2023-10-03
Vincent Van Gogh, cultura e arte. Una grande mostra al MUDEC di Milano
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Vincent van Gogh. Paesaggio con covoni e luna che sorge, 1889 . Kröller-Müller Museum, Otterlo
Al MUDEC di Milano, sino al 28 gennaio 2024, una mostra che indaga la profondità della dimensione culturale di Van Gogh, la sua passione per i libri e il suo grande amore per il Giappone e le stampe giapponesi. Esposto al pubblico un nutrito corpus di opere, fra cui circa 40 provenienti dal Museo Kröller-Müller di Otterlo, depositario di una straordinaria collezione di dipinti e disegni del pittore olandese, seconda solo a quella del Van Gogh Museum di Amsterdam. Irrequieto, incompreso, geniale, minato nel corpo e nello spirito da una profonda fragilità e instabilità emotiva, quella di Vincent Van Gogh - che ha vissuto solo 37 anni, dal 1853 al 1890 - non è stata un’esistenza facile, ma tormentata, profondamente segnata da numerose tragedie e sconvolta dalla follia. Ma se questi sono «dati di fatto», è altrettanto vero che Van Gogh è stato anche altro, molto altro. E per conoscerlo davvero bisogna superare gli stereotipi del pittore pazzo e suicida, dell’artista schizofrenico e autolesionista, asociale e poco colto e andare oltre. Per scoprire che questo grande genio olandese, oltre che il pittore che tutti conosciamo, fra i più amati e noti al grande pubblico, è stato anche un intellettuale estremamente colto, appassionato lettore («I libri, la realtà e l’arte sono una cosa sola per me», scriveva in una delle sue lettere), frequentatore di musei, amante del Giappone, delle stampe e dell’arte nipponica e attento osservatore delle tendenze artistiche del suo tempo.Vincent Van Gogh pittore colto, dunque. Che è poi il titolo della mostra allestita nelle sale del MUDEC di Milano (sino al 28 gennaio 2024) e resa possibile anche grazie alla collaborazione del prestigioso Museo Kröller-Müller di Otterlo, da cui provengono circa 40 delle opere esposte: a fare la differenza, fra questa e altre mostre, è che, accanto a capolavori assoluti come Covone sotto un cielo nuvoloso, Uliveto con due raccoglitori di olive, Autoritratto, Salici al tramonto, Pini nel giardino dell’ospedale, Ritratto di Joseph-Michel Ginoux, ma anche i disegni preparatori a quell’opera straordinaria che è I mangiatori di patate, sono esposti anche libri e riviste d’arte, in un interessante fil rouge che si articola lungo tutto il percorso espositivo A spiegare ai nostri lettori il perché di questa scelta, le parole di Mariella Guzzoni (studiosa vangoghiana e curatrice della mostra insieme a Francesco Poli e Aurora Canepari): « Van Gogh era un gran lettore, oltre che un pittore straordinario. Un aspetto poco conosciuto, messo in ombra dalla sua vita tormentata. Da anni indago il tema e raccolgo i libri che furono tra le sue mani ( I Libri di Vincent, J&L). Presentarli oggi accanto alle sue opere è un’emozione per me, e spero sia contagiosa… e che aiuti a capire meglio il genio olandese».Oltre ai libri, a fare da «secondo filo conduttore» (ma non per questo meno importante) alla mostra un’altra grande passione di Van Gogh: il giapponismo, ossia una profonda fascinazione per il Paese del Sol Levante e la sua arte. Per le stampe soprattutto: chi ama il genere, nella sezione Van Gogh: il sogno giapponese. Da Parigi alla Provenza ne troverà esposte una quindicina, oltre a xilografie originali di maestri come Hiroshige e Hokusai, tutte provenienti dal Museo Chiossone di Genova, custode della più importante collezione italiana di stampe ukiyoe (letteralmente: immagini dal mondo fluttuante). Capolavori indiscussi della storia dell’arte giapponese, materia di studio e di ispirazione per Van Gogh (oltre che oggetti da collezione), che ne influenzarono la produzione artistica , soprattutto da un certo periodo in poi. Ed è in Provenza, ad Arles in particolare, dove l’artista trascorse gli ultimi anni della sua breve vita (1889/89) prima del ricovero, l’ultimo, all’ospedale di Saint-Rémy, che Van Gogh trovava il suo Giappone («mi dico sempre che qui sono in Giappone»), l’ equivalente di quel paradiso rurale - seppure con luci e colori diversi - che intravedeva nei paesaggi delicati di Hokusai e Hiroshige.Terzo focus della mostra, il pittore francese Jean-François Millet, l’artista che con la sua visione profondamente religiosa della natura ha influenzato maggiormente Van Gogh, diventando il suo modello di