2018-08-26
Unione addio: alla Diciotti ci pensa l’Albania
Sbarcati in 16 per problemi sanitari (scabbia e sospetti di tbc). Mentre Bruxelles continua a ignorare il problema, il governo italiano trova l'accordo con Tirana, che prenderà 20 africani: «Quando l'Europa ci ignorava, ci aiutaste voi. Ora ricambiamo».Le toghe di Agrigento sono andate a Roma: interrogati per 3 ore i tecnici del Viminale. Il ministro Matteo Salvini: «Decisioni mie, venite da me».Lo speciale contiene due articoli.Sbarco dei malati e identificazione a bordo dei restanti. Dopo aver lasciato scendere a terra una donna incinta e i 27 minori, ieri c'è stato il secondo passaggio verso una possibile soluzione del caso Diciotti, la nave della Guardia Costiera italiana da cinque giorni ormeggiata nel porto di Catania con 150 migranti a bordo, in gran parte eritrei, recuperati da un barcone al largo dell'isola di Malta. La fermezza del Viminale non vacilla neanche dopo la risposta negativa dell'Ue sulla ripartizione degli immigrati e sul finanziamento del bilancio europeo e, semmai, si rafforza se al concetto di sicurezza si aggiunge quello di tutela sanitaria. Lo sbarco imposto dalle autorità sanitarie, tre casi di sospetta tubercolosi, dimostra quello che spesso è stato sostenuto, soprattutto quando si parlava di ampliamento delle vaccinazioni obbligatorie e cioè che molte malattie vengono portate in Italia dagli immigrati, arrivando da Paesi con scarsa prevenzione e soprattutto affrontando viaggi privi di igiene e controlli sanitari. L'altra soluzione è stata proposta dal ministro dell'Interno Matteo Salvini, che mantiene il divieto allo sbarco, ed è stata annunciata su RaiRadio1: «Sto valutando la possibilità di fare procedure di identificazione e riconoscimento per individuare e separare profughi veri, che sono la minoranza, dai finti profughi prima ancora che le persone sbarchino». Salvini pensa cioè di effettuare in nave le verifiche che normalmente richiedono mesi nei centri di identificazione: la procedura del riconoscimento dell'eventuale diritto è infatti necessariamente lunga e complessa. Nella dialettica con Bruxelles, il ministro dell'Interno si accoda al premier, Giuseppe Conte, e batte il tasto del bilancio Ue: «È l'Europa che ha bisogno dell'Italia e non viceversa. In questi anni l'Europa ha spremuto l'Italia come un limone, prendendo miliardi di euro ma danneggiando agricoltori e pescatori. Finalmente c'è un governo non di servi, e quindi quando l'Europa ci chiederà il voto sul bilancio, che dovrà passare all'unanimità per spendere i propri soldi, ecco che il voto dell'Italia non ci sarà». Fonti del Viminale, nel pomeriggio, avevano rivelato l'esistenza di sondaggi riguardo la disponibilità ad accogliere gli extracomunitari a bordo della Diciotti da parte di «alcune nazioni al di fuori dell'Ue». E in serata è arrivata una dichiarazione ufficiale di Ditmir Bushati, ministro degli Esteri dell'Albania: «Italia! Non possiamo sostituire l'Ue ma siamo sempre qui, dall'altra parte di un mare in cui un tempo eravamo noi gli eritrei in attesa che l'Europa si svegliasse. Ieri l'Italia ha salvato noi e oggi siamo pronti a dare una mano». Dalla Farnesina, il ministro Enzo Moavero Milanesi ha plaudito Tirana: «Ringrazia l'Albania per la decisione di accogliere 20 profughi della nave Diciotti. Un segnale di grande solidarietà e amicizia molto apprezzato dall'Italia». E mentre gli ecclesiastici siciliani si sono detti pronti allo sciopero della fame - come annunciato dal vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, delegato Cei per le migrazioni - fonti del Viminale avevano riferito di una situazione di «assoluta tranquillità» e di «una linea della fermezza che non cambia» nel quadro generale. Il vicepremier Salvini aveva poi espresso «ringraziamento e sostegno» ai militari a bordo dell'imbarcazione e a «tutti gli uomini della Guardia costiera e della Marina militare per