2025-07-23
Il Vecchio continente alza i toni con Israele
Ursula von der Leyen (Ansa)
Von der Leyen, Merz, Tajani e Kallas tuonano contro la strage dei civili a Gaza: «Cessare subito le ostilità». Il Regno Unito minaccia nuove sanzioni. Il ministro ebraico Gamliel pubblica un altro video generato con l’Ia sulla Striscia ricostruita con la Trump Tower. L’attivista Rania Dean: «Aspirano al califfato islamico. Tutte le minoranze ora sono in pericolo». Lo speciale contiene due articoli.Continua a restare alta la pressione internazionale su Gaza. «Le immagini provenienti da Gaza sono insopportabili. L’Ue ribadisce il suo appello per un flusso libero, sicuro e rapido di aiuti umanitari. E per il pieno rispetto del diritto internazionale e umanitario. I civili a Gaza hanno sofferto troppo, per troppo tempo. Bisogna fermare ciò ora. Israele deve mantenere le sue promesse», ha dichiarato Ursula von der Leyen, mentre l’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri, Kaja Kallas, ha affermato che «l’uccisione di civili in cerca di aiuti a Gaza è indifendibile». Il Regno Unito, dal canto suo, ha minacciato di imporre nuove sanzioni allo Stato ebraico, qualora non si arrivi presto a una cessazione delle ostilità: cessazione invocata «immediatamente» anche da Friedrich Merz. «Chiunque tace sul genocidio a Gaza è complice dei crimini contro l’umanità commessi da Israele», ha tuonato Recep Tayyip Erdogan, accusando Benjamin Netanyahu di aver «superato» Adolf Hitler. Di situazione «moralmente inaccettabile e ingiustificabile» a Gaza ha inoltre parlato il patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa. «Ci sono troppi morti, anche Israele deve comprendere che la situazione ormai è inaccettabile», ha poi sostenuto Antonio Tajani. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha infine affermato che, nella Striscia, si registra «un livello di morte e distruzione senza precedenti negli ultimi tempi».«Ho parlato con l’Alto rappresentante Ue, Kaja Kallas, della situazione a Gaza. Le ho detto che Hamas sta conducendo una campagna di menzogne, creando deliberatamente attriti tra la popolazione civile, i centri di distribuzione degli aiuti e l’Idf. È Hamas a sparare ai civili e a torturarli quando cercano di prendere gli aiuti», ha affermato, dall’altra parte, il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa'ar, che ieri, oltre a esprimere soddisfazione per il ritiro degli Usa dall’Unesco, è arrivato in Ucraina per una visita diplomatica. Lo Stato ebraico è altresì tornato sulle polemiche esplose dopo che, la settimana scorsa, le sue truppe avevano colpito la chiesa della Sacra Famiglia nella Striscia. «Israele si è impegnato a pubblicare in modo trasparente i risultati dell’indagine, ma ha già concluso che munizioni vaganti hanno colpito accidentalmente la chiesa della Sacra Famiglia di Gaza e si è assunto la piena responsabilità di questo incidente ai massimi livelli possibili, anche in una telefonata del primo ministro Netanyahu con il Papa», ha dichiarato l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Yaron Sideman. Per quanto riguarda la situazione sul campo, secondo «fonti mediche» ascoltate da Al Jazeera, sarebbero almeno una sessantina le persone rimaste uccise ieri a causa dei raid israeliani nella Striscia.Nel frattempo, sempre ieri, il canale saudita Al-Hadath ha riferito che lo Stato ebraico e la Siria avrebbero ripreso il dialogo sulle questioni di sicurezza: in particolare, i colloqui tra i due governi dovrebbero essere mediati degli Usa e dalla Turchia. Segno questo del fatto che, al netto delle dure critiche di Erdogan a Israele su Gaza, il meccanismo degli Accordi di Abramo non si è inceppato. Anzi, è sempre più probabile ipotizzare che Ankara voglia essere della partita. Del resto, è anche significativo che sia stato un canale saudita a riportare la notizia. A tal proposito, secondo Axios domani dovrebbero tenersi colloqui tra alti funzionari di Israele e Siria con la mediazione degli Stati Uniti. Proprio ieri, il ministro israeliano della Scienza e Tecnologia, Gila Gamliel, ha inoltre postato su X un video, realizzato con l’intelligenza artificiale, che mostra una Gaza ricostruita in modo avveniristico con grattacieli e una Trump Tower. «Ecco come sarà Gaza», ha scritto la Gamliel a corredo del video, in cui compaiono anche Donald Trump e Netanyahu. La questione della ricostruzione della Striscia è strettamente collegata a quella del rilancio degli Accordi di Abramo. A tale dossier, oltre ai sauditi e agli israeliani, sono estremamente interessati anche gli americani e probabilmente gli stessi russi. È altresì interessante notare come, ieri, l’ambasciatore americano in Israele, Mike Huckabee, abbia incontrato il vicepresidente dell’Anp, Hussein al-Sheikh: il che, rispetto alla prima amministrazione Trump, certifica una distensione tra la stessa Anp e l’attuale presidente Usa.In tutto questo, ieri gli Huthi, storicamente spalleggiati da Teheran, hanno lanciato alcuni missili contro il territorio israeliano. Non solo. Una rete di contrabbando petrolifero legata al gruppo terroristico yemenita è stata sanzionata dal Dipartimento del Tesoro statunitense. Dall’altra parte, continua a tenere banco la questione del nucleare iraniano. Il ministro degli Esteri di Teheran, Abbas Araghchi, ha infatti dichiarato che il regime khomeinista non ha intenzione di rinunciare al proprio programma di arricchimento dell’uranio: un’affermazione a cui Trump ha replicato, aprendo alla possibilità di nuovi bombardamenti da parte degli Stati Uniti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/vecchio-continente-alza-toni-israele-2673705431.