2019-08-30
Vaccini, Tav, Ilva e grandi opere: caccia al compromesso impossibile
Dem e pentastellati sono agli antipodi su molte questioni cruciali. I dossier più caldi sono il taglio dei parlamentari e Taranto: senza l'immunità penale, lo stabilimento chiuderà il 6 settembre.La bozza dell'accordo di programma tra Movimento 5 stelle e Partito democratico sta tutto in appena due pagine, affidate dagli sherpa della trattativa al presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte. A differenza del contratto del governo del cambiamento (le 58 pagine firmate da Matteo Salvini e da Luigi Di Maio nel maggio 2018), il testo che oggi tenta di battezzare l'intesa tra grillini e democratici è conciso e soprattutto generico: lo è perché deve evitare i punti più difficili e controversi, quelli sui quali l'intesa è lontana. E sono tanti.Sulle grandi infrastrutture, paradossalmente, il Pd è più in sintonia con il centrodestra che con i grillini, tanto che ai primi d'agosto ha votato con Lega e Forza Italia per terminare l'alta velocità ferroviaria tra Torino e Lione. Il M5s ha perso quella battaglia, quindi per tenere fede alle sue pulsioni anti moderniste dovrà accrescere l'opposizione ad altre grandi opere: come il canale che dovrebbe garantire il transito in sicurezza delle navi da crociera a Venezia, o l'autostrada Asti-Cuneo. Un punto oggi caldissimo è quello della Gronda, la nuova autostrada che dovrebbe agevolare il traffico attorno a Genova. Il 22 agosto il ministro uscente dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha bocciato l'opera attraverso la solita analisi di costi e benefici. La polemica con il Pd è già dietro la porta: basta ricordare la rissa andata in scena subito dopo il crollo del ponte Morandi, un anno fa, quando i democratici accusarono i grillini di aver accresciuto l'usura del viadotto proprio con il loro no alla Gronda. Sul lavoro Pd e M5s faranno a gara a sorpassarsi a sinistra. Il M5s ha trascorso gli ultimi cinque anni a criticare il Jobs act, varato nel 2014 da Matteo Renzi, perché avrebbe ridotto troppo le garanzie sui licenziamenti previste dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori del 1970. Però il decreto Dignità, che è stato varato da Di Maio nel 2018 e riduce l'utilizzo dei contratti a tempo determinato, è stato criticato dalla nuova segreteria di Nicola Zingaretti in quanto non offrirebbe adeguata tutela ai precari. Un altro punto caldo sul tavolo è il dossier sull'Ilva di Taranto, che richiede una sintesi difficilissima e in tempi strettissimi: il 6 settembre Arcelormittal, proprietaria dell'impianto, potrebbe mettere in atto la minaccia di fermarne l'attività in assenza di adeguate tutele legali. L'immunità per i vertici dell'azienda era stata introdotta per decreto dal governo Renzi, nel 2015, e in Parlamento il Pd ha fatto di tutto per garantirla in forma stabile, da ultimo con alcuni emendamenti al decreto Crescita 2019 che però non sono passati. Il 6 agosto un decreto sulle crisi aziendali che avrebbe garantito tutela penale all'Ilva ha avuto il via libera del Consiglio dei ministri, ma con la formula sospensiva «salvo intese»: il problema è che due giorni dopo il governo gialloblù è caduto e così quel decreto non è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Che cosa faranno Pd e M5s, che per risolvere il busillis hanno meno di una settimana e idee opposte sulla materia?A parte forse l'ex ministro dell'Interno, Marco Minniti, i democratici sono per l'accoglienza dei migranti, senza se e senza ma. Dal giugno 2018, invece, i grillini hanno appoggiato in pieno i due decreti Sicurezza proposti da Matteo Salvini. Lo stesso Beppe Grillo, del resto, si è sempre detto per il contenimento dell'immigrazione, ed è stato Di Maio a definire «taxi per migranti» le organizzazioni non governative che soccorrono i barconi nel Mediterraneo. L'ostilità alle Ong è diffusa, nel M5s: pochi giorni fa Toninelli ha criticato la «malafede» degli spagnoli di Open arms per non aver sbarcato in Spagna i 150 migranti soccorsi al largo della Libia. Non bisogna però dimenticare che nel Movimento c'è anche un'ala a favore dei porti aperti, vicina a Roberto Fico.Tranne le sue frange sinistrorse, il Pd è atlantista. Il M5s, invece, non ha mai visto di buon occhio la Nato: è più vicino alla Russia di Vladimir Putin e vuole relazioni più strette anche con la Cina, come ha mostrato il controverso memorandum d'intesa firmato in aprile con Pechino dal (primo) governo Conte sulla nuova Via della seta. Pd e M5s potranno forse consolarsi trovando una posizione comune sui regimi di sinistra: durante la crisi politica in Venezuela, nel gennaio 2019 una dichiarazione dell'Ue a sostegno di Juan Guaidó, leader dell'opposizione democratica al regime di Nicolás Maduro, aveva ricevuto il no dei grillini e di molti europarlamentari democratici.Da sempre il M5s si oppone alla legge che porta il nome dell'ex ministro dem della Salute Beatrice Lorenzin, che ha stabilito l'obbligo di vaccinazione sotto i 16 anni. Quella legge è ancora in vigore e il (primo) governo Conte non è riuscito a modificarla. Ma in marzo la grillina Giulia Grillo, ministro uscente della Sanità, aveva annunciato l'intenzione di rimuovere tutti gli obblighi previsti dalla legge Lorenzin con la sola eccezione del morbillo. I dem potrebbero farne una malattia.In campo costituzionale, poi, le distanze sono abissali. I grillini vogliono imporre la filosofia della «democrazia diretta», che cozza con la visione dei democratici, favorevoli al parlamentarismo tradizionale. Lo scorso febbraio Luigi Zanda, senatore del Pd e cultore della materia, diceva che «dialoghi politici e progetti comuni con i 5 stelle sono impossibili» e che «abbiamo una visione opposta dello Stato». Il senatore dem criticava soprattutto il referendum propositivo, una proposta del grillino Francesco D'Uva che poi si è arenata alla Camera: stabilisce che se 500.000 elettori propongono una legge, questa debba essere obbligatoriamente votata dal Parlamento. Il taglio di 345 parlamentari è una riforma costituzionale grillina cui oggi mancherebbe solo il quarto voto d'approvazione alla Camera. Il Pd, però, è stato fra i pochi partiti a votare contro il taglio, perché indebolirebbe il Parlamento senza ridisegnarne i poteri. I grillini vogliono imporre anche il vincolo di mandato per i parlamentari, che l'attuale Costituzione con spirito liberale nega all'articolo 67. Ma pure su questa riforma, che obbligherebbe ogni deputato o senatore a votare come gli comanda il partito (pena la decadenza), i democratici non sono d'accordo.
Il caffè di ricerca e qualità è diventato di gran moda. E talvolta suscita fanatismi in cui il comune mortale si imbatte suo malgrado. Ascoltare per credere.