l'impegno e il sacrificio di questi anni e di queste ore. A tutte loro e a tutti loro garantisco che il mio obiettivo da ministro è che possano tornare a fare il lavoro per cui si sono arruolate e arruolati, ovvero difendere i confini e la sicurezza dei cittadini italiani». «Orgoglioso ogni giorno di più della professionalità dimostrata dalla Guardia costiera. Nessuno può dare lezioni all'Italia per lo sforzo umanitario», ha invece scritto su Twitter il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Ieri comunque hanno lasciato la nave 11 donne e 5 uomini dopo l'ordine imposto dall'ufficio di Sanità marittima di Catania per motivi medici. Infatti, erano saliti a bordo dottori e ispettori del ministero della Salute, camici bianchi dell'Usmaf e della Regione per un controllo clinico. E proprio i medici, intervenuti con l'ok della ministra Giulia Grillo, hanno ordinato lo sbarco (in questi casi non è necessario il via libera del ministero dell'Interno) di 16 migranti a causa delle loro condizioni di salute, rilevando tra gli uomini tre casi di presunta tubercolosi e due di polmonite e ricoverando le donne, alcune delle quali violentate in Libia, in codice rosa nel reparto di ginecologia dell'ospedale Garibaldi di Catania. A questo punto sul pattugliatore restano 134 migranti (tra eritrei, migranti delle Isole Comore, bengalesi, siriani, un egiziano e un somalo), molti dei quali affetti da scabbia. Ieri mattina a Roma il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, titolare dell'inchiesta sulla vicenda Diciotti, aperta per sequestro di persona e arresto illegale, ha iniziato ad ascoltare come «persone informate sui fatti» alcuni funzionari del ministero con l'obiettivo di capire chi ha impartito loro ordini e quali fossero. E mentre il vicepremier Salvini si chiede «perché il magistrato ha iniziato ad interrogare i funzionari e non il ministro», due avvocati molisani, Salvatore e Giuliano Di Pardo, hanno presentato ricorso urgente al Tar di Catania per conto di due associazioni umanitarie, l'Alterego Diritti onlus e K-Alma, perché ritengono illegale trattenere i migranti a bordo. Intanto ieri il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha commentato: «È innegabile appurare che oggi ci troviamo di fronte ad un'Europa divisa, ad un'Europa che vuole arrivare su Marte e poi si ferma a Catania! Davanti a una tale chiusura, l'Italia deve mostrarsi in grado di reagire. E quando lo fa, deve tenere sempre a mente un punto, chiaro e inequivocabile: la difesa e la tutela delle nostre forze armate». Nel frattempo ci sarebbero stati contatti telefonici tra il presidente della Camera, Roberto Fico, e il vicepremier Di Maio per aggiornamenti sul tema migranti dopo che Fico era intervenuto per chiedere al governo di far sbarcare i passeggeri della Diciotti prima di procedere «alla loro ricollocazione nella Ue». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/unione-addio-alla-diciotti-ci-pensa-lalbania-2598997351.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="caccia-al-colpevole-sul-caos-clandestini-i-pm-torchiano-gli-uomini-di-salvini" data-post-id="2598997351" data-published-at="1758142167" data-use-pagination="False"> Caccia al «colpevole» sul caos clandestini, i pm torchiano gli uomini di Salvini Chi ha dato l'ordine di bloccare la nave Diciotti al largo di Lampedusa e successivamente di non far sbarcare gli immigrati una volta arrivati a Catania? Sono le domande alle quali dovrà rispondere l'inchiesta, al momento contro ignoti, aperta dal procuratore di Luigi Patronaggio con le ipotesi di reato di sequestro di persona e arresto illegale, alle quali potrebbe aggiungersi l'abuso di ufficio. In realtà, un «reo confesso» c'è già: il ministro dell'Interno Matteo Salvini, che lo scorso 22 agosto aveva dichiarato: «Leggevo che la Procura di Agrigento ha aperto un fascicolo contro ignoti per sequestro di persona. Sono qua, non sono