2025-11-05
Garlasco, Venditti voleva arrestare Sempio. 20 giorni dopo invece lo fece archiviare
Ll’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti (Ansa). Nel riquadro la copertina del numero di «Panorama» da oggi in edicola
Scoop di Panorama sul caso Garlasco: l’ex procuratore di Pavia è oggi indagato per corruzione in atti giudiziari proprio in relazione al suo comportamento durante l’inchiesta per omicidio del 2017. Avrebbe incassato soldi dal padre dell’inquisito. La sua lettera al gip solleva ulteriori sospetti.Arresti mancati, storie di corna, misteriose società estere, topi di appartamento, assegni bancari, avvocatesse con un passato da lap dancer e motel a ore. Sullo sfondo dell’omicidio della ventiseienne Chiara Poggi, massacrata il 13 agosto 2007, c’è anche questo. Il palcoscenico è la Lomellina, terra avara, ricca solo di risaie. In mezzo a questi campi acquitrinosi, un secolo fa, si formarono le prime squadracce fasciste. Ma qui, da tempo, la storia ha lasciato il passo alla cronaca e, in questo ambito, ogni giorno ha il suo piccolo o grande colpo di scena.Mentre andavamo in tipografia, uno degli inquirenti ci ha confidato: «Siamo in una fase molto calda dell’inchiesta». Tv e giornali, più o meno velatamente, evocano a tutte le ore il classico tintinnar di manette sull’asse Pavia-Brescia: i pm che operano in riva al Ticino hanno rimesso sotto inchiesta Andrea Sempio, ipotizzando che sia lui il killer di Chiara. Quasi contemporaneamente, i magistrati della Procura della Leonessa d’Italia hanno avviato più filoni d’indagine, ipotizzando reati come la corruzione e il peculato: l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, e il suo vecchio collega, Paolo Pietro Mazza, sono sospettati di avere «aggiustato» procedimenti penali anche in cambio di soldi. Uno dei fascicoli riguarda proprio la frettolosa archiviazione di Sempio del 2017, ma sotto osservazione ci sarebbero diverse altre presunte inchieste «pilotate». Il capitolo più scabroso, però, è quello che collega le mazzette all’istanza di proscioglimento per Sempio. La Procura di Brescia ha evidenziato movimentazioni bancarie anomale: il versamento a favore della famiglia Sempio di assegni per complessivi 43.000 euro da parte di alcuni parenti (30.000 provenienti dalla zia Silvia Maria [...]) e i prelievi di contanti per 35.000 euro effettuati da Andrea e dal padre Giuseppe, «del tutto incongrui rispetto alle loro ordinarie movimentazioni».In un’annotazione gli investigatori sottolineano che il 15 marzo Venditti e la collega Giulia Pezzino «propongono richiesta di archiviazione al Gip». Scrivono anche che, dopo appena otto giorni, il gip Fabio Lambertucci, «accogliendo pienamente le osservazioni poste nella richiesta dei pm, emette decreto di archiviazione». Ovviamente per i magistrati non è vietato prosciogliere un sospettato. Ma Panorama ha scoperto che, in questa decisione, c’è davvero qualcosa che lascia perplessi, nonostante Venditti abbia più volte dichiarato di aver impiegato 21 secondi per capire che in quell’inchiesta non c’era ciccia. Infatti, due mesi dopo l’apertura del fascicolo, il 23 febbraio 2017, succede qualcosa di particolarmente strano. Gli inquirenti, in un atto inviato al giudice, si dicono pronti non ad archiviare, bensì ad arrestare «gli indagati». Peccato che appena 20 giorni dopo si rimangeranno tutto e chiederanno il proscioglimento.Procediamo con ordine. Il 23 dicembre del 2016 Sempio viene iscritto sul registro delle notizie di reato con la contestazione dell’articolo 575 del codice penale, «omicidio volontario». Venditti e la Pezzino chiedono al gip Lambertucci di autorizzare un pacchetto di intercettazioni a tappeto. Il giudice le approva il 2 febbraio 2017. Otto utenze, sette cellulari e il fisso di casa Sempio, vengono poste sotto controllo per 15 giorni. Nel decreto si legge: «Attraverso la captazione dei commenti che sicuramente, dopo la notifica degli inviti a comparire, l’indagato condividerà con i propri parenti o interlocutori a lui vicini, possono essere raccolti elementi investigativi non acquisibili altrimenti». I carabinieri dell’aliquota di polizia giudiziaria, tra cui i marescialli Giuseppe Spoto e Silvio Sapone, oggi testimoni, eseguono il provvedimento. Le linee vengono attivate tra il 4 e il 6 febbraio 2017. Parallelamente vengono installate microspie e un localizzatore Gps sull’auto di famiglia, una Suzuki SX4 intestata a Giuseppe Sempio. I dispositivi restano attivi dall’8 al 22 febbraio. Quel giorno la polizia giudiziaria comunica la cessazione delle intercettazioni. Ma Venditti e la Pezzino, anziché depositare tutto il materiale, come prevede il codice di procedura penale, chiedono al solito gip «l’autorizzazione al ritardato deposito della documentazione relativa alle operazioni di intercettazione telefonica». Il motivo? «Essendo ancora in corso le indagini volte a meglio circostanziare le modalità esecutive dell’azione delittuosa, nonché all’identificazione di eventuali concorrenti del reato, dal deposito dei verbali, delle registrazioni e della documentazione può derivare grave pregiudizio alla prosecuzione delle indagini stesse, in quanto devono essere ancora completate le richieste di misura coercitiva a carico degli indagati». Avete letto bene: i pm, venti giorni prima dell’istanza di archiviazione, chiedono al gip di poter tenere coperte le proprie carte perché non hanno terminato di scrivere le proposte di arresto. Ma davvero quelle istanze erano in fase di stesura? E se lo erano, che cosa ha portato i magistrati a decidere un dietrofront così repentino? Se, invece, non era così, perché i pm hanno dato false informazioni al giudice e chiesto di ritardare il deposito delle captazioni? Che cosa giustificava tale mossa? Si cercava di «mettere a posto» le carte in vista di una richiesta di proscioglimento? A settembre, Spoto, a verbale, ha raccontato che avrebbe trascritto le intercettazioni solo parzialmente «perché il dottor Venditti disse che gli servivano subito per fare l’archiviazione». E non per richiedere un’ordinanza cautelare. Un punto fermo c’è: l’autorizzazione del gip al rinvio del deposito. A distanza di otto anni la Procura di Brescia ha iscritto sul registro degli indagati Venditti per corruzione in atti giudiziari. Un’accusa sdegnosamente respinta dal diretto interessato. Qualunque sia la verità, è, comunque, evidente che dietro all’omicidio di Chiara Poggi ci siano ancora troppe zone d’ombra [...].
Una donna in preghiera in una chiesa nei pressi di Lagos, Nigeria (Getty Images)