
In mezzo continente monta l’insoddisfazione e il potere reagisce con repressione. Eppure riteniamo di avere valori da esportare.«Più vicini che mai a un conflitto dalla seconda guerra mondiale» dice il premier polacco Donald Tusk. Ma non serviva l’incursione di alcuni droni nello spazio aereo di Varsavia per rendersene conto. Sono almeno tre anni e mezzo che l’Europa rischia di essere trascinata in una guerra mondiale. E non si tratta del conflitto a pezzetti di cui ha parlato fin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina papa Francesco: quello che abbiamo di fronte è un coinvolgimento totale, dell’intera Europa, in uno scontro con un nemico dotato di ordigni nucleari e, come abbiamo visto alla parata di Pechino, sostenuto da alleati trasversali, che in massima parte coincidono con i peggiori nemici della democrazia.Su queste pagine abbiamo spesso citato I sonnambuli, ovvero l’opera con cui lo storico Christopher Clark spiegò come l’Europa arrivò alla prima guerra mondiale. Nessuno se ne accorse, ognuno pensò al proprio tornaconto: alla fine non ci si rese conto che gli imperi del Vecchio continente stavano crollando, trascinando nel baratro uomini e donne. Si stima che fra morti e feriti le vittime furono 37 milioni, con il risultato che il conflitto è considerato uno dei più sanguinosi della storia. Quale potrebbe essere la contabilità di una guerra che veda coinvolti Europa, Stati Uniti e alleati da un lato, Russia, Corea, Iran e probabilmente Cina dall’altro? Più o meno di 37 milioni di vittime? Si supererà il bilancio della seconda guerra mondiale, quando i morti stimati oscillarono tra i 60 e i 70 milioni, di cui all’incirca 25 milioni furono russi? Tusk parla con estrema libertà di un conflitto che rischia di estendersi e come lui fanno altri leader europei. Ma si rendono conto di che cosa vorrebbe dire? E, soprattutto, sono pronti a spiegarlo a quanti li hanno eletti confidando in un percorso di pace e progresso? Saranno in grado di giustificare di fronte all’opinione pubblica le loro scelte e la decisione di entrare in guerra in nome e per conto della democrazia?Mario Draghi, da presidente del Consiglio, commentò le sanzioni contro la Russia, decise dall’Europa subito dopo l’invasione dell’Ucraina, dicendo che si trattava di scegliere tra libertà e aria condizionata. In altre parole, il prezzo da pagare per difendere i principi garantiti dalle costituzioni europee era costituito da un aumento considerevole della bolletta. Ma oggi, di fronte a quanto sta accadendo in Francia e anche in Gran Bretagna, viene da chiedersi quale democrazia stiamo difendendo. In nome di quali concetti noi occidentali ci sentiamo superiori e dovremmo essere pronti a combattere? Forse perché non sbattiamo gli oppositori in un gulag e non mandiamo gli sgherri del regime a rapire o uccidere i nemici? Però abbiamo presidenti della Repubblica che pur di non mollare la poltrona e restituire agli elettori il diritto di decidere da chi farsi governare nominano esecutivi fantoccio e arrestano centinaia di persone che li contestano. Non mi sono mai piaciute le sommosse, ma se in otto anni Macron ha cambiato sette primi ministri pur di non arrendersi, capisco che esista un popolo di arrabbiati che non vede l’ora di voltare pagina. Come non mi piacciono le rivolte di piazza in Francia, non amo neppure le manifestazioni anti stranieri che si sono svolte in Gran Bretagna. E però mi chiedo anche, nel caso inglese, che razza di democrazia sia quella che pretende di imporre a ogni costo un’immigrazione di massa, senza badare all’aumento dei crimini che ciò comporta. In nome di quale libertà pretendiamo di costringere le persone a battersi, quando ormai esiste una sorta di polizia morale che arresta comici e persone comuni che su alcuni argomenti, per esempio la deriva gender, si permettono di dissentire o ironizzare? Siamo sicuri di avere davvero molto da insegnare ai Paesi che abbiamo intenzione di combattere? Siamo poi certi che i francesi, gli inglesi, gli italiani e il resto della popolazione europea siano pronti a entrare in guerra e a morire per consentire a Macron di fare e disfare governi, a Keir Starmer di lasciare che la gente sia arrestata per una battuta, alla Corte costituzionale tedesca di mettere fuori gioco un partito votato da un terzo degli elettori tedeschi e ai giudici di Bucarest di dichiarare ineleggibile il candidato che non piace a Bruxelles? Ovvero: siamo sicuri che il governo delle élite che piace alla gente che piace si possa ancora chiamare democrazia e la gente sia disposta a difenderlo anche con le armi? È probabile che abbia ragione Donald Tusk e che l’Occidente sia a un passo da una guerra mondiale. Ma in nome di quali principi superiori dovremmo impugnare un fucile o un cannone e mettere a repentaglio la nostra vita e quella delle nostre famiglie? Per lasciare che un Lecornu qualsiasi possa continuare a rappresentare una democrazia da operetta, con i suoi riti, i suoi vizi e le sue finzioni? Io non credo.
Ursula von der Leyen (Ansa)
Nel discorso sullo stato dell’Unione, la Von der Leyen insiste con il bellicismo sfrenato, tra gli applausi della sinistra. E alza il tiro anche contro Israele annunciando sanzioni.
content.jwplatform.com
L’area tra Varese, Como e Canton Ticino punta a diventare un laboratorio europeo di eccellenza per innovazione, finanza, sviluppo sostenibile e legalità. Il progetto, promosso dall’associazione Concretamente con Fabio Lunghi e Roberto Andreoli, prevede un bond trans-frontaliero per finanziare infrastrutture e sostenere un ecosistema imprenditoriale innovativo. La Banca Europea per gli Investimenti potrebbe giocare un ruolo chiave, rendendo l’iniziativa un modello replicabile in altre regioni d’Europa.
Ansa
- Cortei in tutto il Paese, con tafferugli e attimi di tensione: 473 arresti, 267 incendi e 13 agenti feriti. Il ministro dell’Interno denuncia infiltrazioni del partito di Mélenchon. Gli organizzatori: «Tradito il nostro messaggio».
- Il nuovo primo ministro Sébastien Lecornu è un condensato vivente di tutti gli errori commessi dall’inquilino dell’Eliseo.
Lo speciale contiene due articoli.
L'esercito polacco ispeziona il sito dopo che un drone russo ha danneggiato il tetto di un edificio residenziale a Wyryki, nella Polonia orientale (Ansa)
L’azione congiunta di Italia, Olanda e Germania abbatte oltre 15 velivoli. Il Cremlino smentisce: «Falsi miti contro di noi».