2022-11-06
Venti procure all’assalto del reddito
Luigi Di Maio e Pasquale Tridico (Ansa)
Riunione delle magistrature contabili di tutte le Regioni italiane. Pronta un’azione comune per perseguire il danno erariale causato dall’erogazione di milioni di sussidi di cittadinanza non dovuti. Sotto esame le decisioni prese dai vertici dell’Inps.Le Procure contabili di tutta Italia stanno studiando come perseguire chi ha sperperato miliardi di euro pubblici per distribuire a pioggia il reddito di cittadinanza senza i dovuti controlli. Sembra infatti che a causa delle omissioni, l’Inps abbia liquidato un reddito di cittadinanza non dovuto ogni due domande ricevute. Posto che la misura costa all’erario circa 10 miliardi l’anno è facile calcolare a quanto ammonti il possibile danno per le casse dello Stato soprattutto considerando i risultati esigui delle azioni di recupero messe in campo.Il 3 ottobre scorso c’è stata una riunione presso la Procura generale della Corte dei conti di Roma, presieduta da Angelo Canale, a cui hanno preso parte i capi di tutte le Procure regionali. Al centro del dibattito, la competenza giurisdizionale delle Cdc sul danno erariale causato dai mancati controlli. I diversi procuratori hanno mostrato di avere sensibilità differenti sul punto, ma la maggioranza sarebbe orientata per l’intervento. Se è vero che ci sono sentenze, per esempio della Cdc campana, regione dove il reddito spopola, che hanno escluso la giurisdizione del giudice contabile sulla questione dell’indebita percezione del reddito, la sezione centrale d’Appello ha, però, ritenuto che questa giurisdizione esista.Secondo una nostra fonte, nella riunione del 3 ottobre sarebbe stato deciso a maggioranza e con solo due opinioni contrarie di focalizzare l’attività delle Procure erariali sugli omessi controlli di Inps e Comuni piuttosto che sui singoli percettori che richiedono una prestazione senza avere i titoli per farlo: una linea certamente dettata anche da evidenti ragioni di economia processuale, ma che garantirebbe quanto meno di verificare le più gravi responsabilità a monte. In questo caso basterebbe determinare l’importo complessivo delle prestazioni revocate a seguito dei controlli di polizia giudiziaria, Comuni e Inps per contestare quel danno a chi avrebbe dovuto vigilare anche prima di erogare il sussidio e non solo dopo. E a chi sia demandata questa mansione, la legge lo stabilisce in modo chiaro: «Il Rdc è riconosciuto dall’Inps ove ricorrano le condizioni. Ai fini del riconoscimento del beneficio, l’Inps verifica, entro cinque giorni lavorativi dalla data di comunicazione, il possesso dei requisiti per l’accesso al Rdc sulla base delle informazioni pertinenti disponibili nei propri archivi e in quelli delle amministrazioni titolari dei dati. A tal fine l’Inps acquisisce, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica […], dall’Anagrafe tributaria, dal Pubblico registro automobilistico e dalle altre amministrazioni pubbliche detentrici dei dati, le informazioni necessarie ai fini della concessione del Rdc». Ma in un comunicato stampa, intitolato «Il reddito di cittadinanza: chiarezza sul controllo dell’Inps» e datato 5 novembre 2021, l’Inps aveva specificato a proposito dei requisiti anagrafici che «questo tipo di controllo» era «di esclusiva competenza dei Comuni» e che l’Inps contribuiva semplicemente mettendo «a disposizione esclusiva dei Comuni una piattaforma dedicata e implementata con i flussi informativi provenienti dall’istituto (ovvero le domande inoltrate)».Si accendono i fariUno dei procuratori presenti alla riunione ha confermato alla Verità l’esistenza di un’indagine «preliminare» e ha assicurato che entro pochi giorni verrà sciolta la riserva e i procuratori contabili decideranno quale strada prendere. «Dobbiamo capire se abbiamo giurisdizione, se ci siano margini per andare a contestare il danno erariale ai percettori o se occorra fermarsi a una fase di mancata verifica dei controlli prima dell’erogazione» spiega il magistrato. «La questione potrebbe avere uno sviluppo anche interessante, ma dobbiamo mettere a fuoco come ci possiamo muovere».I possibili fronti sono due: da un lato, i controlli che avrebbero dovuto fare ex ante Inps e Comuni e, dall’altro, i percettori finali. «Dobbiamo vedere dove possiamo aggredire» continua il testimone. Che ammette: «Gli omessi controlli dell’Inps e dei Comuni sono una delle ipotesi su cui stiamo lavorando». I procuratori avrebbero espresso due correnti di pensiero: c’è l’ipotesi (minoritaria) di colpire solo i percettori e quella (maggioritaria) di perseguire chi ha omesso i controlli o di lavorare su tutti e due i fronti. Uno dei punti di partenza è un esposto molto documentato arrivato alla Procura della Corte dei conti di Roma e alla Procura penale. I procuratori adesso stanno valutando l’apertura di fascicoli istruttori su questo tema e la decisione sarà presa a breve. Anche perché, a differenza che