2025-01-16
Vaccini, tamponi, ventilatori. Così hanno lucrato sul Covid
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Il magistrato elenca al presidente della Commissione d’inchiesta i filoni cui s’indaga nelle Procure regionali. «Ci saranno molte archiviazioni malgrado ipotesi di danno assai rilevanti» per lo scudo voluto da Conte & C.Scialacquavano decine di miliardi di euro, soldi dei contribuenti, e nel frattempo si costruivano scudi erariali per non doverne rispondere: è questo, in sintesi, il desolato scenario che il procuratore generale della Corte dei conti Pio Silvestri ha rappresentato al presidente della commissione Covid. Marco Lisei (Fdi) aveva domandato al procuratore generale una sintesi su tutti i procedimenti amministrativi e contabili, a carico di funzionari pubblici, aperti in ragione dei danni eventualmente cagionati all’erario dello Stato con atti e comportamenti tenuti per fronteggiare l’emergenza pandemica. Lisei, in pratica, chiedeva contezza di quali e quanti fossero i fascicoli penali, civili e amministrativi che hanno portato alla Caporetto della gestione pandemica. La replica del procuratore è stata molto chiara: «Le attività di indagine delle Procure regionali della Corte dei conti hanno dovuto tenere in debita considerazione il quadro normativo che ha regolato gli interventi decisi per contrastare l’emergenza epidemiologica», ha scritto Silvestri. Il pg si riferisce in particolare ai decreti legge numero 14 e 76, portati in Consiglio dei ministri dall’avvocato ed ex premier Giuseppe Conte con l’appoggio dei due partiti su cui reggeva il suo secondo mandato di governo (Pd e M5s), istituendo di fatto uno scudo erariale per tutte le spese spropositate affrontate in pandemia, per un totale che Openpolis ha contabilizzato in quasi 25 miliardi di euro per l’acquisto di beni e servizi «utili», si fa per dire, al contrasto del Covid attraverso procedure semplificate, facilitate dal regime di emergenza. Il primo dl, il numero 14 del 9 marzo 2020, all’articolo 11 comma 3, limitava la responsabilità erariale soltanto in caso di accertato dolo del funzionario; il secondo, il numero 76, sempre del 2020 ma prorogato fino al 30 aprile del 2025, all’articolo 21 ha disposto l’esenzione delle responsabilità per le condotte che hanno causato danno erariale, connotate dalla colpa grave. «Il combinato disposto di queste due norme», ha comunicato Silvestri a Lisei, «ha fatto sì che numerose segnalazioni di possibili danni siano state immediatamente archiviate per insussistenza di elementi concreti e specifici da perseguire e, nel contempo, che gran parte delle istruttorie aperte sia stata chiusa con motivati provvedimenti di archiviazione, stante la mancanza di comportamenti dolosi da perseguire». Il procuratore generale Silvestri ha inoltre elencato, nella sua lettera a Lisei, i procedimenti ancora aperti, offrendo una prospettiva plastica della valanga di denunce depositate contro la malagestione pandemica. Ce n’è per tutti i gusti, dall’irregolarità nell’approvvigionamento di dispositivi di protezione (Dpi) allo stoccaggio di mascherine inutilizzabili perché senza certificazione Ce, dall’affidamento di forniture a società fallite all’acquisto irregolare di sistemi di ventilazione polmonare, dall’acquisto dei banchi a rotelle a quello dei tamponi in eccesso, dalla realizzazione di strutture e spese eccessive per hub vaccinali (le famose «primule») ad appalti concessi dietro tangenti, passando per illecita erogazione di straordinari a personale sanitario e mancato utilizzo di centinaia di migliaia di dosi di vaccino prossime alla scadenza dovuto ad assegnazione alla regione di una quantità di dosi pari a tre volte il fabbisogno. Silvestri non fa riferimenti specifici ai singoli procedimenti, sebbene si intravedano i contorni di tutte le storie della gestione pandemica che la Verità ha puntualmente raccontato: l’inchiesta sui tamponi rapidi in Veneto, i ventilatori cinesi il cui acquisto è stato agevolato dall’ex premier Massimo D’Alema, poi sospesi dalla Regione Lazio perché privi del marchio Ce e quindi non conformi alle norme di sicurezza, le forniture extra di vaccini. Una delle poche denunce risolta con una condanna, sebbene in primo grado, è quella della «green card» del governatore della Campania Vincenzo De Luca, che dovrà risarcire 609.000 euro alla Regione e l’appropriazione indebita di mascherine per un importo di condanna di 9.200.000 euro. Ma del tragico cahier des doléances a danno dei cittadini stilato da Silvestri, in teoria, potrebbe non rispondere nessuno: «È ragionevole supporre che diverse istruttorie ancora aperte finiranno per essere archiviate», nota, «non potendosi perseguire i profili commissivi connotati da colpa grave, pur in presenza di ipotesi di danno assai rilevanti».«La risposta del procuratore generale dà atto di un grande lavoro della Corte dei conti», ha commentato Lisei, «purtroppo vanificato dallo scudo erariale voluto dal governo Conte. Ciò non toglie», ha annunciato il presidente della commissione Covid, «che è mia intenzione andare a fondo su tutti gli sperperi, acquisendo i fascicoli d’interesse che, purtroppo per le tasche degli italiani, sono tanti, come si legge nella risposta. Non lasceremo nulla di intentato, questa risposta dimostra che la pandemia Covid non è stata solo un dramma per le tante vittime, ma anche per i conti pubblici. Come in molte tragedie qualche sciacallo che ha lucrato c’è stato: vogliamo stanarli tutti». Di «scellerata gestione di Conte e Speranza» parla Alice Buonguerrieri, capogruppo Fdi in commissione Covid: «Andremo a fondo su tutto. Ironico che lo stesso Conte, che non vuole lo “scudo” per le nostre Forze dell’ordine, creava invece lo scudo erariale per salvare chi commetteva reati durante un dramma come la pandemia ai danni dello Stato».
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)