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-siria-al-sharaa-vuole-eliminare-noi-drusi-poi-colpira-i-cristiani" data-post-id="2673705431" data-published-at="1753292436" data-use-pagination="False"> «In Siria Al Sharaa vuole eliminare noi drusi. Poi colpirà i cristiani» Rania Dean è una druso-israeliana fiera e consapevole delle sue radici e del ruolo del suo popolo nello stato di Israele. Dal 2013 vive a Los Angeles con il marito, anch’egli druso, e la sua vita è stata all’insegna dell’impegno. Lei, israeliana di sesta generazione, è cresciuta a Maghar, che nel 2021 è diventata la prima città drusa di Israele. Qui il padre era un politico locale, e qui Rania ha scelto di fare il servizio militare nelle forze armate, anche se per le donne della comunità drusa non era obbligatorio. Dopo il servizio militare, Rania ha conseguito la laurea in scienze politiche ed è diventata consigliere dell’ex presidente Shimon Peres, lavorando a iniziative per la pace in Medioriente. Il suo impegno per i drusi e per Israele non si è fermato neanche negli Stati Uniti, dove è diventata un membro attivo presso l’Israeli jewish community center di Los Angeles.Rania Dean, i drusi sono una comunità sparpagliata in tutto il Medioriente: Libano, Siria, Giordania e Israele ospitano questo antico popolo. Ma i drusi israeliani sembrano diversi.«Il Medioriente è un luogo molto complicato e noi siamo protagonisti in questo teatro da secoli. Io sono una donna drusa e israeliana e sono orgogliosa delle mie radici. Quello che è successo il 7 ottobre è stata una tragedia anche per noi e non dobbiamo mai dimenticarlo. Io sono ancora traumatizzata: è stato devastante per tutti gli israeliani, gli ebrei, i musulmani, i cristiani o i drusi». Ci sono differenze fra i gruppi dei diversi Paesi mediorientali? La posizione politica dei drusi che vivono in Israele è totalmente diversa dai libanesi, come ha più volte ribadito il leader del Paese dei Cedri, Walid Jumblatt.«Anche se viviamo separati noi drusi siamo tutti fratelli, ma siamo patrioti delle nostre nazioni. Non abbiamo ambizioni territoriali, siamo cittadini libanesi, giordani, siriani e ancora con più forza cittadini israeliani. Abbiamo tante anime politiche differenti e per questo le nostre posizioni possono essere all’opposto. Jumblatt è stato un protagonista negativo della guerra civile libanese, è stato uno di quelli che ha distrutto il Libano. Ha cambiato alleati e posizione molte volte e non rappresenta tutti i drusi, ma soltanto quelli a lui politicamente vicini. Walid Jumblatt e il suo clan sono affamati di potere e di denaro e non hanno mai fatto gli interessi del nostro popolo. Sono fiera di pensarla in maniera totalmente diversa da lui». Quello che è accaduto in Siria ha dimostrato quanto poco ci si possa fidare del governo di Al Sharaa. Le minoranze sono state attaccate e non sembrano interessati ad una convivenza pacifica. Quale deve essere il ruolo di Israele in questa situazione?«Nella cosiddetta nuova Siria non c’è posto per le minoranze. Hanno lanciato una fatwa contro i non musulmani e questo dimostra l’intolleranza che contraddistingue il governo di Al Sharaa. Non dobbiamo dimenticare chi è il nuovo presidente con un passato recente fra Al Qaeda e lo Stato islamico. Hanno cominciato attaccando gli alawiti sulla costa, accusandoli di voler organizzare un colpo di stato per far tornare Bashar al Assad, ma era soltanto un pretesto per massacrarli. Poi è stata la volta dei drusi colpiti a Swaida, ma anche a Damasco e Daraa. I prossimi saranno i cristiani che vivono nella paura e in molti stanno lasciando la Siria. Hanno armato e addestrato i beduini per rapirci, ucciderci e torturarci, sotto il nuovo regime damasceno tutte le minoranze sono in pericolo. Al Sharaa e tutti i suoi alleati sono dei salafiti che vogliono trasformare la Siria in una repubblica islamica, un califfato intollerante e violento che vuole spazzare via tutti gli infedeli. Hanno tagliato l’acqua, la luce e isolato internet prima di attaccare i drusi, ed è un piano studiato dal ministro della Difesa di Damasco che odia profondamente il nostro popolo. Israele non è obbligato ad aiutare i drusi siriani, ma sono nostri fratelli e siamo disposti a tutto per sostenerli. Noi amiamo Israele e ci sentiamo israeliani, per questo motivo chiediamo alla nostra nazione di non abbandonare chi vive oltre il confine. Non si tratta di un calcolo politico, come dicono i detrattori di Tel Aviv, ma della difesa della diversità e della libertà. Anche la Giordania, grazie al lavoro di Ayman Safadi, il ministro degli Esteri di etnia drusa, è stata protagonista delle trattative per la pace, ma è un cammino difficile perché il loro obiettivo è un nuovo califfato e sulla strada hanno due ostacoli che vogliono spazzare via: Israele e i drusi».