nel penale, nella giurisdizione contabile non esistono i modelli 45, quelli che consentono di fare indagini esplorative. Per le nostre fonti «il danno erariale è assolutamente conclamato» e «le omissioni nei controlli» e «le truffe ci sono state», ma chi le debba perseguire è meno chiaro. Il sistema giudiziario italiano ha una pluralità di magistrature. Per esempio, a livello penale è possibile contestare l’abuso d’ufficio per gli omessi controlli, ma stiamo parlando di un reato che, secondo indiscrezioni, il governo starebbe addirittura pensando di abolire. Le Procure contabili potrebbero colmare questo buco. «Ma anche noi non possiamo perseguire i fenomeni, ma responsabilità specifiche e questo significa che, essendo milioni i percettori, abbiamo di fronte un lavoro che non si può esaurire in sei mesi». Per quanto riguarda eventuali responsabilità dei vertici dell’Inps bisognerà accertare che tipo di circolari siano state emesse e se l’istituto abbia ignorato le verifiche prima di sborsare milioni di euro ed eseguito solo a valle i controlli, o addirittura li abbia scoraggiati. Secondo il testo di una delle denunce che La Verità ha avuto modo di visionare, a norma di legge, sarebbe «sempre l’Inps, quale Ente pubblico che amministra le prestazioni previdenziali ed assistenziali, ad avere la competenza primaria per verificare la sussistenza (o meno) dei requisiti previsti dalla legge per l’accertamento del diritto dell’assicurato richiedente qualsivoglia prestazione previdenziale o assistenziale e la conseguente erogazione», compreso quindi il reddito di cittadinanza.Lo scaricabarileLa denuncia evidenzia anche come l’Inps avrebbe scaricato sui Comuni la competenza sui controlli sulla residenza e cita per questo una nota del presidente dell’Inps Pasquale Tridico del 26 giugno scorso, che spiega tra l’altro come «sino alla fine dell’anno 2020» i controlli sulla residenza «erano per legge previsti ex post [...] successivamente, d’intesa con il ministero del Lavoro, si è ritenuto dover “sperimentare” un nuovo assetto dei controlli anticipando le verifiche sulle autodichiarazioni rese al momento della presentazione della domanda». In pratica, prima venivano dati i soldi sulla base di una serie di autocertificazioni e poi si appurava se il richiedente avesse i requisiti anagrafici per chiederli. Per i denuncianti «appare evidente come l’Inps e il ministero del Lavoro abbiano di fatto “manipolato” in via amministrativa fonti di rango superiore (ossia norme di legge) che sono state totalmente “disapplicate”; e ciò per assicurare quell’erogazione “a pioggia” del reddito di cittadinanza promessa dalla politica, senza alcun ostacolo ed attraverso la procurata situazione di totale assenza di controlli». Ma non basta, anche sulla situazione lavorativa, la nota di Tridico, farebbe «riferimento esclusivamente ai controlli relativi alla variazione della situazione occupazionale», senza verifiche preventive sulla reale attività del richiedente. Per queste modalità di controllo i denuncianti, che hanno inviato l’esposto anche alla Procura penale di Roma, ritengono che «la condotta posta in essere dai vertici del ministero del Lavoro e dell’Inps, ciascuno per quanto di competenza, sia violativa dell’articolo 323 del codice penale (abuso di ufficio) sussistendo nel caso di specie tutti gli elementi soggettivi e oggettivi della fattispecie di reato, quali la violazione intenzionale e dolosa di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge». Nell’esposto fioccano anche i dati: ad esempio, in alcuni controlli sul reddito di cittadinanza svolti dalla Guardia di finanza su soggetti «connotati da concreti elementi di rischio» sono stati scoperti illeciti per 288 milioni di euro - di cui 171 milioni indebitamente percepiti e 117 milioni fraudolentemente richiesti e non ancora riscossi. Per questo sono state denunciate oltre 29.000 persone. Da un altro report dell’Arma dei carabinieri risulta che nel solo anno 2021, a seguito di verifiche e controlli effettuati sui percettori del reddito di cittadinanza, più di 40 milioni di euro sono stati indebitamente percepiti da parte di soggetti che non ne avevano titolo e 9.247 persone sono state deferite all’autorità giudiziaria. Nella denuncia viene evidenziato che «i controlli hanno rivelato che, nella maggior parte dei casi, le irregolarità riguardano la mancanza dei necessari requisiti di cittadinanza, anagrafici e di residenza, il possesso di beni immobili ed auto o la commissione di reati» esattamente le «circostanze che avrebbero dovuto e potuto essere verificate preventivamente se fossero stati effettuati debitamente i necessari controlli prima dell’erogazione del sussidio».Adesso i magistrati contabili dovranno decidere se per queste mancate verifiche andrà contestato il danno erariale al fine di avviare le azioni di recupero che potrebbero coinvolgere anche i vertici dell’istituto previdenziale.
Jose Mourinho (Getty Images)