2023-09-06
Verso altre strette sui bonus edilizi. Aiuti solo a prime case e redditi bassi
L’esecutivo vuole da un lato frenare l’esplosione del deficit, dall’altro trovare una soluzione per i crediti incagliati. In corso la mappatura degli interventi del 110. Freni: «Tutele a chi non si può permettere i lavori».Un Superbonus per tutelare le fasce più deboli della popolazione. È in questa chiave che il governo pensa di introdurre delle misure per cercare di ridisegnare l’agevolazione fiscale del 110% che attualmente pesa sulle casse dello Stato per ben 109 miliardi di euro. Somma che è destinata ad alzarsi da qui a fine novembre, termine per comunicare i dati sulla cessione del credito o lo sconto in fattura relativi ai bonus per il 2022. Cosa che rende dunque ancora ignota la somma definitiva che si scaricherà sulle casse dello Stato a fine anno. Il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, ha sottolineato come i 109 miliardi di euro dovrebbero crescere di circa 3,5 miliardi di euro al mese. Una situazione di non facile gestione, visto che questa somma inevitabilmente andrà a pesare sulle finanze non solo per il 2023 ma anche per i prossimi anni. Secondo le ultime tabelle presentate dal Tesoro alle Camere, l’eredità dei bonus edilizi ricadrà sui conti pubblici e dunque sul debito dell’Italia tra il 2023 e il 2027. Il 110 dal 2024 non esisterà più, ma ora resta il nodo dei crediti incagliati: «Nella nostra idea il Superbonus che abbiamo ereditato e ci troviamo deve servire a garantire non a chi ha la prima, seconda, terza, quarta casa, di ristrutturarsela, ma a garantire a chi non si può permettere di fare i lavori nella prima casa di poterli fare. Deve tutelare chi i lavori non se li potrebbe permettere, non chi se li può permettere e magari così non li paga», ha detto Freni a Radio Anch’io commentando le ipotesi di una tutela per i redditi bassi. «Una tutela per i redditi più bassi vuol dire circoscrivere ulteriormente l’applicazione non tanto del Superbonus quanto della cessione». Il problema ruota intorno a questa modalità di pagamento. Freni ha infatti sottolineato come il problema non è tanto il Superbonus ma la cessione dei crediti: «Il bonus facciate ha lo stesso identico problema e anzi se guardiamo le incidenza delle frodi è anche peggio. Se il credito del Superbonus fosse cedibile solo da chi ha redditi bassi il problema sarebbe risolto, solo che poi abbiamo dei vincoli anche costituzionali». Freni ha poi sottolineato come i danni provocati da una norma scritta male devono però essere «riparati, ma su tutti e due i fronti: perché non si può lasciare appeso chi ha seguito la legge e rischia di fallire ma dall’altro chi governa ha il dovere di tutelare tutti gli italiani», ha aggiunto. Qualcosa è stato già fatto ad agosto, quando si è deciso di venire incontro alle abitazioni unifamiliari, concedendo una proroga fino al 31 dicembre (precedentemente fissata a fine settembre) di quest’anno per tutte quelle abitazioni che alla scadenza avevano completato almeno il 30% dei lavori dell’intervento complessivo. Il tema principale resta però quello dei crediti incagliati. Secondo l’Associazione nazionale dei costruttori edili ci sarebbero più di 30 miliardi di crediti che non trovano un acquirente, dato che il mercato risulta essere saturo. Situazione che, se non verrà risolta, procurerà danni a 33.000 imprese e 350.000 famiglie. Sulla questione un’ipotesi in campo è quella di permettere di monetizzare questi crediti di imposta ma solo alle fasce con redditi più bassi. Opzione che ridurrebbe di molto la platea degli eventuali beneficiari dato che i dati di Bankitalia e dell’Ufficio parlamentare di bilancio hanno certificato che dell’agevolazione fiscale del 110% hanno beneficiato soprattutto i redditi più alti. A questo proposito, l’esecutivo avrebbe iniziato una mappatura del Superbonus per quartiere per potersi affidare a dati il più precisi possibile. L’alternativa per i privati resta quella di affidarsi alle piattaforme private o alle banche che hanno ripreso ad acquistare i crediti di imposta, riconoscendo in media circa l’85% dei costi fatturati. Sempre seguendo il mantra dei redditi bassi un’altra idea che il governo starebbe valutando è il restringimento della platea dei possibili beneficiari per il Superbonus nel 2024, garantendo il beneficio ai soli nuclei familiari bisognosi. Bisogna ricordare che l’agevolazione fiscale l’anno prossimo passerà dal 90 al 70% per poi scendere ancora al 65% nel 2025. Prende quota anche l’ipotesi di voler agire ulteriormente sulla percentuale di agevolazione, applicando un’ulteriore taglio. Ma è allo studio l’ipotesi di modifiche generali ai bonus edilizi per contenere il loro impatto sul deficit. E infine, rimane il tema dei condomini. Il problema in questo caso non è di facile risoluzione, soprattutto se si vuole improntare il Superbonus solo ed esclusivamente sulle fasce più deboli della popolazione. L’Ance ha richiamato l’attenzione del governo sul tema dato che da aprile gli interventi messi in atto dai condomini sono risultati essere maggiori rispetto a quelli attuati dalle realtà unifamiliari. Nel solo mese di luglio, sottolinea l’associazione, i condomini hanno rappresentato il 77% degli interventi sul totale. Dato supportato anche dal fatto che il governo ha lasciato l’agevolazione al 110% per tutto il 2023 a queste realtà. Dal 2024 questo scenderà, come per tutti gli altri soggetti, al 70%. Il problema è che molti di questi cantieri sono in ritardo con i lavori che non verranno conclusi entro il 31 dicembre di quest’anno, con il rischio, se il governo non dovesse intervenire, di dover pagare di tasca propria il rimanente. Un’ipotesi allo studio in questo caso potrebbe essere quella di replicare quando già fatto ad agosto con le villette. E dunque, concedere una mini proroga solo se il condominio certifica uno stato avanzato dei lavori, probabilmente vicino al 60%.
Abdel Fattah Al-Sisi e Donald Trump (Ansa)
Volodymyr Zelensky (Ansa)