ignoto. Sono ministro dell'Interno di questo Paese», aveva detto Salvini, «con il mandato preciso di difendere i confini, di occuparsi della sicurezza. Se bloccare una, due, tre, quattro o cinque navi mi comporta accuse e processi, ci sono. Nessun ignoto, indagate me! Sono io che non voglio che altri clandestini sbarchino in Italia. Mi autodenuncio. Se mi arrestano», aveva concluso Salvini, «mi venite a trovare amici?». Un'inchiesta giudiziaria dai mille risvolti politici, quella del procuratore di Agrigento, nella «migliore» tradizione italiana. Una inchiesta che ieri ha visto Patronaggio impegnato, a Roma, in una serie di audizioni che si sono svolte presso la sede della Procura capitolina. Il procuratore di Agrigento ha ascoltato, come persone informate sui fatti, alcuni funzionari del ministero dell'Interno e della Guardia costiera. Per quel che riguarda il Viminale, sono stati ascoltati, tra gli altri, i vertici del dipartimento per le libertà civili e una serie di funzionari, quelli che avrebbero trasmesso l'ordine di non far attraccare la Diciotti a Lampedusa e successivamente, una volta giunta la nave a Catania, di non far sbarcare gli immigrati. Le audizioni dei funzionari del ministero dell'Interno a piazzale Clodio sono durate circa tre ore. Al termine, Patronaggio non ha rilasciato alcuna dichiarazione ai giornalisti. Patronaggio, prima di partire per Roma, aveva analizzato i report sulla situazione sanitaria a bordo e le dichiarazioni raccolte nel corso della sua ispezione sulla nave, e ha sentito funzionari delle prefetture siciliane. Se, come pare certo, il ministro Salvini si assumerà la totale responsabilità degli ordini, il fascicolo verrà trasmesso al tribunale dei ministri. «Interrogasse me», ha sottolineato Matteo Salvini, relativamente alle audizioni del procuratore di Agrigento, «andasse dal capo. Se questo magistrato vuole capire qualcosa gli consiglio di evitare i passaggi intermedi. Trovo meschino fare domande ai funzionari». Identico ragionamento se l'inchiesta dovesse riguardare anche il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, competente sulla gestione dei porti. Patronaggio non si baserà, trapela dalla Procura, sulle esternazioni di Salvini, ma solo sugli atti ufficiali. Nei confronti di Salvini è stata presentata anche una denuncia alla Procura della Repubblica di Treviso, firmata da alcuni cittadini, in cui si ipotizza il reato d'istigazione all'odio razziale , aggravata dalla posizione di responsabile di una pubblica funzione. Secondo i firmatari dell'esposto, il reato si sarebbe consumato attraverso una serie di affermazioni pubbliche rese dal ministro nei mesi scorsi, tra le quali la famosa frase: «La pacchia è finita». Il braccio di ferro tra una parte della magistratura italiana e Matteo Salvini approda anche al Csm. Ieri quattro membri togati del Consiglio superiore della magistratura, Valerio Fracassi, Claudio Galoppi, Aldo Morgigni e Luca Palamara hanno scritto al vicepresidente, Giovanni Legnini, chiedendo che del «caso Diciotti» si occupi il primo plenum, in programma il prossimo 5 settembre. «Le vicende relative al trattenimento a bordo della nave Diciotti», scrivono i quattro membri togati del Csm, «hanno fatto registrare, negli ultimi giorni, interventi di esponenti del mondo politico e, soprattutto, delle istituzioni, anche in relazione agli accertamenti giurisdizionali in corso». «Gli interventi a cui abbiamo assistito», aggiungono Fracassi, Galoppi, Morgigni e Palamara, «per provenienza, toni e contenuti, rischiano di incidere negativamente sul regolare esercizio degli accertamenti in corso. Riteniamo che sia necessario un intervento del Csm per tutelare l'indipendenza della magistratura e il sereno svolgimento delle attività di indagine. In attesa di valutare eventuali altre iniziative, è opportuna una immediata riflessione sull'argomento».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)