzione della curva epidemiologica, e adotterà eventualmente ulteriori misure». Ma il punto d'onore che sul coprifuoco Speranza ha strappato a Draghi rischia ora di essere per lui la classica vittoria Pirro. E di trasformarsi domani in un problema per tutti. Non per nulla, ieri i social network traboccavano di commenti amaramente ironici sul tema, e proprio l'hashtag #coprifuoco era tra i più utilizzati su Twitter. Ha letteralmente spopolato la vignetta del battutista Osho, con la povera Cenerentola che viene costretta a lasciare il ballo, ma evidentemente anche la cena, perché alle 22 non ha tempo nemmeno per «fare scarpetta». Ironica anche la presa di posizione sui social network di Matteo Salvini, che ieri ha confermato come «il prossimo obiettivo resta quello di cancellare il coprifuoco alle 22 e di anticipare l'apertura dei locali anche al chiuso», e di fronte alle pressanti richieste dei suoi interlocutori online, che volevano più libertà di movimento, ha scritto: «Fatemi chiedere una cosa alla volta, altrimenti Speranza fa sciopero…». Il leader della Lega ha aggiunto che comunque di allungare l'avvio del coprifuoco si parlerà nel prossimo incontro tra Draghi e le delegazioni dei partiti, previsto per domani alle 17, «ma intanto offro al Paese il risultato di 40 miliardi cash per le imprese e le riaperture per le zone fuori dal rischio pandemico». Certo, al momento restano senza soluzione anche altri problemi tecnici di non poco rilievo. Il decreto con cui il governo la settimana prossima ordinerà le riaperture delle attività dal 26 aprile, infatti, dovrà specificare molto bene quali tra loro potranno riprendere vita, e come dovranno farlo. Il provvedimento dovrà essere minuzioso, dettagliato. Per restare sui ristoranti, infatti, oggi si sa soltanto che a riaprire per primi saranno quelli dotati di spazi scoperti, perché all'aria aperta il rischio di contagio è sicuramente molto inferiore rispetto a quello che si corre in un perimetro chiuso. Ma che cosa s'intende con l'espressione «all'aperto»? Un locale che abbia un giardino interno, per esempio, potrà utilizzare soltanto i tavoli che si trovano allo scoperto, o anche quelli immediatamente vicini? Come dovrà essere considerata, poi, una veranda aperta sul mare? Sarà forse valutato come spazio «all'aperto» anche quello di una trattoria che abbia alcune pareti fatte di vetrate mobili? E potrà riaprire il ristorante che con i suoi tavoli abbia occupato il marciapiede antistante, nel caso in cui abbia previsto chiusure in vetro, o in plastica? La speranza (ovviamente con la s minuscola) è che Draghi riesca a evitare la disastrosa confusione dei tanti decreti firmati dal suo predecessore, Giuseppe Conte. Si vedrà…