riferimento e – addirittura – il motivo per cui decise di diventare egli stesso pittore (non dimentichiamoci che Van Gogh non fu un talento precoce e tutta la sua attività artistica si concentra in un solo decennio, dal 1880 al 1890): a testimoniare questo profondo legame, esposti in mostra interessanti disegni di Van Gogh copie di opere di Millet, tra cui il celebre Angelus, gli Zappatori (disegno messo a confronto con un’incisione del pittore francese) e Il Seminatore, figura ricorrente nelle opere dell'olandese, in quanto simbolo della sua missione di seminatore di verità attraverso l’arte.Ad arricchire il percorso espositivo anche una sala immersiva multimediale, dove una composizione di libri aperti invita il visitatore a entrare nella mente di Van Gogh e nel suo universo di suggestioni e ispirazioni letterarie e artistiche. Un omaggio inedito - come tutta questa mostra – a un artista geniale, sicuramente tormentato e in lotta con i suoi demoni, ma anche estremamente colto, aperto agli altri, sensibile alle miserie umane e in perenne ricerca della presenza divina più vera, quella che rappresentava nei suoi quadri sui volti stanchi e sulle mani annerite di minatori e contadini. E che non smise mai di cercare…
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)
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C’è anche un pezzo d’Italia — e precisamente di Quarrata, nel cuore della Toscana — dietro la storica firma dell’accordo di pace per Gaza, siglato a Sharm el-Sheikh alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, del turco Recep Tayyip Erdogan e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. I leader mondiali, riuniti per «un’alba storica di un nuovo Medio Oriente», come l’ha definita lo stesso Trump, hanno sottoscritto l’intesa in un luogo simbolo della diplomazia internazionale: il Conference Center di Sharm, allestito interamente da Formitalia, eccellenza del Made in Italy guidata da Gianni e Lorenzo David Overi, oggi affiancati dal figlio Duccio.
L’azienda, riconosciuta da anni come uno dei marchi più prestigiosi dell’arredo italiano di alta gamma, è fornitrice ufficiale della struttura dal 2018, quando ha realizzato anche l’intero allestimento per la COP27. Oggi, gli arredi realizzati nei laboratori toscani e inviati da oltre cento container hanno fatto da cornice alla firma che ha segnato la fine di due anni di guerra e di sofferenza nella Striscia di Gaza.
«Tutto quello che si vede in quelle immagini – scrivanie, poltrone, arredi, pelle – è stato progettato e realizzato da noi», racconta Lorenzo David Overi, con l’orgoglio di chi ha portato la manifattura italiana in una delle sedi più blindate e tecnologiche del Medio Oriente. «È stato un lavoro enorme, durato oltre un anno. Abbiamo curato ogni dettaglio, dai materiali alle proporzioni delle sedute, persino pensando alle diverse stature dei leader presenti. Un lavoro sartoriale in tutto e per tutto».
Gli arredi sono partiti dalla sede di Quarrata e dai magazzini di Milano, dove il gruppo ha recentemente inaugurato un nuovo showroom di fronte a Rho Fiera. «La committenza è governativa, diretta. Aver fornito il centro che ha ospitato la COP27 e oggi anche il vertice di pace è motivo di grande orgoglio», spiega ancora Overi, «È come essere stati, nel nostro piccolo, parte di un momento storico. Quelle scrivanie e quelle poltrone hanno visto seduti i protagonisti di un accordo che il mondo attendeva da anni».
Dietro ogni linea, ogni cucitura e ogni finitura lucidata a mano, si riconosce la firma del design italiano, capace di unire eleganza, funzionalità e rappresentanza. Non solo estetica, ma identità culturale trasformata in linguaggio universale. «Il marchio Formitalia era visibile in molte sale e ripreso dalle telecamere internazionali. È stata una vetrina straordinaria», aggiunge Overi, «e anche un riconoscimento al valore del nostro lavoro, fatto di precisione e passione».
Il Conference Center di Sharm el-Sheikh, un complesso da oltre 10.000 metri quadrati, è oggi un punto di riferimento per la diplomazia mondiale. Qui, tra le luci calde del deserto e l’azzurro del Mar Rosso, l’Italia del saper fare ha dato forma e materia a un simbolo di pace.
E se il mondo ha applaudito alla firma dell’accordo, in Toscana qualcuno ha sorriso con un orgoglio diverso, consapevole che, anche questa volta, il design italiano era seduto al tavolo della storia.
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