2018-07-03
Usano pure il teologo Ratzinger per smontare la morale cattolica
Un libro e Repubblica rispolverano un vecchio articolo del Papa emerito per arruolarlo nella campagna contro l'Humanae vitae. Ma il testo è precedente all'enciclica. E non entrò nell'Opera omnia di Benedetto XVI.Benedetto XVI è certamente la voce teologica dotata di maggiore autorevolezza nella Chiesa degli ultimi decenni. Anche il recente caso che ha portato alle dimissioni dell'ex segretario per le comunicazioni vaticane, monsignor Dario Edoardo Viganò, lo ha in un certo senso attestato, nel momento in cui si è tentato maldestramente di attribuire al Papa emerito la benedizione di una operazione editoriale (la pubblicazione della collana La teologia di papa Francesco, «impreziosita» da commenti di intellettuali apertamente antiratzingeriani) che lui in realtà non aveva intenzione di sposare. In tanti cercano di riferirsi alle sue parole per confermare o obliterare le voci che si alzano nel dibattito ecclesiale.Il testo uscito in questi giorni per Marcianum press, Per una teologia del matrimonio, sembra non sfuggire a questo schema. Contiene, infatti, un intervento che Joseph Ratzinger scrisse nel 1968 e che apparve per la prima volta nella rivista tedesca Theologische Quartalschrift nel 1969. Il quotidiano Repubblica si è preoccupato di far sapere che in questo testo Ratzinger si pose criticamente rispetto all'enciclica sulla contraccezione di papa Paolo VI, quella Humanae vitae che compie fra poco i suoi 50 anni e che molti oggi vorrebbero rivalutare in funzione del nuovo «paradigma» morale che emergerebbe dalla esortazione Amoris laetitia di papa Francesco.Non conta nulla che il testo ratzingeriano sia stato scritto prima della pubblicazione del documento di papa Montini, non fa niente che proprio quel testo non compaia nell'Opera omnia di Ratzinger, l'importante è dire che anche per il Papa emerito quell'insegnamento non è insindacabile. A onor del vero il curatore Nicola Reali nella prefazione al volume precisa che «l'articolo di Ratzinger non può e non deve essere interpretato come un giudizio sull'enciclica di Paolo VI del 25 luglio 1968», nello stesso tempo, però, «non si può non notare che, in quegli anni, parlare di matrimonio e mettere a tema esplicitamente (come fa Ratzinger) l'etica matrimoniale, il problema della fecondità, dell'unità e dell'indissolubilità del matrimonio era impossibile senza far riferimento, seppur indirettamente, al dibattito che ha accompagnato la redazione dell'enciclica» di Paolo VI. Non importa che successivamente Joseph Ratzinger, da papa, in occasione dei 40 anni della Humanae vitae, abbia citato l'enciclica per dire che «se non si vuole esporre all'arbitrio degli uomini la missione di generare la vita, si devono necessariamente riconoscere limiti invalicabili alla possibilità di dominio dell'uomo sul proprio corpo e sulle sue funzioni; limiti che a nessun uomo, sia privato sia rivestito di autorità, è lecito infrangere». Non conta nemmeno che abbia aggiunto, in modo significativo, che «è questo il nucleo essenziale dell'insegnamento che il mio venerato predecessore Paolo VI rivolse ai coniugi e che il Servo di Dio Giovanni Paolo II, a sua volta, ha ribadito in molte occasioni, illuminandone il fondamento antropologico e morale». Non importa. Ciò che conta è puntellare la tesi che anche Ratzinger teologo fosse a suo modo critico verso quella enciclica.Le tesi del testo di Ratzinger del 1968 non possono certamente essere ridotte al dibattito su Humanae vitae, ma rientrano in una più ampia questione che riguarda il rapporto tra l'indissolubilità del matrimonio e la fede che entra in gioco nel sacramento. Nel suo articolo Ratzinger affrontava un tema che riprenderà più volte, anche da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e poi in alcuni accenni da papa: la questione, cioè, di come si debba valutare la validità delle nozze nel caso in cui non si sappia bene se i contraenti siano realmente intenzionati a «fare ciò che fa la Chiesa» nel rito. In altri termini, se per dichiarare l'invalidità del matrimonio, oltre ai criteri classici, non si debba riflettere anche sulla possibilità che i coniugi escludano la «sacramentalità» del matrimonio. Rimane tuttavia disonesto affrettarsi a individuare nel pensiero di Ratzinger una sorta di apertura al caso per caso da valutare in foro interno, apertura che, invece, sembra emergere dall'esortazione Amoris laetitia e che i famosi dubia dei quattro cardinali hanno stigmatizzato citando il magistero di Giovanni Paolo II e alcuni documenti firmati proprio dal cardinale Ratzinger. Peraltro, in un celebre testo pubblicato dall'Osservatore romano nel 1998 l'allora prefetto dell'ex Sant'uffizio scriveva che «questa questione esige ulteriori studi e chiarificazioni. Dovrebbero infatti essere chiarite in modo molto preciso le condizioni per il verificarsi di una “eccezione", allo scopo di evitare arbitrii e di proteggere il carattere pubblico - sottratto al giudizio soggettivo - del matrimonio». Il rischio di aprire a una sorta di divorzio cattolico è sempre stato ben presente in Ratzinger.La necessità di maggiori approfondimenti era richiamata anche da un grande allievo di Ratzinger, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, che in un libro-intervista uscito nell'estate 2014, da prefetto della Dottrina della fede diceva: «Stabilire un criterio valido e universale al riguardo non è davvero una questione futile».Trascinare il teologo Ratzinger a favore di un cambiamento di paradigma morale privo di basi «valide e universali», comunque, è un operazione difficile. Ne sa qualcosa il cardinale Walter Kasper, il grande teorico della presunta svolta di Amoris laetitia, che per sostenere la tesi dell'apertura di Francesco alla comunione per i divorziati risposati nel febbraio 2014 tirò in ballo proprio un vecchio articolo del 1972 di Ratzinger. Ebbene, se in quell'articolo in qualche modo il giovane teologo dava l'impressione di poter concedere aperture, una volta divenuto capo della Chiesa, per sgomberare il campo dagli equivoci, nel marzo 2014 consegnando alle stampe un volume della sua Opera omnia ha voluto riscrivere e ampliare la parte conclusiva su cui faceva leva Kasper, mettendola in linea con il suo successivo e attuale pensiero. Cioè quello esercitato da cardinale e, soprattutto, da papa, dove non ha mai messo in discussione né Humanae vitae, né il magistero di San Giovanni Paolo II in materia di teologia morale.
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)